L’ufficio sbagliato del ministro Bussetti

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L’ufficio sbagliato del ministro Bussetti

Docente sospesa. Una pubblica amministrazione può sempre rimediare in via di autotutela a un errore fatto. L’atto può essere annullato, revocato o sospeso nell’efficacia

Al ministro Bussetti piace raffigurarsi come uomo che sa quel che fa. Propone, come risposta su un caso che ha indignato il paese, di incontrare insieme a Salvini la Prof. Dell’Aria di Palermo. Quale messaggio pensa di dare? Che un magnanimo potere presta attenzione e solidarietà a una cittadina privata dei suoi diritti, oltre che della dignità e dello stipendio? Con il cuore gonfio di commozione partecipe, ma nell’impossibilità di porre rimedio? Grazie, no. Preferiremmo un sollecito e operoso ravvedimento.

Alla domanda se intendesse in qualche modo correggere il gravissimo intervento censorio operato nei confronti della docente risponde invece: «il ministro non ha questa funzione, né questo compito. Ci sono degli uffici preposti». A quanto pare, non sa che tra gli uffici preposti indubbiamente c’è anche il suo.
Una pubblica amministrazione può sempre rimediare in via di autotutela a un errore fatto. L’atto può essere annullato, revocato o sospeso nell’efficacia. A tale proposito l’art. 14 della legge 15/2005 introduce nella legge 241/1990 un intero nuovo capo IV bis: «Efficacia ed invalidità del provvedimento amministrativo. Revoca e recesso». Una autotutela può essere esercitata dall’autorità che ha adottato il provvedimento, o da quella gerarchicamente sovraordinata. E rimane un generale potere di annullamento governativo degli atti illegittimi.
La domanda è: la sospensione dalle funzioni e dallo stipendio della docente di Palermo è stata o no un intervento censorio? Hanno o no gli studenti il diritto di criticare un ministro, e sussiste o meno per il docente un dovere di impedirlo? Se si condivide l’assunto che sono state lese la libertà della docente di insegnare e quella degli studenti di apprendere, con violazione della tutela costituzionale accordata, non c’è dubbio che si debba rimediare all’errore fatto. Nel caso di Palermo, conta non la solidarietà verbale, ma la correzione dell’errore. Solo questo può certificare che gli studenti hanno il diritto di manifestare il pensiero criticando un ministro, e che una docente non deve tradurre la vigilanza in una censura a tutela del potere. Concetti semplici e fondamentali, che potranno essere recuperati solo attraverso la revoca o l’annullamento dell’atto amministrativo incriminato.
I casi sono solo due. O si torna indietro, revocando o annullando l’atto; o, lasciando le cose come stanno, implicitamente si nega che ci sia stata censura, e si legge riduttivamente la libertà del docente e degli studenti.
Appelli, associazioni, cittadini, sindacati non alzino solo una generica protesta. Chiedano con forza la revoca o l’annullamento in via di autotutela dell’atto lesivo. Non è credibile che il ministro Bussetti sia fermato dalla testardaggine degli «uffici preposti». È possibile che la censura sia venuta dalla spontanea e ossequiosa subalternità al potere di un funzionario di periferia, e dalla complice e timorosa acquiescenza di un dirigente scolastico, pronti a cogliere e amplificare l’assist di un delatore. Ma ora il ministro potrebbe – e dovrebbe – intervenire. Se non lo fa, vuol dire che non lo ritiene giusto, o opportuno. È verosimile che scelga l’inerzia per non essere sospettato di non difendere l’immagine di Salvini, sponsor politico. Che non ha guadagnato dalle ultime uscite sul decreto sicurezza bis e la Sea Watch, e dalla farisaica rappresentazione milanese condannata dai credenti veri.
Dai palazzi del potere trasuda una incoercibile allergia alla Costituzione, alle libertà, alla critica. Si avverte nella rimozione degli striscioni anti-Salvini; nella stretta repressiva che si vorrebbe sulle manifestazioni; negli attacchi alla magistratura e alla stampa, in specie con i provvedimenti mirati contro alcuni giornali – incluso questo – e radio radicale; nella continua pressione sul sistema radiotelevisivo; nella incuranza verso i movimenti di opinione di società civile; nella marginalizzazione del parlamento. Ora anche l’Onu farebbe ridere. Si avverte un pericoloso e inaccettabile tentativo di imbavagliare e normalizzare il paese.
Quanto a Bussetti, ci risulta che sia laureato in scienze motorie. Come dire, in ginnastica. Sarà bravissimo ad esercitare i muscoli. Ma c’è un muscolo per il quale la ginnastica proprio non serve: l’intelligenza.

Massimo Villone, Il Manifesto, 21-V-2019