Il Teatro delle illusioni

Attenzione: apre in una nuova finestra. PDFStampaEmail

Il Teatro delle illusioni

Quei vent’anni (31 ottobre 1922-25 luglio 1943) costituiscono il capolavoro della magia d’acquisire meraviglie quasi senza fatica: bastano lessico iridescente, gesti nell’aria, musiche, platee sensibili all’immagine, formule ripetute finché arredino le teste con finti pensieri; ma prima o poi la cassa presenta i conti.

Cronache quotidiane confermano quanto poco muti l’anima italiana. Domenica 9 maggio 1915, Olindo Malagodi, direttore della Tribuna, visita Giolitti, quattro volte presidente del consiglio, sconvolto dalla notizia che in segreto il governo macchini l’intervento in guerra; e ascolta i motivi d’un profondo dissenso. Primo: era giusto stare alla finestra, mancando il casus foederis ; saltando addosso ai due imperi, alleati da 30 anni, l’Italia, già poco reputata, perderebbe ogni credito morale, anche presso gl’interessati ad acquisirla, qualunque cosa dicano. Secondo: così militarmente debole, non è idonea all’impresa; i generali sono ignoranti e inetti; le famiglie destinavano alla carriera militare i figli stupidi o turbolenti. Terzo: è povera, oppressa da inauditi carichi fiscali, nemmeno pensabili altrove; quando tutto vada bene, uscirebbe miserabile, scontando l’avventura nei vent’anni seguenti…

…Anime fini (intellettuali en masse, incluso qualche teorico d’una crociata virtuosa, senza bottino: vedi Gaetano Salvemini e Leonida Bissolati) esclamano «guerra!», esperienza sublime (in forma sordida la fanno i contadini, apatico bestiame umano, lasciandovi il grosso dei morti): se la combina con feroce rigore asinino Luigi Cadorna,…; imperterrito, svena la fanteria in 11 stupide offensive sull’Isonzo, finché una replica tattica con intervento tedesco travolge l’insostenibile schieramento italiano: lo stratega chiedeva misure draconiane all’interno; sorpreso, infama i soldati e consiglia al governo un’uscita politica ossia l’armistizio. Martedì 13 novembre 1917 Malagodi rivede Giolitti. Aveva ragione ma non rivanga l’argomento. Nota solo che errore sia avere salvato pro forma Cadorna traslocandolo nel Consiglio alleato a Versailles: diffamerà l’esercito, posando a eroe tradito; intelletto «mediocre», ostenta pose da «uomo religioso ».

È mancato poco al collasso: arrivano soccorsi alleati; Grappa e Piave resistono; i tedeschi ritirano le divisioni impegnate nella controffensiva. Arriva l’America. Affamati dal blocco, gl’Imperi centrali capitolano. L’Italia esce stravolta, invelenita, ingovernabile… Fallisce il quinto gabinetto Giolitti, le cui arti parlamentari non hanno più corso. L’ancora giovane direttore dell’Avanti, socialista anarcoide, s’era scoperta una vocazione da uomo d’ordine: forniva squadre agli agrari contro leghe, cooperative, case del popolo, liquidando lo sterile biennio rosso…

…Col sostegno dei poteri forti, dalla Corona alla Chiesa, Benito Mussolini mette piede al vertice esecutivo, 31 ottobre 1922, restandovi 20 anni, otto mesi, 25 giorni al. Quando esce, (25 luglio 1943), fermato dai carabinieri a Villa Savoia, l’Italia è diroccata: le aveva fondato un impero etiopico, svuotando le casse dello Stato; nel suo disegno era in pectore signora del Mediterraneo, condomina pleno iure della Germania hitleriana, contro le corrotte e sfinite democrazie occidentali, sotto condanna biologica. Non gli veniva in mente che piani simili richiedano materie prime, industria, tecnologie ossia armi e chi sappia usarle: improvvisava gesti temerari, roteando gli occhi, come avesse sotto mano un perfetto ordigno bellico; eravamo una pseudopotenza afflitta da sacche d’analfabetismo e miseria cronica; ma l’economia arretrata sarebbe rimediabile se la struttura morale non fosse debole. Fioriscono furberie parassitarie. Adolf Hitler ogni tanto esce in battute spiritose: nel dicembre 1941 rischiava catastrofi in Russia; sapendo dell’attacco giapponese a Pearl Harbour, canta vittoria. Ormai è sicura: «abbiamo due alleati; uno, il Sole Levante, non ha perso una sola battaglia in duemila anni; l’altro le perde tutte finendo le guerre dalla parte del vincitore». Quei vent’anni costituiscono il capolavoro della magia d’acquisire meraviglie quasi senza fatica: bastano lessico iridescente, gesti nell’aria, musiche, platee sensibili all’immagine, formule ripetute finché arredino le teste con finti pensieri; ma prima o poi la cassa presenta i conti. L’Italia postbellica dimentica presto i precedenti duri: dagli anni settanta regna il finto benessere d’uno che consumi i resti del capitale; se ne vantavano Bettino Craxi, Giulio Andreotti, Silvio Berlusconi, evocato dai primi due. Varrà la pena vedere quanto pesi il teatro delle illusioni nell’attuale politica.

Franco Cordero, www.interestingpress.blogspot.com, pubblicato sul quotidiano “La Repubblica”. 11-VII-2014