Le scuole di pensiero per scendere dal carro di Renzi secondo Alessandro Robecchi

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8 marzo 2017

Le scuole di pensiero per scendere dal carro di Renzi secondo Alessandro Robecchi

Con un articolo sul Fatto, Alessandro Robecchi, noto collaboratore di Maurizio Crozza, ci spiega con il suo solito modo ironico che ci sono varie scuole di pensiero per staccarsi dal renzismo, ora che si è molto indebolito, all’indomani della sconfitta elettorale del referendum e il caso Consip.

Staccarsi dalla truppa del renzismo senza farsi notare non basta, dice Robecchi, bisogna uscire dai ranghi pronti a ritornarci come se niente fosse se mai dovesse passare la tempesta e questo un po’ ridicolo tramonto renzista dovesse trasformarsi in una nuova alba radiosa. Sognare non costa niente.

Alcuni scelgono la carta del complottone. In questo caso la storiella è: ecco, Matteo voleva scardinare i vecchi poteri incrostati e ne ha pagato il fio, schiacciato dalla resistenza del vecchio (che sarebbe per esempio la Costituzione) contro il nuovo (che sarebbe nel caso una Boschi, non ridete). È una tesi suggestiva, che rispolvera nuove parole nella prosa social dei troll irriducibili: parole come “restaurazione”, “tornare indietro”, “vince la conservazione”.

Cioè – traducendo in italiano – era arrivato il rivoluzionario con il suo direttorio made in Tuscany, ma poi ecco Bersani e i poteri forti che fanno il Congresso di Vienna e ripristinano l’ancien régime dei baffi di D’Alema. Una tesi che fa acqua da tutte le parti anche per l’inefficacia dei complottisti stile Bersani.

Ancor più divertente l’altra teoria, quella della separazione per motivi caratteriali. Tutto era bene, tutto era bello, ma lui, il blogger di Rignano, è stato arrogante, antipatico, un po’ supponente.

Siamo alla terza scuola che sembra la più diffusa e che mostra di che pasta sono fatti certi politici: quella del renzismo critico, cioè dei passeggeri del carro che dicono di non essere mai stati del tutto d’accordo (vedi il guardasigilli Orlando). Il vecchio caro “io l’avevo detto” pronunciato da chi non aveva detto proprio niente è sempre disarmante, lascia senza parole. Per cui si consiglia, a questi ultimi che scendono dal carro fingendosi passeggeri casuali, di munirsi di pezze d’appoggio. Un tweet del 2014, un post del 2015, una dichiarazione critica di quando il re sedeva a Versailles osannato, temuto e riverito sarebbe utile. Insomma, chi dice “io l’avevo detto” esibisca qualche prova che l’aveva detto davvero, per un minimo sindacale di decenza.

Sembra uno sketch di Crozza, ma è quello che succede veramente nel mondo alla rovescia del Pd renziano e non.

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