Il governo e il Paese

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Il governo e il Paese

Più che sulla composizione del governo Draghi, la quale merita certamente una riflessione a sé, vorrei appuntare l'attenzione sulla funzione disvelatrice dell'intera operazione che ha avuto protagonista l'ex presidente della BCE. Non senza tuttavia mostrare stupore di fronte alla nomina di Mara Carfagna a titolare del Ministero per il Mezzogiorno. È evidente che quel nome e quella collocazione rispondono al dosaggio spartitorio che ha ispirato la composizione del governo. Ma non possiamo non chiederci: è questo il rilievo che il nuovo governo assegna a questa vasta parte del paese, devastata da una disoccupazione cronica che la pandemia ha reso disperata, soprattutto per le donne e per i giovani, dalla povertà di centinaia di migliaia di famiglie, alle prese con una sanità inadeguata, con un sistema scolastico e universitario fra i più penalizzati d'Italia, con un territorio che va in rovina ad ogni evento climatico avverso?

Ma vorrei qui sottolineare la portata rivelatrice dello stato di salute delle istituzioni e del mondo politico e mediatico nazionale assunta da queste settimane di crisi e di trattative. In questi giorni non abbiamo solo assistito a una umiliazione del Parlamento e di conseguenza della volontà politica degli italiani. Forse la manifestazione più clamorosa, che ha esasperato sino al ridicolo, un connotato di antica data del sistema Italia, è stato il vertice di infantilismo giubilante cui sono pervenuti i nostri media nell'esaltare la figura di Mario Draghi. Ma questa avvilente manifestazione folklorica, che muove al riso, rivela un dato grave: i media non fanno informazione, fanno politica, surrogano i partiti, creano un romanzo quotidiano, con le sue trame, personaggi, colpi di scena. Essi assumono l'aspetto più degradato del comportamento del ceto politico, le sue mosse, personali o di gruppo, dicerie, ecc. e compongono la narrazione fantasiosa da vendere al pubblico. Di lettori e spettatori I quali vedono così restringersi ed involgarirsi più del reale la loro immagine del mondo politico. Scompaiono dall'orizzonte i grandi problemi che almeno una parte del ceto politico pone e rimane la vicenda da rotocalco. E' cosi che i media, con la loro degradata autoreferenzialità (esclusa la grande stampa, che a qualcuno riferisce) costituiscono un grave problema di immiserimento culturale del paese.
Ma la vicenda che ha portato alla formazione del nuovo governo rivela l'aspetto forse più grave sullo stato di salute della nostra democrazia. I partiti e il Parlamento non forniscono più da tempo, ma ora in una forma drammaticamente stridente, alcuna rappresentanza a milioni di italiani. Vorrei ricordare ai tanti commentatori ed esponenti politici che teorizzano l'equivalenza fra destra e sinistra, o la conclamata sparizione dalla scena di quest'ultima, magari con un contorno di derisione, che sbagliano per superficialità. In Italia si è assottigliata la sinistra partitica, ma nel paese esiste una “sinistra reale”, composta da milioni di cittadini che in gran parte non votano, non possono esercitare il loro diritto per assenza di rappresentati corrispondenti alle loro aspirazioni. La sinistra reale italiana è composta da tanti lavoratori, stabili o precari, esponenti del sindacato, da una parte del popolo delle periferie, da uomini e donne impegnate nel volontariato, da tanti insegnanti e operatori della scuola, da un ampio e variegato campo di intellettuali, docenti universitari, scrittori, figure dell'editoria, del teatro e dei settori dello spettacolo, giovani ricercatori, spesso pendolari fra l'Italia e vari paesi del mondo. Questo vastissimo e culturalmente avanzatissimo fronte è spesso raggruppato in associazioni, circoli, blog, comitati locali in difesa dell'ambiente, movimenti, come quelli delle donne, altri capaci di aggregazioni tematiche, come quello coordinato da Fabrizio Barca sulle disuguaglianze, tantissimi raggruppamenti in rete che si occupano di Sud, di ambiente, ravvivati di recente dalle manifestazioni dei Fridays for future. Ebbene, chi rappresenta in Parlamento questa parte rilevante del Paese? Si pone oggi drammaticamente alla responsabilità di questa parte del mondo politico uno salto di qualità nella sua condotta. Può l'attuale gruppo dirigente del PD liberarsi delle scorie renziane e riorganizzarsi come una formazione di centro sinistra? Può quel che resta della sinistra partitica aggregare per singole battaglie – per una riforma fiscale progressiva, per un sistema elettorale proporzionale, contro lo spreco di danaro del TAV, per la scuola e gli ospedali del sud, per lo ius soli, per il teatro e la piccola editoria, ecc. - le tante forze disperse nel territorio nazionale?E' credibile che un tale sforzo di coordinamento su obiettivi condivisi non farebbe esplodere le convulsioni narcisistiche cui hanno dato luogo i passati tentativi di creare un soggetto politico in vista delle elezioni. Forse si trarrebbero fuori dallo sconforto milioni di italiani, si gioverebbe a tante buone cause, si potrebbe creare col tempo una formazione politica non partorita da tre o quattro leader seduti attorno a un tavolo.

Piero Bevilacqua, Il Manifesto 14-II-2021