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Megalò raddoppia ed è polemica

Il Megalò raddoppia. Il comitato VIA della Regione Abruzzo ha dato parere favorevole alla realizzazione di un Parco commerciale tematico su terreni ricadenti nei comuni di Chieti e Cepagatti, il cosiddetto Megalò2. La proposta è della Sirec srl, con sede legale ad Imola….” Maurizio Acerbo, consigliere regionale di Rifondazione, Dal quotidiano “Il Messaggero”, 12-IV-2012

Ma questa è solo una parte dell’invasione perché all’ordine del giorno del comitato V.I.A. c’è anche un altro progetto presentato dalla ditta PINTI CARMEN ed altri… Dal blog di Maurizio Acerbo





Memorandum

www.primadanoi.it

sito precedente di Chieti nuova 3 febbraio



Progetti faraonici!!!



PRUSST denominato “La città lineare della costa”

Programma da realizzarsi nei Comuni di Chieti e Cepagatti finalizzato alla realizzazione di aree attrezzate per insediamenti produttivi - Zona “C del Progetto ident. con n. 8-94, ”, località S. Filomena di Chieti Scalo, proposta avanzata dalla “Soc. Mezzanotte ed altri” (privati).

Con decreto del 19-04-2000, n. 591 (Gaz. Uff. n. 136 del 13-06-2000), il Ministero dei Lavori pubblici ha approvato la graduatoria ed ha ammesso a finanziamento il PRUSST “La città lineare della costa”, approvato dalla Regione Abruzzo in data 13-08-1999, con deliberazione n. 1870 di Giunta Regionale e trasmesso nei termini previsti al Ministero;

in data 23-10-2000 è stato stipulato in Roma tra la Regione Abruzzo, soggetto promotore ed il ministero LL. PP. il protocollo d’Intesa, nel quale è inserito l’intervento di che trattasi come Rif.n. 8-98, zona C;

in data 31-05-2002 è stato sottoscritto l’Accordo Quadro con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Anno 2002: Il progetto del complesso Megalò fu approvato dalla opposizione, durante l’ultimo governo Cucullo, “in cambio dell’impegno del Comune a non privatizzare il verde”; il I lotto del Parco fluviale prevedeva “un’area a verde attrezzato che dovrebbe riqualificare una zona oggi ridotta a discarica abusiva.” Dal quotidiano Il Centro, 8 giugno

Con tre successive istanze del 7-12-2006, del 3-1-2007,del 23-02-2007, è stato richiesto da parte dei proprietari al Comune di Chieti ed alla Regione Abruzzo la rimodulazione del PRUSST 8-94, zona “C”;

con istanza del 10-04-2007, il progettista  ha rimesso la seguente richiesta “In nome e per conto dei proprietari dei terreni intervenuti alla sottoscrizione della convenzione urbanistica con la presente si chiede l’annullamento della procedura già avviata e l’esame della richiesta coerentemente al progetto allegato alla presente”

(La convenzione urbanistica è stata stipulata in data 12-10-2006 tra il Comune di Chieti e i privati proprietari dei terreni ricadenti nel PRUSST 8-94, zona “C” del Comune di Chieti).

Il 30 luglio 2007 è stata approvata dal Consiglio Comunale di Chieti la rimodulazione del PRUSST.

Anno 2007: “Ad un anno e mezzo dalla inaugurazione del  Megalò, (settembre 2005), è proprio il centro commerciale l’unico tassello funzionante del più ampio PRUSST, finalizzato alla riqualificazione dell’area a ridosso del fiume Pescara, autorizzato dalla Regione, giunta di centrodestra e finanziato con fondi europei. Il secondo e il terzo lotto del PRUSST -un edificio a vocazione commerciale per la vendita di mobili e una struttura alberghiera da 120 stanze- hanno subito notevoli ritardi e sono in fase di riprogettazione.

Al contrario, il Parco fluviale, oasi di verde sulle sponde del fiume che costituiva la parte del complesso da consegnare alla collettività, è sempre in uno stato di semiabbandono, ufficialmente in fase di collaudo.

Quasi un anno fa l’impresa costruttrice aveva consegnato l’area-giardino nelle mani di Palazzo d’Achille. All’epoca, l’amministrazione comunale sembrava intenzionata ad affidarne la gestione con gara di appalto non appena si fossero definite le normali procedure burocratiche….Da allora non si è ancora ben capito chi debba effettivamente occuparsi della cura del parco, se il compito tocca al Comune o viceversa alla ditta costruttrice. Una situazione di incertezza amministrativa, insomma, dove a risentirne sono i pochi visitatori che osano farsi un giro attorno al centro commerciale.

Panchine divelte, erbacce montanti, infrastrutture mai ultimate e il museo itinerante della transumanza praticamente scomparso.

Non è confortante pensare che, se mai si dovesse terminare la fase di collaudo e aprire ufficialmente il parco fluviale alla cittadinanza, l’intera area dovrebbe essere rimessa a nuovo, con ulteriore esborso di denaro pubblico…” Dal quotidiano Il Centro, 26 aprile 2007


2007

PARCO DIVERTIMENTI con annessa pista da sci



Megaprogetto di ampliamento del “complesso” Megalò

-PRUSST finalizzato alla riqualificazione dell’area a ridosso del fiume Pescara-



Brevi considerazioni di carattere razionale, politico, sociale, economico, ambientale, morale:

- Qual è la “ratio” di questo megaprogetto?

- Il programma dell’Unione (elezioni amministrative 3-4 aprile 2005) ha fatto sperare in una gestione nuova, diversa del territorio.

E’ questa la riqualificazione prevista? Il cemento, le costruzioni, il traffico,

l’inquinamento determinerebbero la trasformazione selvaggia dell’assetto del

territorio. E’ questo lo sviluppo sostenibile della città?

- Quale miglioramento nella qualità della vita?

Sembra una resa incondizionata, acritica al berlusconismo, allo spettacolarismo, al consumismo, ad un modello di vita corrotto e corruttore. Inoltre a chi si rivolge? A persone di quali tipologia, età, interessi?

- Il PRUSST prevede finanziamenti pubblici. Quale bilancio costi-benefici?

- Non sarebbero forse depauperate le risorse fluviali con lo “spreco” della poca acqua a disposizione, certamente, non per molto tempo? Quale il costo energetico?

L’elefantiasi di una progettazione insensata non riesce a nascondere del tutto il gioco di interessi non confessabili.

In città i “rumores” sul tema crescono e si diffondono.




Dal quotidiano “Il Centro”, 6-XI-2008

E’ stato convocato il Comitato di valutazione di impatto ambientale (VIA) della Regione, per esaminare nuovi insediamenti commerciali a fianco della cittadella commerciale di Megalò…. All’ordine del giorno ci sarà un altro lotto del Prusst, denominato “città lineare della costa” con cui fu autorizzata la costruzione dell’Iper nella zona di Santa Filomena. … Dichiara Dante Caserta del WWF Abruzzo “Questo centro commerciale fu realizzato in piena area di espansione del fiume Pescara alzando dei mega-argini che non hanno fatto altro che trasferire a valle il rischio in caso di piena. Ora….si vorrebbero costruire cinque edifici, di cui quattro ad uso commerciale e uno destinato ad albergo tra i territori comunali di Chieti e Cepagatti. Il tutto su ben otto ettari di terreni, con oltre tre ettari di superficie edilizia e 2,3 di superfici coperte…”

Note

La sigla Prusst indica Programmi di Riqualificazione Urbana e di Sviluppo Sostenibile del Territorio!!!!!! Questo è il modo per riqualificare l’area a ridosso del fiume?




PrimaDaNoi.it 5-XI-2008

Megalò non sarà più solo: altri centri commerciali in zona  esondazione

ABRUZZO. Arrivano senza sosta le proposte di cementificazione del territorio abruzzese che sempre di più si sta avviando sul “Modello Veneto” denunciato da chi ha a cuore il paesaggio.




Fango, veleni e colate di cemento così muore il fiume di D'Annunzio

PAOLO RUMIZ, www.repubblica.it, 21-XII-2008

Il reportage. Abruzzo, speculazioni ed ecomostri sulle rive del Pescara.

Enormi complessi commerciali costruiti su terreni a rischio alluvione.

Le sostanze micidiali stoccate per un secolo sotto il Gran Sasso sono ancora lì.

Un intrico di strade, viadotti, parcheggi, cave e aree dedicate alla vendita.

PESCARA - Scende fango dall'Appennino, la melma del fiume picchia contro Pescara mentre sull'Abruzzo s'abbatte anche il nubifragio della politica. In città ormai si parla di "emergenze parallele": faide e temporali, cemento e rischio alluvione, piogge torrenziali e sindaci in manette. E davvero sembra che tutto si imbottigli lì, nella gola del fiume cantato da D'Annunzio.

L'acqua tempestosa e marrone, gli anni di malgoverno e la questione morale che ha travolto la sinistra come un'onda di piena dopo la Sanitopoli di Ottaviano Del Turco.

L'orrore comincia subito, dopo l'incanto delle risorgive di Popoli, trasparenti tra i salici. È lo sposalizio con i veleni stoccati per un secolo dalla Montedison ai piedi del Gran Sasso, lì dove emerse la statua del guerriero italico di Capestrano. Roba micidiale, tipo Marghera, che per anni ha inquinato l'acquedotto di Pescara e per mesi è stata nascosta agli abruzzesi. Il terreno doveva essere messo in sicurezza, ma è ancora lì, sotto la pioggia d'autunno. In alto, immacolate di neve, Maiella e Gran Sasso. Sotto, un fiume che muore. Trote malate, boccheggianti, coperte di piaghe. Le puoi quasi prendere con le mani. Ma il peggio arriva dopo, quando la gola s'allarga. Un intrico di strade, viadotti, parcheggi, cave, centri commerciali. Il Pescara diventa uno zombie, le sponde un colabrodo, la valle un Bronx.

Rosciano è in allarme: è prevista una discarica di materiali inerti, in gestione alla famiglia Bellìa, siciliana, appena colpita da arresti per traffico di rifiuti illeciti. L'idea è di chi ha progettato un supermercato poco a valle, sul fiume. "Vada - mi dicono - è grande come una portaerei. Si chiama Megalò. Ma - ghignano - noi lo chiamiamo... Regalò".

Megalò, ai piedi di Chieti, va oltre l'immaginazione. Enorme, lussuoso, con commesse-veline e guardiani in completo scuro. È il più grande dell'Italia centrale. Una luccicante astronave del consumo dove si celebra la fine della cultura appenninica. Ma lo stupefacente è dove l'hanno costruito: nel mezzo di uno spazio già inondato da metri d'acqua nel '92. Il fiume ribolle, a soli cento metri. Chiedo se non c'è rischio e mi spiegano di no. C'è l'argine appena fatto, alto undici metri sul letto del Pescara

Vado a vedere. Una scarpata di pietra ha ingabbiato la corrente e la golena superstite è stata attrezzata con parcheggi, lastroni in cemento e sentieri in ghiaia. Il tutto decorato con alberelli (stitici), un laghetto (vuoto), qualche panchina (già distrutta dai vandali) e pannelli (illeggibili) a gloria di transumanze morte e sepolte. Intorno, piloni e scavalco di superstrade. Persone: zero. Fango: ovunque. Un cartello corona il degrado.

C'è scritto: "Parco fluviale". Anzi, "Parco di riqualificazione urbana per lo sviluppo sostenibile del territorio". Meno male. Non occorre sapere molto di fiumi per capire che quel tipo d'argine è un acceleratore che toglie ogni freno all'acqua in picchiata su Pescara. L'area è bassa, una di quelle tipiche "casse di espansione" dove in caso di piena si lascia che il fiume dilaghi per non impazzire a valle. Non ci posso credere. Cerco nel sito della regione Abruzzo. C'è una mappa del fiume Pescara al 25 mila, con le zone a massimo rischio di esondazione (R4) segnate in blu. Megalò sorge su una di queste. Un posto inedificabile, dove i terreni non costano niente. Forse è per questo che lo chiamano Regalò. Possibile che abbiano dato una concessione edilizia in un posto simile? Dopo la tragedia di Sarno la legge lo vieta. Invece sì, l'hanno data. Prima con i timbri della regione di centrodestra, poi - due anni fa - con l'inaugurazione in pompa magna del centrosinistra, Del Turco in prima fila. Continuità perfetta…

PAOLO RUMIZ, www.repubblica.it, 21-XII-2008




Bilancio di una mostra


La mostra sulla Libia, esposta nei locali del Liceo Classico “G. B. Vico” di Chieti, dal 9 al 28 marzo 2012 (esclusi Domenica pomeriggio e Lunedì) si è conclusa.
Quasi 900 i visitatori, in gran parte studenti delle Scuole Medie e Superiori.
Si ringraziano i visitatori e tutti coloro che hanno contribuito al buon risultato della iniziativa, tra cui gli studenti che hanno guidato gli alunni delle scuole “visitarici”: Mauro Colantonio, Sabina Giardinelli, Michela Lanci, Laura La Spada, Daniele Petrongolo della classe II B,  Francesca D’Angelo, Sandra Di Lanzo, Maria Chiara Sablone della classe III B del
Liceo Classico “G. B. Vico”; Flavia Aceto, Erika Cavallo, Marzia Di Muzio, Federica Gaspari della classe V A Iter, Chiara D’Alessio, Andrea Nozzi, Domenico Puce della classe V B Iter dell’Istituto Tecnico “F. Galiani”; Federica Di Viesti,  Alessandra Turri  della classe V A, Eva Desisto, Francesca Visco della classe V B, Erina D’Angelosante, Silvana Dessi della classe V C, Grazia Febbo, Roberta Fusco della classe V D, Sara Colalongo, Anna D’Angelo, Greta Gregorotti  della classe V E, Alessandra Faggiotto, Letizia Martorella della classe V L dell’Istituto Magistrale “I. Gonzaga”.
Minimo o addirittura nullo l’apporto dei giornali e delle televisioni locali; ma…grazie anche a loro!




Si consiglia di leggere  gli articoli 101-113 della Costituzione della Repubblica Italiana e di confrontarli con il testo del bando di concorso che segue

Bando di concorso (dal sito www.cameradigiustizia.com)


Il Presidente dell’Associazione Culturale “
Camera Europea di Giustizia” in conformità con quanto stabilito dallo Statuto dell’Associazione ed in linea con gli scopi scientifici di quest’ultima delibera per l’anno 2012 il concorso a n. 1 borsa di studio inerente l’assegnazione del “Premio Camera Europea di Giustizia” per incoraggiare gli studi e le ricerche nel settore delle scienze giuridico-sociologiche.

I candidati dovranno svolgere una breve tesi sul tema:


L’uomo del 2012 è ancora “homini lupus” nonostante i numerossissimi e sofisticatissimi strumenti acquisiti nel corso di millenni. Tali strumenti hanno comportato per lui, in generale, sviluppo, benessere, uguaglianza e riconoscimenti di moltissimi suoi fondamentali e vitali diritti con - almeno sulla carta - la loro tutela in sede amministrativa e giudiziaria (tanto, però, soltanto nelle democrazie più avanzate ed illuminate). Tra gli strumenti, l’amministrazione della giustizia che, a ben vedere, è più incidente e potente finanche del Potere Legislativo ed Esecutivo e ciò, appunto, nelle democrazie. In Italia, per rendere il magistrato - giudicante o inquirente che sia - sempre più “indipendente” dagli altri Poteri e dalla corruzione, questi ha ottenuto dal “sistema” una consistentissima tranquillità economica nel periodo lavorativo, una altrettanto tranquillità economica nella “liquidazione” - c.d. TFR - ed in moltissimi casi, una adeguata sistemazione post-cessazione del rapporto di lavoro. Il candidato, dovrà stendere le sue considerazioni in relazione alle problematiche evidenziate nella nota “Irresponsabilità o Indipendenza o Potere del magistrato?



La borsa di studio è aperta a tutti, in particolar modo ai maturandi, ai diplomati, agli universitari ed ai componenti delle Forze dell’Ordine.
L’accettazione della borsa di studio comporterà:
a. l’assegnazione di una somma pari a € 1.500,00 (euro millecinquecento/00) per il I classificato, di € 1.000,00 (euro mille/00) per il II classificato e di € 500,00 (euro cinquecento/00) per il III classificato, nonché, per i residenti fuori regione, il solo pernottamento per due notti - presso qualificata struttura alberghiera - per due persone;
b. la partecipazione dei ciascun vincitore (o del gruppo di lavoro), in qualità di relatore, al convegno che si terrà, in Napoli, nell’autunno 2012.

Le domande di ammissione, ed i relativi elaborati, dovranno essere consegnati entro il 20 GIUGNO 2012 secondo le modalità indicate dal regolamento di concorso.

pubblicata da Camera Europea di Giustizia e consultabile dal sito www.cameradigiustizia.com”.

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La tecnocrazia non può abbattere la democrazia

Le decisioni tecnocratiche sono prese da pochi e non maturate nella collettività, anche se agli occhi dell'opinione pubblica appaiono neutre e affidabili. Per questo l'obiettivo della sinistra è di difendere le istituzioni democratiche e di far riacquistare fiducia nella politica, contro la crisi generata dalla finanziarizzazione dei mercati.

La riforma del mercato del lavoro presentata dal governo Monti conferma l'impronta politica neoliberista e la corrispondente impostazione economica del suo presidente che, peraltro, era nota da tempo. In questa politica del governo non c'è dunque nulla di sorprendente, ma - naturalmente - nemmeno nulla di "tecnicamente dovuto"; anzi, diversamente da quanto molti commentatori vogliono far credere, essa non solo è di parte, ma è anche controproducente per uscire da questa crisi.
Nel merito del provvedimento, già molto dibattuto, richiamo due soli aspetti.
Eliminare l'attuale obbligo di reintegrare un lavoratore licenziato per motivi economici non riconosciuti dal giudice, sostituendolo con il pagamento da parte dell'impresa di una penale, significa mercificare il diritto al lavoro, che pure è l'attività sulla quale la Costituzione fonda la nostra Repubblica. Molto semplicemente, nei rapporti di lavoro l'equilibrio viene spostato a favore della controparte che già è dotata di maggior potere e mezzi e che adesso può farli prevalere pur in assenza di motivazioni riconosciute come valide dalla magistratura.

(continua nella sezione Rassegna stampa) Felice Roberto Pizzuti, Il Manifesto, 28-III-2012

 


 

Le balle del governo sull’articolo 18

La manomissione dell’articolo 18 operata dal governo coincide quindi alla totale libertà di licenziamento da parte dei datori di lavoro in ogni azienda, grande o piccola che sia. Invece di ridurre la precarietà il governo ha reso precari di colpo tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici.

Attorno alla vicenda dell’articolo 18 raccontano un mucchio di balle. La principale è che la tutela dei licenziamenti discriminatori sarebbe stata estesa a tutti i lavoratori e le lavoratrici, anche a quelli che lavorano in aziende con meno di 15 dipendenti. Dipinta in questo modo sembrerebbe che l’articolo 18 sia stato addirittura migliorato. (continua nella sezione Rassegna stampa) Paolo Ferrero, Il Fatto Quotidiano, 21-III-2012




 

Il Governo parla di estensione delle tutele contro i licenziamenti discriminatori a tutte le imprese, anche fino a 15 dipendenti, ma già  la legge n. 108 del 1990  protegge i lavoratori delle piccole imprese contro il licenziamento discriminatorio.

La legge n.108/1990, art. 3, infatti, dispone:

Il licenziamento determinato da ragioni discriminatorie ai sensi dell'articolo 4 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e dall'articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dall'articolo 13 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, è nullo indipendentemente dalla motivazione addotta e comporta, quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro, le conseguenze previste dall'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dalla presente legge. Tali disposizioni si applicano anche ai dirigenti.”




Articolo 18, il bottino che vogliono portare a casa

Cosa prevede l'articolo che il governo vuole cancellare alle voci licenziamento discriminatorio, licenziamento disciplinare, per motivi economici e organizzativi

Cercando di districarsi nella girandola di informazioni che noi comuni mortali ritroviamo nei vari organi di stampa, un primo punto sembra incontroverso: i nemici da sempre dell'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori ritengono di avere l'opportunità di portare a casa un ricco bottino. Nonostante questo rivelano un'incontenibile avidità che sembrerebbe non farli accontentare neppure di risultati fino a pochi mesi fa assolutamente impensabili. Ma andiamo ad esaminare nel dettaglio le tre fattispecie sulle quali ruotano le più disparate ipotesi di «manutenzione» (= depotenziamento) dell'art. 18.

Licenziamento discriminatorio

Su questo anche i più agguerriti falchi sono disposti a concedere la sopravvivenza della reintegrazione nel posto di lavoro, così come prevista dall'attuale articolo 18. Non si illuda l'ingenuo lettore che si tratti di una generosa concessione: in tutti i Paesi del mondo i comportamenti discriminatori sono sanzionati pesantemente e per quanto riguarda, nello specifico, il licenziamento disciplinare, va detto che in concreto i casi in cui un giudice abbia potuto accertare la natura discriminatoria del recesso sono rarissimi. L'onere di dimostrare l'intento discriminatorio incombe infatti sul lavoratore, che in un atto individuale non può neppure fare ricorso ai dati statistici, utilizzabili invece nelle sole discriminazioni collettive. Bisogna quindi aver la piena consapevolezza che questa «concessione» altro non è che uno specchietto per le allodole. (continua nella sezione Rassegna stampa) Alberto Piccinini, avvocato giuslavorista, Il Manifesto, 21-III-2012

 


SIAMO TUTTI LICENZIABILI!

Non c’è salvezza, non c’è scampo, su questa strada siamo destinati ad una recessione perenne, non solo economica, ma quel che è profondamente più grave, umana.

Tanto tuonò che piovve! Alla fine quello che doveva essere fatto è in dirittura d’arrivo. La BCE comanda,  e i suoi emissari eseguono. Bisognava spogliare i lavoratori dei diritti acquisiti e così sarà.

Per uniformare  le condizioni di trattamento dei lavoratori si è operato al ribasso, non più tutele, ma riduzione delle tutele per tutti.

Da ora in poi, le imprese potranno licenziare individualmente i lavoratori per motivi economici e disciplinari e sarà cura del giudice stabilire se l’impresa è tenuta a reintegrare o indennizzare economicamente il lavoratore, in caso di licenziamento.

Diminuiscono entità e durata dei trattamenti previsti per l’integrazione salariale in caso di perdita del posto di lavoro.

Non si inverte, né si aggredisce in sostanza, la precarietà del lavoro, si mantengono sostanzialmente in essere le forme di lavoro a termine, correnti, apportando variazioni scarsamente significative allo status quo.

Si precarizzano le condizioni non solo dei lavoratori più giovani, ma anche di quelli seniores, penalizzati da una  manovra congiunta che, se sul versante  pensionistico, determina l’innalzamento dell’età e la riduzione degli emolumenti, sul versante della  salvaguardia, riduce durata e entità dei trattamenti di integrazione salariale in caso di perdita del posto di lavoro. (continua nella sezione Rassegna stampa) Puopolo Euplio, lavoratore e delegato FIOM,  Lettere, Il Manifesto, 21-III-2012



 


COMUNICATO STAMPA

Nell’ambito del progetto di costituzione, a Chieti, della sezione locale di **“Libera-associazioni, nomi e numeri contro le mafie”, le associazioni “Chieti nuova 3 febbraio”, “Chieti resiste”, il Gruppo Scout Chieti2, in occasione della XVII Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo di tutte le vittime delle mafie, promossa in Italia da “Libera”, organizzano Mercoledì 21 marzo 2012 per alcune classi delle Scuole Medie, Antonelli, Chiarini-De Lollis, Ortiz, Vicentini-Della Porta e delle Scuole Superori, Istituto Magistrale I. Gonzaga e Istituto Tecnico F. Galiani la proiezione del DVD “Oltre Gomorra”, realizzato dalla Rai, inviato da “Libera” nazionale e la lettura dei 900 nomi delle persone vittime delle mafie.

Nonostante la corruzione dilagante, la crisi economica, la disoccupazione, forte persiste la consapevolezza che l’impegno e l’azione pratica della società civile saranno in grado di costituire gli anticorpi per impedire alle mafie infiltrazioni più invasive.

Pertanto, le associazioni promotrici continueranno a lavorare per contribuire alla diffusione della cultura della Legalità e della Responsabilità, attuando i Principi della Costituzione per un modello di società fondato sulla Giustizia, sulla Libertà, sull’Uguaglianza, sulla Democrazia.

Chieti nuova 3 febbraio, Chieti resiste, Gruppo Scout Chieti2

**

"Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie" è nata il 25 marzo 1995 con l'intento di sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e promuovere legalità e giustizia. Attualmente Libera è un coordinamento di oltre 1500 associazioni, gruppi, scuole, realtà di base, territorialmente impegnate per costruire sinergie politico-culturali e organizzative capaci di diffondere la cultura della legalità. La legge sull'uso sociale dei beni confiscati alle mafie, l'educazione alla legalità democratica, l'impegno contro la corruzione, i campi di formazione antimafia, i progetti sul lavoro e lo sviluppo, le attività antiusura, sono alcuni dei concreti impegni di Libera.” Da www.libera.it



 


 

Terza edizione del premio Nazionale "Agenda Rossa"

promosso dall'associazione "Chieti Resiste", in collaborazione con "Libera - associazioni, nomi e numeri contro le mafie" e con l'associazione "Chieti nuova 3 febbraio", con il sostegno del Comune di Chieti e del CSV Chieti - Centro Servizi Volontariato

20 marzo 2012 - ore 10,00

Cinema Teatro “Supercinema”

Cerimonia di premiazione

alla presenza delle scolaresche degli Istituti Superiori di tutta la provincia, di esponenti di rilievo della lotta alla mafia (testimoni di Giustizia, giornalisti, associazioni…) e di Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo.

Si tratta infatti di una manifestazione dedicata alla memoria del magistrato Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta, barbaramente trucidati nell'attentato di via D'Amelio, il 19 luglio 1992 a Palermo, del quale si commemora quest'anno il ventesimo anniversario. L'agenda rossa a cui si fa riferimento è quella sottratta dalla borsa del giudice negli istanti successivi allo scoppio dell'autobomba e mai più rinvenuta. Su di essa il Dott. Borsellino appuntava il resoconto dei numerosi interrogatori avuti coi collaboratori di Giustizia, nell'ambito delle indagini finalizzate a ricostruire i legami tra pezzi deviati dello Stato e mafia, probabilmente alla base del suo assassinio. Fatti sui quali, vent'anni dopo, si attende ancora la verità processuale.

Consegna dei riconoscimenti:

Premio Agenda Rossa alle Associazioni

Premio Agenda Rossa alla Cultura

Premio "Giovane Agenda Rossa”

Premio Agenda Rossa all'Imprenditoria

Premio Agenda Rossa all'Informazione

Premio Agenda Rossa alla Musica

Premio Agenda Rossa alla Politica

Premio Speciale "Emanuela Loi"

Premio Agenda Rossa d'Oro

 


 

Nell'ambito delle iniziative connesse alla terza edizione del premio Nazionale "Agenda Rossa", l'associazione "Chieti Resiste", in collaborazione con "Libera - associazioni, nomi e numeri contro le mafie" e l'associazione "Chieti nuova 3 febbraio", con il sostegno del Comune di Chieti e del CSV Chieti - Centro Servizi Volontariato, presenta:

"La Scelta"

uno spettacolo teatrale di e con Marco Cortesi e Mara Moschini.

Patrocinato da Amnesty International Italia, "Libera - associazioni, nomi e numeri contro le mafie" e il Segretariato Sociale della RAI.

INGRESSO A OFFERTA LIBERA (*)



Cinque storie vere

"Questa sera ascolterete cinque storie vere provenienti da uno dei conflitti più atroci, sanguinosi e assurdi che l'essere umano abbia mai combattuto. Nei libri di storia la chiamano 'Dissoluzione della Ex-Repubblica Federale Socialista di Jugoslavia'... ma sui muri di Sarajevo trovi una definizione molto più semplice 'Welcome to Hell', ' Benvenuti all'Inferno'...

Vi consegniamo storie vere di uomini e donne che hanno avuto il coraggio di ribellarsi ai pregiudizi, di rompere la catena dell?odio e della vendetta, persone che hanno avuto la capacità di vedere oltre il loro egoismo e di rischiare la loro vita per gli altri. Storie vere, autentiche, genuine... storie effettivamente raccolte con un piccolo registratore sui campi di battaglia dalla bocca stessa dei sopravvissuti.

"L'uomo può sempre dire o si o no"...e scegliere da quale parte stare: quella giusta o quella sbagliata!

*: Parte delle offerte sarà destinata a sostenere le attività di promozione della cultura della Legalità, realizzate dall'associazione "Chieti Resiste" sul territorio di Chieti.

Luca De Stefanis, Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.




 

Genova:100.000 persone alla manifestazione di sabato contro la mafia, promossa da “Libera-associazioni, nomi e numeri contro le mafie”

Qui c’è l’Italia che vuole verità e giustizia…Alla denuncia deve seguire l’impegno e l’assunzione di responsabilità che è la spina dorsale della nostra democrazia, quella responsabilità che chiediamo allo Stato, alle Istituzioni, ma anche a ciascuno di noi..” Don Luigi Ciotti

Un lavoro o ha dei diritti o non è lavoro. E il problema della Legalità riguarda il mondo del lavoro e l’economia perché tanta parte dell’economia reale è in mano alla malavita organizzata. Il sindacato deve tornare a mettere al centro trasparenza e rispetto dei contratti, perché la frantumazione dei processi lavorativi, con appalti subappalti, sottoappalti e cooperative, coincidono con la messa in discussione dei diritti e dei contratti nazionali e l’allargamento dell’illegalità nel lavoro.” Maurizio Landini




 

La mafia non è un film di gangster

Un classico.  Finché i magistrati si occupano di Riina e soci  (cioè  dell’ala militare, indifendibile della mafia) tutto bene.  Ma non appena ci si affaccia al livello delle possibili complicità con politici, imprenditori, medici e professionisti vari (le  cosiddette “relazioni esterne”) , la musica cambia. In un attimo ci si dimentica che la  vera forza della mafia non è la sua struttura gangsteristica. Il suo autentico potere sta altrove, nelle complicità, collusioni e  coperture. Non indagare anche su questo versante  significa fare  antimafia solo a metà, rinunziando alla possibilità stessa di vincere davvero la guerra alla mafia. E l’unico strumento investigativo-giudiziario che consente di intervenire anche su questo versante è il “concorso esterno”, che si concreta quando taluno concorre – appunto – ad attività del sodalizio criminale senza farne parte come affiliato.  Senonché,  chi fa antimafia  utilizzando anche questo decisivo strumento deve mettere in conto  che si attirerà robuste antipatie. (continua nella sezione Rassegna stampa) Gian Carlo Caselli, Il Fatto Quotidiano, 13-III-2012




 

Fate schifo

Ma interessa ancora a qualcuno sapere perché vent’anni fa è morto Paolo Borsellino con gli uomini di scorta? Sapere perché l’anno seguente sono morte 5 persone e 29 sono rimaste ferite nell’attentato di via dei Georgofili a Firenze, altre 5 sono morte e altre 10 sono rimaste ferite in via Palestro a Milano, altre 17 sono rimaste ferite a Roma davanti alle basiliche? Interessa a qualcuno tutto ciò, a parte un pugno di pm, giornalisti e cittadini irriducibili? Oppure la verità su quell’orrendo biennio è una questione privata fra la mafia e i parenti dei morti ammazzati?

È questa, al di là delle dotte e tartufesche disquisizioni sul concorso esterno in associazione mafiosa, la domanda che non trova risposta nel dibattito (si fa per dire) seguìto alla sentenza di Cassazione su Marcello Dell’Utri e alle parole a vanvera di un sostituto Pg. O meglio, una risposta la trova: non interessa a nessuno. A parte i soliti Di Pietro e Vendola, famigerati protagonisti della “foto di Vasto” che va cancellata o ritoccata come ai tempi di Stalin, magari col photoshop, non c’è leader politico che dica: “Voglio sapere”. Anzi, dalle dichiarazioni dei politici che danno aria alla bocca senza sapere neppure di cosa parlano, traspare un corale “non vogliamo sapere”.

(continua nella sezione Rassegna stampa) Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano, 13-III-2012




 

Art. 18, Monti ci pensi su

Una grande manifestazione di democrazia dalla quale non ci si può distaccare. Se Mario Monti, che ritengo persona attenta ai fatti, avesse potuto vedere di persona la grande manifestazione della Fiom a Roma, sicuramente avrebbe riconsiderato alcuni suoi attuali orientamenti. Lo penso perché la manifestazione di ieri è andata ben oltre la Fiom e i lavoratori della metalmeccanica.

Ieri a Roma c'era l'unità d'Italia. Nord e Sud insieme, capoluoghi di regione e piccoli comuni. Rilevante e importante la presenza di lavoratrici. C'era l'Italia con le sue memorie storiche e la volontà di sostenere la democrazia in questo difficile e pericoloso stato di crisi. Dalle crisi - è storia - sono facili e possibili le uscite a destra. In Italia lo sappiamo. Ebbene, la manifestazione di ieri era la testimonianza di quanto la democrazia sia essenziale al mondo del lavoro, alle persone che lavorano «sotto padrone» e che solo nella democrazia piena hanno la garanzia dei loro diritti e della dignità umana.

Una grande manifestazione di democrazia dalla quale non ci si può distaccare (come ha fatto il Pd, con il pretesto della Tav e cedendo alle esigenze della politica politicante) senza indebolire se stessi, senza far crescere il rifiuto della politica, oggi assai diffuso nel nostro paese.

(continua nella sezione Rassegna stampa) Valentino Parlato, Il Manifesto, 10-III-2012



 


Costituzione della Repubblica Italiana, art. 1:

L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.




In piazza con noi



In una «Repubblica democratica fondata sul lavoro» quale l’Italia deve costituzionalmente essere, la libertà operaia è la libertà di tutti; la sicurezza del disoccupato e il superamento della precarietà è la sicurezza di tutti; un’economia ambientalmente sostenibile e un piano straordinario di investimenti pubblici e privati sono le condizioni per difendere i beni comuni e costruire nuovi posti di lavoro”

La Fiom-Cgil ha proclamato per venerdì 9 marzo lo sciopero delle lavoratrici e dei lavoratori metalmeccanici con una manifestazione a Roma che si concluderà in piazza San Giovanni.
La democrazia ed il lavoro sono i nodi centrali del nostro tempo in Italia e in Europa.
Perché oggi il lavoro manca, è sempre più precario, è sempre meno pagato, al punto che pur lavorando si è poveri. Perché oggi nei luoghi di lavoro, a partire dalla Fiat, si rischia l’autoritarismo con la messa in discussione del Contratto nazionale, dei diritti individuali e collettivi.
Perché la democrazia è negata. Alle donne e agli uomini che lavorano è impedito di votare liberamente gli accordi che li riguardano e di potersi scegliere chi li rappresenta, fino alla messa al bando di un’intera organizzazione sindacale e all’esplicita discriminazione verso gli iscritti della Fiom-Cgil. È in questo contesto che Governo e Confindustria vogliono far passare l’idea, sbagliata e inaccettabile, che per uscire dalla crisi bisogna cancellare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, dopo aver manomesso il sistema pensionistico pubblico. All’opposto devono essere universali, quindi estesi a tutti, la cassa integrazione quale alternativa ai licenziamenti collettivi e la tutela del reddito come diritto di cittadinanza. In una «Repubblica democratica fondata sul lavoro» quale l’Italia deve costituzionalmente essere, la libertà operaia è la libertà di tutti; la sicurezza del disoccupato e il superamento della precarietà è la sicurezza di tutti; un’economia ambientalmente sostenibile e un piano straordinario di investimenti pubblici e privati sono le condizioni per difendere i beni comuni e costruire nuovi posti di lavoro.
Lo sciopero generale e la manifestazione nazionale del 9 marzo diventano un appuntamento essenziale non solo per i metalmeccanici ma per tutti coloro che credono nella democrazia, nella giustizia sociale, nella libertà, nell’informazione libera e in un lavoro stabile con diritti. E in questo senso sono fondamentali il diritto allo studio, l’accesso alla cultura, la valorizzazione del patrimonio artistico e delle competenze. Nel nome della nostra Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza antifascista invitiamo ogni cittadino non solo ad aderire alla manifestazione, ma a farsi promotore e protagonista di questa giornata di mobilitazione partecipando attivamente. Sono convinto che la nostra lotta difenda oggi gli interessi di tutto il paese mettendo al centro le lavoratrici e i lavoratori e proprio per questo sarebbe per noi importante avere la tua firma e la tua presenza in piazza.
Maurizio Landini, www.democraziaoggi.it 4-III-2012, pubblicato dal quotidiano Il Manifesto il 2-III-2012




Il Calendario della Repubblica-Il Dovere della Memoria

XII edizione



Venerdì 9 marzo 2012, ore 17,00

Liceo Ginnasio “G. B. Vico”-Chieti



Inaugurazione della mostra foto-documentaria

L’occupazione italiana della Libia

Violenza e Colonialismo 1911-1943



a cura di Costantino Di Sante

e di Salaheddin Hasan Sury



Intervengono

Costantino Di Sante

storico

Giancarlo Quiriconi

docente Università “G. D’Annunzio”

Stefano Trinchese

preside della Facoltà di Lettere e Filosofia – Università “G. D’Annunzio”



La mostra rimarrà aperta fino al 28 marzo, tutti i giorni - esclusi Lunedì e Domenica pomeriggio - dalle ore 10,00 alle ore 12,30 e dalle ore 17,00 alle ore 19,00.

Per le visite guidate, a cura degli studenti delle Scuole Superiori partecipanti, prenotare al n. 3474521937

L’idea di realizzare una mostra, che ricostruisce anche le diverse forme di violenze che gli Italiani perpetrarono in Libia durante l’occupazione dal 1911 al 1943, parte dall’esigenza di offrire, non solo agli addetti ai lavori, ma anche ad un pubblico più vasto, una conoscenza dell’esperienza coloniale italiana meno incompleta e che, senza edulcorazioni, enfatizzazioni e censure, possa essere dibattuta e valutata nella sua interezza. Costantino Di Sante, Catalogo della mostra



Promosso dall’Associazione Chieti nuova 3 febbraio in collaborazione con il Centro per l’Archivio Nazionale e gli Studi Storici (Tripoli – Libia) con l’Istituto Tecnico “F. Galiani”, l’Istituto di Studi Superiori “G. B. Vico”, l’Agenzia di promozione Culturale Regione Abruzzo-Chieti, l’ANCE-Giovani Imprenditori-Chieti,  la Confesercenti, l’associazione UNITRE, con il patrocinio della Facoltà di Lettere e Filosofia-Università “G. D’Annunzio”, con l’adesione dell’Istituto Magistrale “Isabella Gonzaga”




Legge anticorruzione

Firma anche Tu



Fra pochi giorni il Ministro della giustizia annuncerà i pilastri della nuova legge anti-corruzione: potrebbe essere l'occasione migliore che l'Italia abbia mai avuto per fermare questo crimine odioso. Ma se non saremo in tanti a intervenire ora potremmo ritrovarci con una legge annacquata e inutile.

La nuova legge potrebbe dare ai giudici gli strumenti necessari per le indagini, vietare ai politici corrotti di candidarsi e proteggere chi sporge denuncia contro abusi e irregolarità. Il partito di Berlusconi sta facendo di tutto per indebolire la legge, ma con le elezioni amministrative alle porte i nostri politici sono molto attenti all'opinione pubblica. Se saremo in tanti a ricordare che il loro voto su questa legge potrebbe costare loro la rielezione, potremmo portare a casa la legge anti-corruzione di cui ha bisogno il paese.

La corruzione ci costa 60 miliardi di euro l'anno, per non parlare delle sue conseguenze velenose sulla nostra democrazia. Ora abbiamo un'opportunità unica per invertire la rotta, ma ci rimangono pochi giorni per dire la nostra prima che la legge sia discussa in Parlamento. Clicca sotto per firmare la petizione per ripulire la nostra democrazia una volta per tutte e fai il passaparola con tutti:

http://www.avaaz.org/it/italy_anticorruption_new//?vl

(continua nella sezione Riceviamo e pubblichiamo)

Giulia, Luis, Alice, Ricken, Pascal, Emma, Antonia e tutto il resto del team di Avaaz

 

 


 

La Grande Opera pubblica e il capitalismo finanziario

Quello in atto in Valle di Susa è un autentico «scontro di civiltà»: la manifestazione di due modi contrapposti e paradigmatici di concepire e di vivere i rapporti sociali, le relazioni con il territorio, l'attività economica, la cultura, il diritto, la politica. Per questo esso suscita tanta violenza da parte dello stato - inaudita, per un contesto che ufficialmente non è in guerra - e tanta determinazione - inattesa, per chi non ne comprende la dinamica - da parte di un'intera comunità.

Quale che sia l'esito, a breve e sul lungo periodo, di questo confronto impari, è bene che tutte le persone di buona volontà si rendano conto della posta in gioco: può essere di grande aiuto per gli abitanti della Valle di Susa; ma soprattutto di grande aiuto per le battaglie di tutti noi.

(continua nella sezione Rassegna stampa) Guido Viale, Il Manifesto, 4-III-2012

 


 

In Val di Susa il dialogo è possibile e necessario

APPELLO

L'appello per chiedere alla politica di ascoltare le ragioni della popolazione e di ricevere una delegazione di sindaci è stato già firmato da esponenti politici, del mondo della cultura e della società civile. Tra questi Don Ciotti, Vendola, Emiliano, De Magistris, Pepino, Curto, Mattei, Revelli, Airaudo ...

Dopo mesi in cui la politica ha omesso il confronto e il dialogo necessari con la popolazione della valle, la situazione di tensione in Val Susa ha raggiunto il livello di guardia, con una contrapposizione che sta provocando danni incalcolabili nel fisico delle persone, nella coesione sociale, nella fiducia verso le Istituzioni, nella vita e nella economia dell’intera valle. Ad esserne coinvolti sono, in diversa misura, tutti coloro che stanno sul territorio: manifestanti e attivisti, forze dell’ordine, popolazione.

I problemi posti dal progetto di costruzione della linea ferroviaria ad alta capacità Torino-Lione non si risolvono con lanci di pietre e con comportamenti violenti. Da queste forme di violenza occorre prendere le distanze senza ambiguità. Ma non ci si può fermare qui.

Non basta deprecare la violenza se non si fa nulla per evitarla o, addirittura, si eccitano gli animi con comportamenti irresponsabili (come gli insulti rivolti a chi compie gesti dimostrativi non violenti) o riducendo la protesta della valle – di tante donne e tanti uomini, giovani e vecchi del tutto estranei ad ogni forma di violenza – a questione di ordine pubblico da delegare alle forze dell’ordine.

La contrapposizione e il conflitto possono essere superati solo da una politica intelligente, lungimirante e coraggiosa. La costruzione della linea ferroviaria (e delle opere ad essa funzionali) è una questione non solo locale e riguarda il nostro modello di sviluppo e la partecipazione democratica ai processi decisionali. Per questo è necessario riaprire quel dialogo che gli amministratori locali continuano vanamente a chiedere. Oggi è ancora possibile. Domani forse no.

Per questo rivolgiamo un invito pressante alla politca e alle autorità di governo ad avere responsabilità e coraggio. Si cominci col ricevere gli amministratori locali e con l’ascoltare le loro ragioni senza riserve mentali. Il dialogo non può essere semplice apparenza e non può trincerarsi dietro decisioni indiscutibili ché, altrimenti, non è dialogo. La decisione di costruire la linea ad alta capacità è stata presa oltre vent’anni fa. In questo periodo tutto è cambiato: sul piano delle conoscenze dei danni ambientali, nella situazione economica, nelle politiche dei trasporti, nelle prospettive dello sviluppo. I lavori per il tunnel preparatorio non sono ancora iniziati, come dice la stessa società costruttrice. E non è vero che a livello sovranazionale è già tutto deciso e che l’opera è ormai inevitabile. L’Unione europea ha riaperto la questione dei fondi, dei progetti e delle priorità rispetto alle Reti transeuropee ed è impegnata in un processo legislativo che finirà solo fra un anno e mezzo. Lo stesso Accordo intergovernativo fra la Francia e l’Italia sarà ratificato solo quando sarà conosciuto l’intervento finanziario della UE, quindi fra parecchi mesi. E anche i lavori sulla tratta francese non sono iniziati né prossimi.

Dunque aprire un tavolo di confronto reale su opportunità, praticabilità e costi dell’opera e sulle eventuali alternative non provocherebbe alcun ritardo né alcuna marcia indietro pregiudiziale. Sarebbe, al contrario, un atto di responsabilità e di intelligenza politica. Un tavolo pubblico, con la partecipazione di esperti nazionali e internazionali, da convocare nello spazio di un mese, è nell’interesse di tutti. Perché tutti abbiamo bisogno di capire per decidere di conseguenza, confermando o modificando la scelta effettuata in condizioni del tutto diverse da quelle attuali..

Un Governo di “tecnici” non può avere paura dello studio, dell’approfondimento, della scienza. Numerose scelte precedenti sono state accantonate (da quelle relative al ponte sullo stretto a quelle concernenti la candidatura per le Olimpiadi). Noi oggi chiediamo molto meno. Chiediamo di approfondire i problemi ascoltando i molti “tecnici” che da tempo stanno studiando il problema, di non deludere tanta parte del Paese, di dimostrare con i fatti che l’interesse pubblico viene prima di quello dei poteri forti. Lo chiediamo con forza e con urgenza, prima che la situazione precipiti ulteriormente.

2-III-2012

Don Luigi Ciotti, Nichi Vendola, Michele Emiliano, Luigi De Magistris Livio Pepino, Michele Curto, Ugo Mattei, Marco Revelli, Giorgio Airaudo, Monica Frassoni, Tommaso Sodano, Paolo Beni, Vittorio Cogliati Dezza, Filippo Miraglia , Gabriella Stramaccioni, don Armando Zappolin, don Tonio dell’Olio, Giovanni Palombarini, don Marcello Cozzi, Sandro Mezzadra.



 


 

Sulla Tav si scavi, ma non solo con le ruspe


Corridoi europei, strategie di trasporti, il tunnel più lungo del mondo. La Lione-Torino (ecco il vero nome, non è una linea ad Alta Velocità) è questo. Ma anche un affare da miliardi su cui puntano molti occhi. Normale, ma siamo in Italia dove le inchieste per l’Alta Velocità non si contano. E siamo in Val di Susa, territorio ad alta penetrazione della ‘ Ndrangheta (Bardonecchia fu il primo comune del Nord sciolto per mafia).

L’aperitivo era stato servito nel 2005 quando la Procura di Torino indagò l’allora viceministro delle Infrastrutture, Ugo Martinat, numero due di Pietro Lunardi (sponsor dell’opera). L’accusa: turbativa d’asta e abuso d’ufficio. Oggetto: gli appalti, tra l’altro, per la galleria di Venaus (opera preliminare della Torino-Lione). Emersero consulenze a imprese vicine a personaggi di governo, contatti con politici e imprenditori di primo piano: il processo di primo grado si è concluso con 8 condanne tra cui Giuseppe Cerutti, presidente della Sitaf, la società dell’autostrada del Frejus, e Paolo Comastri, direttore generale di Ltf (Lyon Turin Ferroviaire, la società madre della Tav, controllata con quote del 50 % dall’italiana Rfi e dall’omologa francese Rff). Martinat e l’imprenditore Marcellino Gavio nel frattempo sono morti.

(continua nella sezione Rassegna stampa) Ferruccio Sansa, Il Fatto Quotidiano, 1-III-2012




La campana suona per noi

Il 9 marzo sarà un'occasione per tutte le voci fuori dal coro del pensiero unico dominante. Lo sciopero generale della Fiom deve diventare un embrione di alternativa allo stato di cose presente, un primo momento di ricostruzione di un progetto comune con cui uscire dalla difensiva.

Cosa sarebbe dell'Italia senza la democrazia? Per capirlo è sufficiente vedere cosa sta succedendo a Pomigliano, in una fabbrica chiusa e riaperta da Marchionne sotto altro nome per cancellare il sistema di garanzie e diritti sindacali e individuali conquistati in più di un secolo di lotte.

Sotto il Vesuvio, lungo le linee della nuova Fiat Panda, la Fiom non ha accesso, è stata messa fuori da un accordo separato che getta alle ortiche il contratto nazionale di lavoro e riconosce qualche sparuto diritto sindacale solo alle organizzazioni che hanno firmato la resa loro e la morte di un altro sindacato che invece non si è arreso. Qui, su duemila «nuovi» assunti non ce n'è uno iscritto alla Fiom. Forse uno o due ce l'aveva quella tessera extraparlamentare, ma per essere assunto l'ha dovuta strappare. Allora, a Pomigliano senza Fiom succede che se un operaio selezionato (politicamente e sindacalmente) non ce la fa a reggere i ritmi infernali del nuovo modello produttivo Fiat, se ritarda di qualche secondo o se monta male un pezzo, non solo viene sanzionato ma a fine turno e senza poter andare in mensa a mangiare è costretto a presentarsi nell'«acquario», un open space dove al disgraziato viene consegnato un microfono e davanti a una folla di capi, capetti e sottocapi deve dire «song n'omm e mmerda». (continua nella sezione Rassegna stampa) Loris Campetti, Il Manifesto, 19-II-2012

 


La dignità di una giovane donna

Sono andata via di casa a diciannove anni, dopo il diploma linguistico e qualche dramma familiare in valigia. Ho vissuto a Firenze per laurearmi in Media e Giornalismo, ho vissuto due anni a Roma collaborando con festival, riviste, agenzie di comunicazione, case editrici. Ho viaggiato come reporter in Europa, Medio Oriente, Africa e Asia. Ho dormito e mangiato per terra con i bambini in Senegal, mi sono lavata nei bagni delle palestre abruzzesi con le donne terremotate delle tendopoli. Ho girato da sola nell'infinita metropolitana di Tokyo, ho passato i checkpoint israeliani a Ramallah, ho scalato col vento gelido di gennaio la Grande Muraglia Cinese. Sono salita su mulini olandesi e torri taiwanesi, sono entrata nella pancia dell'enorme Buddha di bronzo sulla costa giapponese, ho assistito ai lanci dai tetti di soldati mangiatori di serpenti in Libano, ho guidato una zattera di bambù sul fiume Li.

Ho ventisei anni. Si potrebbe dire che io sia coraggiosa. Ma ancora più di questo, sono sarda. Ogni giorno della vita è una lotta in cui le mie radici sono alleati e nemici, armi e talloni d'Achille. Sono tornata per scelta a vivere nella mia isola perché tutto il mondo non basta a contenere l'amore e la gratitudine che provo verso questa terra. Credo nella vita e nel mio futuro perché la Sardegna mi insegna ogni giorno i suoi miracoli senza vergognarsi di essere onnipotente.

Finché poi arriva un giorno in cui metti tutto in discussione. (continua nella sezione Rassegna stampa) Valeria Gentile, valigiablu.it

 

 


Dimission impossibile

Vorrei citare ancora una volta le parole di Angela Merkel, cancelliere dello Stato più importante d’Europa, sulle dimissioni del suo amico Christian Wulff, presidente della Repubblica più importante d’Europa, per un mutuo a tasso agevolato: “Rispetto la sua convinzione di essersi sempre comportato bene, ma non poteva più servire il popolo. È una forza del nostro Stato di diritto trattare tutti allo stesso modo, indipendentemente dalla posizione”. (continua nella sezione Rassegna stampa) Marco Travaglio, ilfattoquotidiano.it 19-II-2012

 

 


C’è la crisi? Riprendiamoci la Cassa Depositi e Prestiti

Non è vero che «i soldi non ci sono». Sono tanti e bastano a invertire la rotta, iniziando a costruire un altro modello sociale, basato sui diritti collettivi

L’analisi espressa, con usuale lucidità, da Guido Viale nel suo articolo La Grecia siamo noi» ( il manifesto del 17/2/2011), andrebbe a mio avviso integrata con una riflessione da aprire a tutto campo su come sia possibile finanziare i necessari cambiamenti che volenti perché collettivamente ci riprendiamo in mano il nostro destino – o nolenti – se continuiamo a credere alle favole del governo dei professori -  dovremo affrontare. A chi continua a ripetere come un mantra «i soldi non ci sono» occorre certo rispondere con l’argomentazione che una diversa finalizzazione della fiscalità generale – drastica riduzione delle spese militari in primis – renderebbe disponibili risorse oggi non utilizzabili. Ma allo stesso tempo occorre contestare l’assunto in quanto palesemente falso. Perché i soldi ci sono, sono tanti e più che sufficienti per invertire la rotta, chiudendo definitivamente con le politiche liberiste e iniziando a costruire un altro modello sociale, basato sui diritti collettivi, sulla riappropriazione sociale dei beni comuni, sulla riconversione ecologica e democratica dell’economia.

Dodici milioni di persone affidano i propri risparmi a Poste Italiane, attraverso i libretti di risparmio e i buoni fruttiferi. La massa di questi risparmi viene raccolta dalla Cassa Depositi e Prestiti, che, dalla sua nascita nel 1860 e fino al 2003, la utilizzava per permettere agli enti locali territoriali di poter fare investimenti con mutui a tasso agevolato. (continua nella sezione Rassegna stampa) Marco Bersani, Il Manifesto, 19-II-2012, www.controlacrisi.org

 

 


Entro poche settimane Il Manifesto rischia di non esserci più.


Non è un allarme. E' una constatazione.
E’ il momento più difficile della storia quarantennale del Manifesto.

All’inizio di febbraio il Ministero dello Sviluppo economico ha firmato la liquidazione coatta amministrativa della nostra cooperativa.

Se vuoi coltivare questa radice della sinistra, difenderla dall'arroganza di un potere politico che cancella i fondi dell'editoria, nega la pubblicità e lascia vivere solo i grandi editori allora devi fare tre cose:

1. impegnati ad acquistare il giornale tutti i giorni. Se non lo trovi, segnalaci se possibile l'edicola in cui ti servi abitualmente in modo da rifornirla meglio.

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Non sono richieste impossibili: si tratta di un gesto politico forte e di affetto per il nostro-vostro giornale. Solo un referendum dal basso potrà decidere il futuro di questa testata e della sua storia. Il 28 aprile vogliamo festeggiare insieme non il nostro funerale ma il nostro quarantunesimo compleanno.

p.s. oltre all'acquisto in edicola altre forme di sostegno sono sempre possibili.

Singoli cittadini, associazioni, aziende, movimenti o sindacati possono sottoscrivere con un bollettino postale (numero 708016, intestato a il manifesto coop.ed. a r.l. - Via Bargoni 8, 00153 Roma) o tramite bonifico bancario presso Banca Sella, conto intestato a «il manifesto coop.ed. a r.l.» IBAN IT18U0326803200052879687660.

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Il collettivo del Manifesto, twitter@ilmanifesto2012




Biblioteca Provinciale “A. C. De Meis” - Chieti

Il 3 giugno 2005, durante i lavori per la costruzione di una nuova torre, crollò un’ala dello stabile. Da allora i lavori sono fermi e l’area è ricettacolo di rifiuti. Il quotidiano “Il Centro” del 18-X-2011 informa che la Provincia  “
conta di appaltare, entro cinque mesi, il primo lotto degli interventi previsti e finanziati con un milione centocinquanta mila euro, già in cassa grazie ad un residuo del mutuo precedente, circa seicentosettanta mila euro, a centottanta mila euro di fondi Cipe e ai trecento mila euro stanziati dal Ministero dell’Economia…Il cantiere della De Meis dovrebbe finalmente riaprire in primavera con un progetto nuovo redatto in economia dal settore edilizia della Provincia…” Attendiamo la scadenza dei cinque mesi.

 


20 anni da Mani Pulite

17 febbraio 1992: fu arrestato a Milano per “mazzette” Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio.

Emerge, così, la più grande storia di corruzione dell’Italia, chiamata “Tangentopoli” o “Mani pulite”.

Il pool della Procura di Milano, che condusse le inchieste, era composto dal procuratore capo Francesco Saverio Borrelli, dal procuratore aggiunto Gerardo D'Ambrosio e dai sostituti Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo, Antonio Di Pietro.

 


Venti anni dopo. Fu vero inizio?

…La corruzione rispetto a venti anni fa non accenna ad arretrare e, come dice la sentenza della Corte dei Conti, è stata combattuta con lo strumento sbagliato, la chirurgia penale, e non con quello giusto, una riforma adeguata della Pubblica Amministrazione. Sessanta miliardi di euro all’anno in fumo tra mazzette, prebende, incarichi illegittimi…La situazione non è la stessa di venti anni fa: è di gran lunga peggiore, dal punto di vista politico, non solo contabile e criminale, il ventennio
avendo smascherato tutte le illusioni seminate dal “vento del cambiamento” del 1992 e bruciato tutte le scorciatoie che allora si presero per non cambiare davvero…
Salutato come nuovo inizio, anche a sinistra, quell’evento ha aperto in realtà una lunga stagione di restaurazione…Oggi la corruzione è sempre lì, la politica altro che rigenerarsi si è consegnata alla tecnocrazia, il mercato detta regole sporche. Fu vero inizio, e di che?
Ida Dominijanni, Il Manifesto, 17-II-2012




Estratto dalla prefazione di Piercamillo Davigo al libro “Mani pulite: la vera storia 20 anni dopo
di Gianni Barbacetto, Peter Gomez, Marco Travaglio
da “ilfattoquotidiano.it”

Sono passati vent’anni da quando, il 17 febbraio 1992, a Milano fu arrestato Mario Chiesa, fatto che è stato considerato l’inizio di quelle indagini che i mezzi di informazione hanno chiamato“Mani pulite”. Quella non era la prima volta in cui un pubblico amministratore veniva sorpreso in flagranza di corruzione, e non fu l’ultima. Per quale ragione, vent’anni dopo, quell’accadimento viene ancora ricordato, tanto da portare alla seconda edizione di un volume che ricostruisce quella vicenda e quelle che seguirono? Credo che la spiegazione sia da ricercare nel sorprendente (anche per gli inquirenti) sviluppo delle indagini, innescate da quell’episodio, che in un tempo relativamente breve (specie se rapportato ai tempi dell’amministrazione giudiziaria) portò alla scoperta di un numero impressionante di reati e al coinvolgimento di migliaia di politici, funzionari e imprenditori. Che cosa aveva fatto la differenza fra quelle indagini rispetto ad altre precedenti e successive? In questi vent’anni si sono sentite in proposito, da parte di vari commentatori, numerose sciocchezze, quali “lo sapevano tutti”, “dov’era prima la magistratura?”, “è stato un golpe” (orchestrato, a seconda dell’ideologia di chi sosteneva tale tesi, dai comunisti, dalla Cia, dai poteri forti ecc.) e altre stravaganze.
(continua nella sezione Rassegna stampa) Piercamillo Davigo


Legge anticorruzione, il Pdl fa quadrato contro l’aumento delle pene. E il governo rinvia


Vent'anni dopo l'inchiesta Mani pulite, l'Italia non ha ancora una normativa efficace contro il sistema delle tangenti. In Parlamento è in discussione dal 2010 un testo firmato Pdl-Lega, bollato come "acqua fresca". Ma i tentativi di renderlo più incisivo incontrano la strenua resistenza dei berlusconiani. Che minacciano di mettere in difficoltà l'esecutivo di Monti.

... E mentre si moltiplicano gli allarmi sui danni miliardari che il sistema delle mazzette infligge all’economia e al fisco, il Pdl fa quadrato per evitare che le pene vengano inasprite e che i politici coinvolti nelle inchieste vengano tenuti lontani dal Palazzo. In parlamento è chiara “la volontà del Pdl di bloccare ogni modifica che riguardi i reati di corruzione, concussione e simili”, spiega a “ilfattoquotidiano.it “ Angela Napoli, deputata di Fli in Commissione giustizia della Camera…
Sono in gran parte andate a vuoto le “raccomandazioni” che arrivano da chi studia questi temi, a partire da Avviso pubblico, la rete degli enti locali contro le mafie, che con Libera ha raccolto oltre un milione di firme per sollecitare interventi legislativi contro la corruzione, a cominciare dalla confisca dei beni sul modello di quello che già avviene per i mafiosi (
v. il Dossier corruzione di Avviso pubblico).

Dopo Mani pulite le leggi sono cambiate in peggio”, denuncia il coordinatore nazionale Pierpaolo Romani. “Penso alle riforme dell’abuso di ufficio, con la maggioranza di centrosinistra, e del falso in bilancio, con quella di centrodestra”. Quanto al disegno di legge attuale, “prevede norme discutibili, come quella che affida al governo la stesura delle regole sull’incandidabilità, senza distinzione tra controllati e controllori”. Ma al di là dei codici, “i partiti hanno grandi responsabilità…”. Mario Portanova, Il Fatto Quotidiano, 17-II-2012


Riceviamo e pubblichiamo

Il 17 febbraio, alle ore 17.00, vi diamo appuntamento, a Milano, presso il Teatro Elfo Puccini, Corso Buenos Aires, 33.

Infatti quel giorno, a quell’ora, cade il ventesimo anniversario dall’arresto di Mario Chiesa. Di lì a due anni nelle aule giudiziarie di Milano furono chiamati leader ed esponenti dei partiti per parlare di un sistema di potere, fatto di commistioni tra affari e politica, che aveva portato l’Italia sull’orlo della bancarotta. A tanti anni di distanza poco o niente è cambiato. Anzi quel sistema si è ingegnerizzato, affinato e la politica ha tentato di demonizzare la magistratura, ha depenalizzato quei reati, come il falso in bilancio, in modo da poter agire indisturbata. (continua nella sezione Riceviamo e pubblichiamo) Antonio Di Pietro

 


Il rispetto delle regole

Su Rai tre, Gherardo Colombo sostiene che il vero problema del nostro Paese non è giudiziario, è culturale: la maggioranza degli Italiani non capisce a che cosa servono le regole, e fino a che non lo capirà anche il più equo dei sistemi giudiziari potrà fare ben poco.

Su Raidue, in quel preciso momento, Fabio Capello, uno dei più stimati allenatori italiani, a domanda risponde che Luciano Moggi è stato un eccellente dirigente sportivo (il giovane Andrea Agnelli, pochi giorni prima, aveva detto: il migliore di tutti). Neanche mezza parola sul processo per frode sportiva, sulle schede telefoniche estere regalate agli arbitri, sull’intera, complicata ma ineludibile vicenda che chiamiamo Calciopoli. Capello ha risposto, indirettamente, a Gherardo Colombo. Confermandone la tesi. Moggi è stato “il migliore di tutti” perché ha vinto moltissimo, non importa con quali mezzi, né trasmettendo quali valori al suo gruppo di lavoro. Le ombre etiche e le macchie giudiziarie sono considerate irrilevanti perché irrilevante, in fin dei conti, è il rispetto delle regole. Per molti Italiani, anche di livello (Capello lo è), le regole sono considerate, in fondo, l’ultima risorsa dei deboli e degli invidiosi. Michele Serra, La Repubblica, 7-II-2012




L’Italia occupa il 69° posto su 183 Paesi, quartultimo tra i 27 dell’Unione Europea e dopo Ghana e Sultanato del Brunei, nella classifica mondiale della corruzione, presentata a dicembre 2011 dalla organizzazione indipendente Transparency International.

 

 


 

Processo Eternit, sentenza storica a Torino:

condannato a sedici anni il magnate svizzero Schmideiny ed il barone De Cartier

Proprietari in periodi diversi della società di produzione dell’amianto con 4 stabilimenti in Italia (Casale, Cavagnolo, Rubiera, Bagnoli), sono stati condannati per disastro ambientale doloso permanente e omissione dolosa di misure di sicurezza. Il pm Raffaele Guariniello ha chiesto per loro 20 anni di carcere per aver “agito e perseverato nell’agire” con la consapevolezza che avrebbero provocato una tragedia tra i lavoratori e gli abitanti dei comuni in cui sorgevano i loro stabilimenti. E la sentenza li ha condannati a 16 anni. Almeno 1800 le vittime e i malati nella sola Casale Monferrato, paese della provincia di Alessandria.

Sono arrivati da tutto il mondo per la sentenza, da Francia, Belgio, Inghilterra, Svizzera, Brasile. Le delegazioni di ex lavoratori e familiari, nella speranza che il caso italiano faccia giurisprudenza in tutto il mondo, anche dove l’amianto si lavora ancora, come in sud America …Elena Ciccarello, Il Fatto Quotidiano, 13-II-2012



 


 

CORSO DI AVVICINAMENTO E FORMAZIONE AL VOLONTARIATO INTERNAZIONALE ED ALLA CONOSCENZA DELL'AFRICA “AFRICA.. PIU’ VICINA”



Incontri e riflessioni per avvicinarsi, conoscere e condividere



CVM – Comunità Volontari per il Mondo insieme all’associazione I Bambini Visti dalla Luna organizzano in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale - Ufficio VI Ambito territoriale di Chieti, un corso di formazione e orientamento alla solidarietà internazionale e alla realtà dei Paesi del sud del mondo ed in particolare al continente madre, l’Africa.

Il corso si svolgerà in sei incontri, un percorso affascinante che toccherà tutti i temi riguardanti l’Africa, come l’antropologia, le cause economiche della povertà che affligge alcune aree del continente, le guerre e i conflitti, il dialogo interculturale, ecc. Il corso è suddiviso in una parte introduttiva che si svolgerà a marzo\aprile ed in una parte di approfondimento che si svolgerà a maggio. Presenti relatori di altissimo livello come gli africani Pedro Miguel, filosofo angolano e docente all’Università di Bari, Geneviève Makaping, antropologa e giornalista camerunense e Matar Mbaye, griot senegalese.

(continua nella sezione Riceviamo e pubblichiamo)




L’Affare Psichiatria

dagli anni Settanta agli anni Novanta

Contributo alla stesura della relazione sui lavori condotti dalla Commissione d’inchiesta sull’assistenza psichiatrica in Abruzzo - Consiglio Regionale d’Abruzzo, scritto da Sergio Turone, vice presidente della Commissione d’inchiesta - settembre 1993

L’Affare Psichiatria”, ripercorrendo dagli anni Settanta la storia della sanità abruzzese  in relazione alla Psichiatria, aiuta a comprendere le complesse vicende degli ultimi anni, le carenze del sistema, la corruzione e le pesanti responsabilità di chi, preposto alla gestione e al controllo, ha scelto il profitto personale a danno del benessere della collettività.

Il sistema di potere politico-amministrativo che fin dalla nascita dell’Istituto Regione ha condizionato l’Abruzzo ha trovato nell’organizzazione psichiatrica -- vale a dire in quella che dovrebbe essere l’assistenza ai malati di mente -- uno dei canali più massicciamente produttivi di corruzione politica e di arricchimento. Lo sperpero accertato ammonta - in lire attuali - a oltre mille miliardi. E’ questa in estrema sintesi la conclusione cui è giunta la Commissione d’inchiesta che è stata costituita dal Consiglio regionale alla fine del 1991 e che ha lavorato dai primi mesi del 1992 fino al luglio 1993…” Leggi la relazione integrale nella nuova sezione MEMORIA presente nel Menu Principale




Violenza di gruppo e informazione demagogica

La Cassazione ha stabilito che non deve applicarsi obbligatoriamente la misura cautelare della custodia in carcere per gli indagati del reato di violenza sessuale di gruppo. La notizia si è rapidamente sparsa sul web facendo ritenere che la Suprema Corte avrebbe detto che gli stupratori non devono più andare in carcere e così risultando in un’umiliazione per le donne o quanto meno in una grave e incomprensibile sottovalutazione di un delitto particolarmente odioso.

Ovviamente ne sono seguite le varie reazioni indignate in difesa delle donne. E chi non sta dalla parte della donna e della persona offesa in generale in fatti simili? La Cassazione allora è composta da maschilisti retrogradi e insensibili? Capisco che la notizia presentata così sia più appetitosa e stimoli maggiormente il populismo forcaiolo, ma le cose stanno diversamente e la Cassazione non solo non è impazzita ma ha applicato un principio addirittura di rango costituzionale. Proviamo a fare chiarezza…

(continua nella sezione Rassegna stampa) Marco Imperato, magistrato

 


Magistratura

(dal latino 'magis', 'più', analogamente a 'magister', 'maestro'). Ufficio pubblico che conferisce superiorità e autorità a chi lo ricopre. In modo specifico, l'ordine giudiziario, ovvero il corpo di coloro che sono addetti all'amministrazione della giustizia.

Secondo la civiltà politica moderna, la magistratura  -  che amministri la giustizia in nome del re oppure del popolo, che operi in un sistema di civil law (come quello italiano) o di common law (come quello di molti Paesi anglofoni)  -  è indipendente dal potere politico, cioè dal legislativo e dall'esecutivo, e costituisce un ordine (o potere) dello Stato autonomo e indipendente, soggetto solo alla legge. L'ovvia ed evidente necessità di tenere la magistratura quanto più è possibile lontana e separata dal potere politico e da ogni altra influenza, perché possa legittimarsi attraverso la più piena imparzialità, ha fatto sì che in tutti i principali ordinamenti  moderni i suoi membri, nell'atto delle loro funzioni, non siano sindacabili né responsabili, tranne che in particolari circostanze (altra cosa, evidentemente, è l'appellabilità delle sentenze, che il nostro Paese prevede più di ogni altro). Le speciali guarentigie per i magistrati sono diverse nei diversi Paesi occidentali  -  molto più forti ed estese in molti ordinamenti di common law  - , ma nel complesso sono assai simili a quelle oggi vigenti in Italia,  introdotte dal Guardasigilli Vassalli dopo il referendum del 1987 sulla responsabilità civile dei magistrati, che andava nella direzione di affermarla in modo incondizionato. Secondo la legge vigente, chi subisce un ingiusto danno giudiziario deve agire contro lo Stato  e non verso il singolo magistrato (che a sua volta può rivalersi sullo stipendio dell'appartenente all'ordine giudiziario),  e può farlo solo nel caso di dolo o colpa grave. Secondo la nuova norma approvata alla Camera, invece, il cittadino può fare causa direttamente al magistrato da cui si ritiene danneggiato, e fra i requisiti di ammissibilità dell'azione c'è anche la sua manifesta violazione della legge (concetto estremamente vago e discutibile, che si presta a ogni interpretazione, a ogni forzatura polemica, a ogni abuso).

Queste due varianti  scoprono di fatto il magistrato,  obbligandolo  a interpretare la legge in modo conformista e non innovativo, e a essere prudentissimo nelle condanne (ma anche nelle indagini giudiziarie e nelle requisitorie) per paura delle ritorsioni che imputati eccellenti, influenti per potere o per ricchezza, potrebbero effettuare contro di lui. Si tratta insomma di un'intimidazione verso la magistratura  -  collegabile tanto al processo Mills in via di conclusione quanto all'ideologia anti-magistrati della destra  -  che avrebbe l'effetto di consegnare i magistrati in balia non tanto del potere politico quanto dei poteri sociali più aggressivi e spregiudicati. E che in definitiva porterebbe il Paese a vivere ancor meno secondo le leggi dei codici, e ancor più secondo la legge del più forte e del più minaccioso. Carlo Galli  Repubblica, 4 febbraio 2012




Pd ultima chiamata

Compie 10 anni l’urlo di Nanni Moretti sul palco di piazza Navona, davanti al politburo del futuro Pd: “Con questi dirigenti non vinceremo mai!”. Era il 2 febbraio 2002. Se oggi qualcuno (allora fu Nando Dalla Chiesa) organizzasse una manifestazione nello stesso posto, con le stesse facce, e Moretti ci andasse, potrebbe ripetere le stesse parole. Lo so che qualche lettore che vota Pd inarcherà i sopraccigli e sbufferà: ecco il solito attacco del Fatto al nostro partito per conto di Grillo, o di Di Pietro, o di Vendola, o dei venusiani. In realtà le nostre sono critiche costruttive, perché anche chi non vota il Pd, e persino chi non lo ama, non può non guardare con angoscia alla deriva imboccata dal primo partito del centrosinistra. Già il Pd sta pagando prezzi altissimi sempre più inaccettabili per sostenere acriticamente il governo Monti facendo maggioranza con Pdl e Terzo polo. Ma c’è anche un altro rischio: che l’obbligo di sostenere i tecnici a ogni costo faccia da alibi al partito dell’impunità, che taglia trasversalmente quasi tutti i partiti di destra e di sinistra, per regolare i conti con i magistrati e mettersi al riparo dai processi di oggi e di domani. In tutto il mondo la crisi finanziaria, nata dall’uso criminale del denaro da parte delle classi dirigenti, ha imposto alle medesime uno stile nuovo, più “sobrio” (possiamo ben dirlo) e rigoroso di prima, non foss’altro che per autoconservarsi. È di ieri la notizia che Chris Huhne, ministro britannico dell’Energia, si è dimesso perché dieci anni fa fu beccato dall’autovelox e multato per eccesso di velocità, ma ora la moglie lo accusa di aver mentito alla polizia stradale, attribuendo a lei l’infrazione commessa da lui. Il reato contestato è ostruzione alla giustizia, che nel caso di specie è punibile con un’altra multa. Lui si proclama innocente: “Risponderò delle accuse in tribunale, ma per non subire delle distrazioni dal mio lavoro ho deciso di dimettermi dall’incarico di ministro con effetto immediato”. Forse esagera, almeno per i nostri standard etici. Ma dà un segnale, magari eccessivo, ma tipico di un esponente delle classi dirigenti consapevole del rischio che esse oggi corrono e sintonizzato con un’opinione pubblica sempre più insofferente e intransigente a causa della crisi. Ecco quel che manca ai politici italiani, e in particolare a quelli del Pd che devono rispondere a un elettorato voglioso di legalità, correttezza, vera sobrietà: la sintonia col loro popolo e qualche segnale tangibile che la dimostri. Ieri Telese e Fucecchi si sono divertiti a scimmiottare l’infelice campagna pubblicitaria pidina del “Ti presento i miei”, ritraendo Bersani circondato dagli inquisiti eccellenti di casa sua: Penati, Pronzato, Tedesco, Morichini, Frisullo, Delbono, Lusi e Brentan (il manager delle autostrade venete iscritto al Pd e appena arrestato per tangenti). Ma, per motivi di spazio, sono rimasti fuori i Bassolino e i Del Turco (quest’ultimo difeso sconciamente come un martire dall’Unità e da Violante).

(continua nella sezione Rassegna stampa) MarcoTravaglio, 4-II-2012, www.Tzetze, pubblicato su Il Fatto Quotidiano




Riceviamo e pubblichiamo

Cronistoria dettagliata del viaggio Milano-Pescara sulla Freccia bianca delle ore 15,35 di Mercoledì 1 febbraio 2012, n. 9819, diretta a Bari

Ritardi stratosferici; comunicazioni inesistenti tra treno e Ferrovie; buona volontà dei singoli; colpevoli omissioni e vergognosa disorganizzazione; problemi di manutenzione e non solo….
A chi compete intervenire e perseguire i responsabili di queste inaudite disfunzioni del servizio pubblico?


Alla stazione di Milano, sui tabelloni compare la scritta che causa neve i treni ad alta velocità (le Frecce) avrebbero viaggiato a velocità più bassa con possibili ritardi.
Il treno parte dal binario diciotto alle ore 15,44, con nove minuti di ritardo.
Tra Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena  si verificano alcune fermate in aperta campagna innevata; nell’ultima, prima di arrivare a Modena, viene comunicato che il treno è fermo perché a Modena i binari sono pieni. Dopo la seconda fermata, nella carrozza numero 7 comincia a sentirsi freddo e saltano le luci: successivamente vengono riaccese le luci, ma non il riscaldamento.
Arrivo a Modena con venti-venticinque minuti di ritardo. Sul tabellone in stazione: comunicazione di partenza con trenta minuti di ritardo. Si riparte con ottanta minuti di ritardo.
Cominciano a lampeggiare le luci all'interno della  carrozza n. 7 e aumenta il freddo.
Dopo sei, sette fermate, il treno arriva a Bologna alle ore 19,57 con due ore e quattro minuti di ritardo e riparte dopo qualche minuto, per fermarsi all'uscita della stazione. Nessuna comunicazione, ma nella carrozza si diffonde la voce che alcuni passeggeri sono rimasti a terra e stanno correndo dietro il treno. Alcune persone effettivamente arrivano vicino al treno, ma salgono sulle scale che scavalcano i binari. Dopo circa venti minuti il treno riparte. Si ferma di nuovo per altre due volte per circa venti minuti e riparte superando di slancio Castel Bolognese.
Improvvisamente, dopo Castel Bolognese, nella steppa locale, il treno si ferma, senza alcun messaggio di spiegazione. Dopo circa quindici minuti il capotreno arriva nella gelida carrozza 7, parlando al cellulare e comunica che tra Forlì e Cesena sono fermi due treni e che tra il treno n. 9819 e i due treni sono presenti altri cinque in attesa. (!!!) Non sa altro e alla sua richiesta di assistenza per bevande calde e coperte sia a Rimini sia a Bologna, è stata data risposta negativa in quanto la protezione civile è già impegnata.  Successivamente viene fornita la seguente comunicazione: il treno è fermo causa neve e convogli che lo precedono.
(continua nella sezione Riceviamo e pubblichiamo) Lettera firmata




Le liberalizzazioni e gli affari di Montezemolo


La vicenda delle ferrovie mi pare un buon esempio di cosa significa la parola liberalizzazioni. Un tempo sulle ferrovie circolavano solo i treni dello Stato. Adesso, con le liberalizzazioni, anche i privati possono far circolare i loro treni. Così tra poco Montezemolo farà circolare i suoi treni ad alta velocità tra Roma e Milano. Qui vi è la prima fregatura. Sappiamo infatti che non tutte le linee ferroviarie rendono nello stesso modo. Sull’alta velocità da Roma a Milano c’è da guadagnare mentre sulla linea tra Roma e Avezzano – per non fare che un esempio – probabilmente il servizio è in perdita. Mentre prima i ricavi di una linea potevano coprire la perdita di un’altra e dare luogo a quello che chiamiamo un “servizio pubblico”, adesso le tratte dove ci si guadagna vedranno i privati prendersi una fetta di guadagni, mentre le tratte in perdita rimarranno allo Stato e probabilmente nei prossimi anni ci diranno che non ci sono i soldi per farle funzionare. Montezemolo guadagna e lo Stato e i cittadini ci perdono.

A questo primo passo il governo Monti ne ha aggiunto un altro. Nel decreto sulle liberalizzazioni è previsto il superamento del contratto nazionale di lavoro per le ferrovie. In altre parole Montezemolo non sarà obbligato ad applicare il contratto delle ferrovie e potrà applicare un contratto peggiore per i suoi dipendenti. Monti ha fatto per legge quello che Marchionne ha fatto con i suoi diktat alla Fiat. In questo modo potrà fare concorrenza alle Fs a partire dallo sfruttamento dei lavoratori. Immagino che dopo qualche mese di concorrenza al ribasso, Moretti dirà che deve licenziare dei ferrovieri a meno che non accettino anche loro di lavorare ad un costo inferiore.
(continua nella sezione Rassegna stampa) Paolo Ferrero, Il Fatto Quotidiano, 3-II-2012




La ragnatela multinazionale

Zurigo. Una rete di multinazionali determina i nostri destini. E’ quanto emerge da un rigoroso studio del Politecnico federale di Zurigo. Il rapporto, pubblicato nella rivista ScienceNews, identifica per la prima volta la “cupola” delle multinazionali che regge le sorti economiche del pianeta. E’ interessante notare gli incroci che coinvolgono circa 43.060 multinazionali, che attraverso formule di presenza azionaria e partecipativa che sfugge a qualsiasi regola, condizionano le economie degli Stati e determinano i destini delle Comunità.

Il carattere sovranazionale permette loro di agire sui mercati con l’unico scopo di determinare vantaggi verso la centrale di comando. Si tratterebbe di 147 multinazionali che hanno il controllo totale delle finanze del pianeta. Il sistema di interconnessione tra le varie società analizzato con criteri scientifici ha consentito agli studiosi di Zurigo di individuare una Top list nella quale figurano i due gruppi bancari UBS AG e Credit Suisse, rispettivamente al 9° ed al 14° posto. Insomma lo studio descrive un sistema complesso nel quale il dominio di queste 147 multinazionali, fondandosi sulla loro interdipendenza allo stesso tempo ne garantisce la sopravvivenza al di sopra degli Stati e delle stesse regole. In questi giorni l’antitrust elvetico che vigila sulla concorrenza, ComCom, ha messo sotto accusa un cartello di banche e gruppi finanziari che avrebbero predeterminato i prezzi di scambio favorendo attività speculative. Ovviamente molti appartenenti a questo cartello fanno parte della lista di colossi finanziari. Sono solo i primi indizi, ma l’inchiesta si ripromette di mettere alla luce questi scambi informativi anomali. (continua nella sezione Rassegna stampa) FQ Zurigo, Il Fatto quotidiano, 6-II-2012




COMUNICATO STAMPA



2 febbraio 1993 – 3 febbraio 2012
Per superare, senza dimenticare, le ragioni che hanno portato  ai gravi fatti del 2 febbraio 1993



Coerentemente con i motivi che ne hanno ispirato la nascita e con i fini stabiliti nello Statuto, Chieti nuova 3 febbraio sollecita i cittadini a non perdere il significato degli avvenimenti del passato e a non persistere in un costume politico fondato su trasformismo, consociativismo, clientelismo, favoritismi.
La grave crisi economica, politica, sociale, il problema del lavoro e la sua precarietà, la disoccupazione crescente, il diminuito potere di acquisto dei salari, la disillusione, la sfiducia, l’insicurezza possono indurre il cittadino a cercare protezione in gruppi creati sulla base di interessi personali, sfaldando, così, il tessuto democratico collettivo in clientele  e assumendo una posizione di subordinazione psicologica, morale e sociale nei confronti dei potenti, tollerando corruzione e illegalità.
I cittadini di Chieti, negli ultimi anni, in vario modo  hanno tentato di scrollarsi di dosso l’etichetta di vivere nella città camomilla,  dando segnali di risveglio civico.
Ora è il momento  di adoperarsi concretamente per innescare un processo capace di tessere nuove e diverse relazioni tra le persone, fondate sull’urgenza di liberarsi dal clientelismo, dall’utilitarismo, dalla logica del profitto ad ogni costo e basate sul rispetto reciproco, sulla passione civica, sul senso di responsabilità e sulla cultura della legalità, sull’esigenza di riacquistare lo spirito di appartenenza al proprio territorio, con scelte coraggiose, partecipando attivamente e criticamente alla vita della collettività, decidendo e verificando che le decisioni vengano attuate.
Coinvolgimento diretto e controllo democratico sono l’antidoto all’antipolitica  e alla fine della Democrazia.




Legge Lega-Pdl-Violante

Proprio in questi giorni l'Unità, tornata a essere l'organo ufficiale del Pd, si è lanciata in una delirante campagna in difesa di Ottaviano Del Turco, arrestato nel 2008 per tangenti, poi rinviato a giudizio e ora a processo. Anticipando la sentenza, l'Unità ha deciso che Del Turco è innocente a prescindere.

Ma sì, forse è meglio così. Ben venga il voto della Camera sull’emendamento leghista che costringerà i magistrati a pagare di tasca propria i “danni” a ogni persona indagata e poi assolta. Ben venga perché, anche se fosse approvato anche dal Senato e diventasse legge, non entrerebbe mai in vigore, visto che è contrario alla Costituzione e alla normativa europea: serve soltanto a spaventare i magistrati che si lasciano spaventare. Ben venga perché ci sveglia dal sogno che basti un governo tecnico per ripulire una politica marcia dalle fondamenta e cancellare vent’anni di berlusconismo bipartisan. Ben venga perché così è chiaro a tutti che, sulla giustizia e sulla tv, continua a comandare il laido piduista Pompetta B. E che il Parlamento che dovrebbe “fare le riforme”, cambiare la legge elettorale, combattere corruzione, mafia ed evasione è sempre quello che dichiarò Ruby nipote di Mubarak, varò una dozzina di leggi ad personam e salvò dal carcere Cosentino (due volte), Tedesco e Milanese. Ben venga perché costringe il governo Monti a uscire dalla comoda e ambigua “continuità” col precedente e a scegliere non fra destra e sinistra (etichette giurassiche), ma fra i due partiti trasversali che si fronteggiano da tempo immemorabile: quello dell’impunità e quello della legalità. Per fortuna, mentre il Parlamento si arrocca a difesa dei suoi delitti come quello spazzato via vent’anni fa da Mani Pulite, il partito della legalità cresce: lo testimoniano le oltre 16 mila firme raccolte in poche ore dalla legge del Fatto sulla responsabilità giuridica dei partiti dopo il caso Lusi. Ora la ministra Severino non può cavarsela con frasette alla vaselina per deplorare l’“intervento spot” che “rende poco armonioso il quadro complessivo”, auspicare “qualche miglioramento in seconda lettura”, previa “riflessione sul tema per riaprire il dialogo”, e annunciare “una seconda fase” (la solita, mitologica “fase 2”). Prendersela soltanto col Pdl e con la Lega è troppo facile: erano anni che tentavano di farla pagare (nel vero senso della parola) ai giudici per le indagini sui loro leader-lader. Ieri, fra i 261 sì alla porcata padan-berlusconiana, si annidavano – nascondendo la mano grazie al voto segreto avventatamente concesso da Fini – almeno 50 deputati dell’altro fronte (Pd, Udc, Fli e Idv). (continua nella sezione Rassegna stampa) Marco Travaglio, Triskel 182, 3-II-2012, pubblicato su Il Fatto Quotidiano del 03/02/2012.




L'alibi dell'impolitico

In due giorni Mario Monti ha intaccato un "tesoretto" di credibilità accumulato in tre mesi. La battuta sulla "monotonia del posto fisso", pronunciata sulla pelle di centinaia di migliaia di giovani che non hanno neanche quello variabile, è il primo, serio infortunio mediatico per il premier. La pessima gestione del voto sulla responsabilità civile dei magistrati, lasciata alle geometrie variabili di una maggioranza erratica e riluttante, è il primo, grave incidente politico per il governo.

Sul "merito" della norma c'è poco da dire. È un revolver puntato alla tempia di qualunque magistrato. Se un provvedimento del genere diventa legge, nessuna procura aprirà più un'inchiesta, nessun pubblico ministero avrà più il coraggio di istruire un'indagine, perseguire un'ipotesi di reato, scandagliare la "zona grigia" nella quale gli affari si mescolano alla politica.

La magistratura inquirente, prima ancora di quella giudicante, si limiterà a perseguire le "notitiae criminis" già evidenti, i delitti conclamati, i colpevoli colti in flagrante. Per arginare le pur frequenti istruttorie "sommarie" di qualche procuratore, e gli errori non infrequenti di qualche gip, si introduce nel sistema una minaccia permanente contro le toghe, che di fatto scardina (per altre vie) il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale. È la "Del Turco rule", ed ha effetti potenzialmente devastanti sul nostro ordinamento giudiziario. (continua nella sezione Rassegna stampa) Massimo Giannini, La Repubblica, 3-II-2012




Mercoledì 8 febbraio 2012, ore 18,15


Agenzia di Promozione Culturale - Regione Abruzzo
via della Liberazione, 32 - Chieti                                                                             ATTENZIONE !!!

L'INCONTRO E' RINVIATO CAUSA NEVE A DATA DA DESTINARSI

Conversazioni sul Linguaggio dell’Economia


Tezo incontro con Giorgio Bellelli e Gaetano Natelli




MICROMEGA


11 febbraio, la società civile in piazza con la Fiom - Firma l'appello
www.micromega.it


In una «Repubblica democratica fondata sul lavoro» quale l’Italia deve costituzionalmente essere, la libertà operaia è la libertà di tutti, la sicurezza del disoccupato e del precario è la sicurezza di tutti.
Ecco perché siamo convinti che la manifestazione nazionale indetta dalla Fiom per sabato 11 febbraio debba raccogliere attorno alle bandiere dei metalmeccanici tutte le forze vive della società civile.
Ecco perché invitiamo ogni cittadino che senta ancora come propri i valori della Costituzione, non solo ad aderire ma a farsi promotore e protagonista di questa manifestazione, partecipando ad organizzarla.
Ecco perché invitiamo ogni testata giornalistica e ogni sito che ritengano irrinunciabili i princìpi della Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza antifascista a mobilitare la propria forza di comunicazione e informazione, contro il muro di gomma di un monopolio massmediatico che sceglierà il silenzio.

L’Italia democratica ha bisogno di speranza, e solo la lotta tiene viva la speranza. L’impegno dei cittadini. Il tuo impegno.

Paolo Flores d’Arcais, Andrea Camilleri, Margherita Hack, Dario Fo, Antonio Tabucchi, don Andrea Gallo, Carlo Lucarelli, Fiorella Mannoia, Erri De Luca, Ascanio Celestini, Franca Rame, Stefano Rodotà, Luciano Gallino, Gustavo Zagrebelsky, Telmo Pievani, Moni Ovadia, Furio Colombo, Fabrizio Gifuni, Valerio Magrelli, Pierfranco Pellizzetti, Angelo d’Orsi, Roberto Esposito, Luciano Canfora, Massimiliano Fuksas, Carlo Galli, Franco ‘Bifo’ Berardi, Adriano Prosperi, Nadia Urbinati, Andrea Scanzi, Valerio Evangelisti, Carlo Formenti, Marco Revelli




Maurizio Landini: perchè scenderemo in piazza l’11 febbraio

La crisi economica e finanziaria che ha sconvolto le società occidentali sta presentando un conto pesantissimo per le lavoratrici, i lavoratori e i giovani nel nostro paese. Il bilancio drammatico dei suicidi dati dalla disperazione per la mancanza di speranza sul futuro dovrebbero allarmare chi nel corso degli ultimi due anni ha inforcato gli occhiali dell’eccezionalità che, con qualche azione tecnica, avrebbe nel giro di poco riattivato la crescita o se non altro almeno attenuato gli effetti del calo produttivo e dei consumi.

Il nuovo anno invece si è aperto con novità che non fanno ben sperare: le migliaia di esuberi dichiarati da Fincantieri, la mancanza di un piano industriale per la Fiat, la chiusura di uno stabilimento dell’Alcoa con cinquecento occupati a cui bisogna aggiungere l’indotto, solo per citare alcuni casi eclatanti. Inoltre, moltissime aziende hanno esaurito o stanno esaurendo gli ammortizzatori sociali con conseguenze di proporzioni ad oggi non quantificabili sull’occupazione. Il 2012 rischia di essere un anno nel segno dei licenziamenti. La crisi sta presentando un conto sociale pesante: chi un lavoro ce l’ha rischia di vederselo tolto e chi non lo ha, ha poche possibilità per trovarlo.

Per anni ci è stato spiegato che il mercato avrebbe perseguito il bene comune, come la «Dea bendata» della giustizia avrebbe di per sé ribilanciato i piatti della distribuzione del profitto, invece il 10 per cento del paese detiene quasi il 50 per cento delle ricchezze. Quello che stupisce è che questo non desti nessuno scandalo, anzi. L’opera di rimozione delle cause della crisi rende la crisi stessa un fenomeno straordinario ma naturale come uno tsunami che arriva imprevedibile, devasta e lascia dietro di sé macerie senza alcuna possibilità di intervenire per eliminare le cause che lo hanno scatenato. Forse l’unico sentimento che si riesce a provare per chi un lavoro lo perde o non riesce a trovarlo è un po di compassione proprio come verso le persone che hanno subito una calamità. Non può essere questa la lettura, perché così si è passati dall’incertezza del futuro alla paura del domani.

(continua nella sezione Rassegna stampa) Maurizio Landini, Micromega, I-2012


Lavoro, i diritti non sono in vendita”


11 febbraio, l’adesione di Stefano Rodotà

Ho aderito all’appello per la manifestazione dell’11 febbraio indetta dalla Fiom per molte ragioni che vanno anche al di là di quello che è l’oggetto specifico della mobilitazione, la tutela del lavoro, ma che non sono aggiunte pretestuose. Perché affrontare oggi le questioni del lavoro significa riprendere il filo di temi capitali quali sono quelli del rispetto della persona, della tutela della dignità, della necessità di non ridurre tutto alla misura e alla logica del mercato.

L’articolo 1 della Costituzione non soltanto ci dice che l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro – che non è un’affermazione puramente astratta, retorica o enfatica – ma attribuisce al lavoro in tutte le sue forme e manifestazioni – anche al di là di una analisi puramente di classe – un valore fondativo della repubblica.

Ma sappiamo che ci sono altre norme significative in questa materia. E vorrei fare riferimento a due tra queste.

1) L’art. 36 della Costituzione parla della retribuzione del lavoratore e dice che questa retribuzione deve garantire al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa. Il lavoro non è quindi soltanto la possibilità o il diritto di lavorare, ma attraverso la retribuzione è il modo per realizzare quella libera costruzione della personalità di cui la Costituzione parla al suo inizio. Questa è un’affermazione di carattere generale che riguarda tutti e che impone un vincolo all’imprenditore quale che esso sia, pubblico o privato. E che ci porta al di là della pura logica della sopravvivenza. La retribuzione deve garantire il minimo vitale? No, deve garantire l’esistenza libera e dignitosa. Ecco così che attraverso il discorso sul lavoro penetrano nel nostro sistema costituzionale e assumono particolare rilevanza i principi di libertà e dignità, uniti tra loro. Questo è un punto essenziale che in questo momento abbiamo visto messo in discussione: i ricatti nei confronti dei lavoratori, la riduzione dei salari, l’aumento delle ore di lavoro, le condizioni di lavoro, sono tutti elementi che contribuiscono a ridurre l’area della libertà e della dignità delle persone.

2) L’articolo 41 afferma la libertà dell’iniziativa economica privata e tuttavia pone un limite insuperabile nel fatto che non deve contrastare la sicurezza, la libertà e la dignità della persona. Di nuovo, la logica di mercato non può espropriare le persone di quelli che sono alcuni elementi costitutivi del loro essere in società. I costituenti furono lungimiranti, misero addirittura la sicurezza prima ancora della libertà e della dignità. E sappiamo quanto questo sia un punto assolutamente attuale con le morti e gli infortuni sul lavoro, che sono ancora un elemento drammatico del nostro panorama sociale, sul quale tante volte ha richiamato l’attenzione il Presidente della repubblica. La riduzione, in qualunque modo, della rilevanza di questi principi che si sta cercando di fare in molto modi è una regressione culturale e una violazione sostanziale della Costituzione. L’art 41 non può essere riletto, come ad esempio fa l’art. 1 del decreto “cresci Italia”, quasi che si limitasse ad affermare la libertà d’impresa e il principio di concorrenza. Questo tentativo di riduzione è assolutamente contradditorio col fatto che c’è un limite invalicabile rappresentato dal quei tre principi: sicurezza libertà e dignità.

Ecco perché penso che la manifestazione dell’11 febbraio sia importantissima in questo momento. Ci aiuta a mantenere aperta davanti all’opinione pubblica la discussione su questi temi e quindi può servirci a tenere viva la consapevolezza che si tratta di principi che non possiamo assolutamente abbandonare.
Stefano Rodotà, Micromega I-2012


Morto l'ex presidente Oscar Luigi Scalfaro
Ricoprì tutte le più alte cariche dello Stato


ROMA - Oscar Luigi Scalfaro è morto questa notte a Roma. Nato a Novara il 9 settembre del 1918, membro dell'ASSEMBLEA COSTITUENTE, Scalfaro fu eletto in Parlamento nel 1946; ininterrottamente deputato fino al 1992, da presidente della Camera, fu eletto Capo dello Stato, carica ricoperta fino al 1999; presidente del Coordinamento dei Comitati in difesa della Costituzione.




Una sera a Novate Milanese”

Furono particolarmente forti le emozioni che provai la sera del 15 dicembre del 2004, intervenendo in una delle manifestazioni – Costituzione: un patrimonio da salvaguardare – nello stracolmo auditorium di Novate Milanese, un paese alle porte di Milano, al fianco di Oscar Luigi Scalfaro.
Le emozioni non scaturivano certo dai temi tecnici trattati ma dalle parole di quell’uomo infaticabile, uno dei padri della Repubblica, che, con l’entusiasmo di un trentenne, si batteva e si batte ancora contro la dissoluzione dello Stato di diritto. Passava dal Senato alle piazze, dai teatri delle metropoli alle parrocchie dei paesi; sapeva parlare ad anziani ex partigiani e a giovani studenti, ai genitori e ai figli, a tutti; e sempre lo faceva a braccio, senza testi scritti davanti, con lucidità di ricordi e profondità di analisi.
Eravamo abituati a considerarlo un politico illuminato, ma certamente anche moderato. E il fatto che fosse stato in gioventù un magistrato era un dato quasi perso nella nostra memoria: ne ricordavamo soprattutto la lunga e prestigiosa carriera politica fino alla più alta carica dello Stato. Ma Scalfaro era ormai anche l’acclamata guida del Coordinamento dei comitati contro la riforma costituzionale che proliferavano come funghi in tutto il paese. Egli si era trasformato in testimone itinerante di verità, per questo venendo immediatamente qualificato come estremista, sovversivo, nemico del governo e della maggioranza dell’epoca. E così ancora oggi. Strana sorte per chi, dopo Rognoni, era stato ministro dell’Interno durante gli anni bui del terrorismo; bizzarro destino per chi aveva rappresentato l’unità dello Stato e impedito che Previti diventasse ministro della Giustizia.

L’avevo sentito parlare con la consueta passione varie altre volte, ma mai ero stato seduto al suo fianco per oltre due ore, a parlare con lui, prima di lui, a commuovermi ascoltandolo raccontare di quando, a ventisette anni, sedeva come costituente accanto a giuristi eccelsi, che però egli ricordava soprattutto come «per-sone che non avevano mai piegato la schiena dinanzi alla dittatura pagando di persona con il carcere, il che vale più di ogni scienza giuridica». Perché – diceva Scalfaro – «la schiena dritta devono averla tutti, pure i padri di famiglia, anche se, per tenerla dritta, la schiena bisogna prima averla». Perché ricordava che «questa riforma costituzionale è aberrante ed intollerabile», aggiungendo, a proposito dell’atteggiamento del Parlamento e di quanti – ex democristiani e suoi ex compagni di partito in testa (le «tigri di carta» le aveva definite Eugenio Scalfari) – si piegavano al volere di uno solo, «di avere conosciuto un solo carattere dell’animo umano veramente immutabile nel tempo, la vocazione ad essere servi!». Perché ammoniva tutti a non perdere la memoria dei pilastri su cui è fondata la nostra Repubblica: «il grande NO alla dittatura fascista, le sofferenze di chi vi si è opposto, la lotta partigiana». Perché tuonava contro la vergogna dei processi in tv, ad uso e consumo dei potenti e degli avvocati di turno. Perché incitava i cittadini a non accontentarsi delle «verità parziali che sono come le menzogne totali» e li invitava a ricordare che «garante della Costituzione è ciascuno di voi e che si voterà per difendere libertà e democrazia nel paese». Perché ricordava che la nostra Costituzione non fu approvata da quattro-cinque persone duran¬te un weekend in un’amena località di montagna, ma dopo diciotto mesi di lavoro da 556 parlamentari e giuristi di ogni estrazione. Perché concluse il suo intervento rivendicando orgogliosamente il suo passato di magistrato e perché mi chiamò – quella sera e altre ancora – «collega». Alla fine la gente lo soffocò di abbracci e di strette di mano e a tutti – dico a tutti – Scalfaro riservava un sorriso, una parola, una domanda affettuosa, una dedica su un libro o su un qualsiasi pezzo di carta stropicciata, sotto gli occhi devoti dei suoi uomini di scorta, che lo accompagnavano come figli di un padre da preservare in eterno. Salutandolo, gli confidai che l’indomani sarebbe stato il mio compleanno e lo ringraziai per quel dono ricco ed esaltante – le sue parole – che quella sera avevo ricevuto. Abbracciandomi, mi disse: «Auguri infiniti, caro collega, posso darle del tu?».
Armando Spataro




Inaugurazione anno giudiziario - Trento
Intervento  di Pasquale Profiti, presidente Associazione Nazionale Magistrati – sez. distrettuale


"In rappresentanza dei magistrati italiani il 30 gennaio 2010 ho alzato con orgoglio la Costituzione italiana a testa alta e con la schiena dritta.
In rappresentanza dei magistrati italiani ho confessato, il 29 gennaio 2011, la nostra eversione a difesa di quella Costituzione.
È arrivato oggi il momento, finalmente, di poter e dover guardare dentro di noi.
Dentro di noi abbiamo già trovato e troveremmo ancora non solo i collusi con i potenti, i venduti al miglior offerente, ma anche chi semplicemente s'inchina alle chiamate del politico, anche se quel politico offende la nostra dignità o getta fango su chi, come noi, ha giurato fedeltà alla Costituzione.
Dentro di noi abbiamo già trovato coloro che intendono il proprio ruolo, la propria notorietà, la propria carriera, la propria nomina a Presidente o a Procuratore non come un servizio, un'assunzione di responsabilità ulteriore, ma un motivo di prestigio personale, di sfoggio d'importanza ed autorità, per ottenere piccoli o grandi vantaggi negli esercizi commerciali o nelle località turistiche, nell'utilizzo delle auto di servizio o del personale dell'amministrazione.
Dentro di noi troveremmo talvolta la nostra incapacità a confrontarci con l'altra faccia dell'indipendenza: la responsabilità. Quella responsabilità che imporrebbe l'utilizzo scrupoloso delle scarse risorse, di seguire l'esito dei processi, il numero di coloro che, prima arrestati, sono stati poi assolti ed hanno quindi ingiustamente sofferto privazioni della libertà personale. Non per censurare o sanzionare, ma per registrare anomalie, per migliorarsi e per sapere ammettere i nostri errori, eventualmente chiedendo scusa. Quella responsabilità che imporrebbe di valutare il nostro lavoro più sulle conciliazioni tra i contendenti che non sulle pubblicazioni delle nostre sentenze nelle riviste giuridiche, sentenze che fanno sfoggio di erudizione molto spesso fine a se stessa.

(continua nella sezione Rassegna stampa) L’Adige, 28-I-2012


Cresce soltanto la povertà

Indagine sui redditi degli Italiani

Una indagine Bankitalia rivela che i redditi non crescono e i poveri costituiscono ormai il 14,4% (40% tra gli immigrati). Peggiora la distribuzione della ricchezza: al 10% della popolazione quasi il 50% del totale …Roberto Tesi, Il Manifesto, 24-I-2012




APPELLO

L'Università che vogliamo

Il sapere tecnoscientifico, da sé, interamente finalizzato alla crescita economica e senza un progetto equo e solidale di società, privo della luce della cultura critica, è destinato a fallire. Inseguire gli Usa su questa strada è aberrante. La crisi in cui versa il mondo rivela l'erroneità irrimediabile di una strategia da cui bisogna uscire al più presto.

Per questa ragione, i firmatari del presente Manifesto indicano i punti programmatici cui dovrebbe ispirarsi un progetto di università che avvii la fuoriuscita dal modello liberistico di un'Europa ormai sull'orlo del collasso.

L'Università italiana sopravvive, difficoltosamente, in una condizione di disagio e di crescente emarginazione che ha pochi termini di confronto nella storia recente. Essa ha visto fortemente ridotte le risorse economiche per il suo funzionamento, molto prima che si manifestasse la crisi mondiale e malgrado le modeste dotazioni di partenza rispetto agli altri Paesi industrializzati. Tutti i saperi umanistici e buona parte delle scienze sociali sono da tempo sfavoriti, a beneficio di discipline che si immaginano più direttamente utili alla crescita economica, o genericamente al "mercato".

Si tratta di una tendenza in atto da anni che ci accomuna all'Europa e a larga parte del mondo. A tutti gli insegnamenti viene richiesto di fornire un sapere utile,

trasformabile in valore di mercato, altrimenti sono ritenuti economicamente non sostenibili. Perciò oggi si sta scatenando negli atenei la definizione dei "criteri di valutazione", al fine di misurare la "produttività" scientifica degli studiosi, come si misura una qualsivoglia quantità calcolabile. Anche per questo, le università europee sono sotto l'assedio quotidiano di un flusso continuo di disposizioni normative, che soffocano i docenti in pratiche quotidiane di interpretazione e applicazione quasi sempre di breve durata. Sempre minore è il tempo per gli studi e la ricerca, mentre la vita quotidiana di chi vive nelle facoltà - docenti, studenti, personale amministrativo - è letteralmente soffocata da compiti organizzativi interni mutevoli, spesso di difficile comprensione, quasi sempre pleonastici. (continua nella sezione Rassegna stampa)

Piero Bevilacqua e Angelo d'Orsi (Un. La Sapienza di Roma e Un. di Torino)

Per aderire inviare una e-mail a: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. specificando disciplina e sede lavorativa




Semplificare senza sacrifici

Vi sono due punti nel decreto sulle liberalizzazioni che meritano d´essere sottolineati per il loro notevole significato di principio. Il primo riguarda l´eliminazione della norma che, vietando ai Comuni di costituire aziende speciali per la gestione del servizio idrico, contrastava visibilmente con il risultato del referendum sull´acqua come bene comune. Abbandonando questa via pericolosa e illegittima, il governo non ha ceduto ad alcuna pressione corporativa ma ha fatto il suo dovere, rispettando la volontà di 27 milioni di cittadini. Certo, la costruzione degli strumenti istituzionali necessari per dare concretezza alla categoria dei beni comuni incontrerà altri ostacoli nel modo in cui lo stesso decreto disciplina nel loro insieme i servizi pubblici. Ma il disconoscimento di una volontà formalmente manifestata con un voto avrebbe gravemente pregiudicato il già precario rapporto tra cittadini e istituzioni, inducendo ancor di più le persone a dubitare dell´utilità di impegnarsi nella politica usando tutti i mezzi costituzionalmente legittimi. Vale la pena di aggiungere che questa scelta può essere valutata considerando anche l´annuncio del ministro Passera relativo all´assegnazione delle frequenze, da lui definite nella conferenza stampa come “beni pubblici” di cui, dunque, non si può disporre nell´interesse esclusivo di ben individuati interessi privati. Senza voler sopravvalutare segnali ancora deboli, si può dire che il ricco, variegato e combattivo movimento per i beni comuni non solo ha riportato una piccola, importante vittoria, ma ha trovato una legittimazione ulteriore per proseguire nella sua azione.

Questa associazione tra acqua e frequenze non è arbitraria, poiché la ritroviamo nelle proposte della Commissione ministeriale sulla riforma dei beni pubblici. Si dovrebbe sperare che i partiti non continuino soltanto a fare da spettatori alle gesta del governo, ma comincino a rendersi conto delle loro specifiche responsabilità. Tra queste, oggi, vi è proprio quella che riguarda una nuova disciplina dei beni, per la quale già sono state presentate proposte in Parlamento, e che è indispensabile perché le categorie dei beni corrispondano a una realtà economica e sociale lontanissima da quella che, sessant´anni fa, costituiva il riferimento del codice civile. Se questa riforma fosse stata già realizzata, non sarebbe stata possibile la vergogna del “beauty contest” sulle frequenze. E ci risparmieremmo molte delle approssimazioni su una via italiana al risanamento che contempli massicce dismissioni di beni pubblici, quasi che la loro vocazione sia solo quella di far cassa e non la realizzazione di specifiche finalità che le istituzioni pubbliche non possono abbandonare.

(continua nella sezione Rassegna stampa) Stefano Rodotà, 23/01/2012, triskel182

 


Riceviamo e pubblichiamo

CVM Comunità Volontari per il Mondo con FOCSIV

in occasione del 40esimo anniversario di nascita della Federazione

presenta la 3° edizione della tavola rotonda

IMMIGRAZIONE E INTEGRAZIONE

Immigrazione, lavoro e sviluppo”



Mercoledì 1 febbraio  2012 ore 17.30  Teatro Marrucino – Chieti

Sono 4.570.317 gli stranieri residenti in Italia al 1° gennaio 2011, 335 mila in più rispetto all'anno precedente (+7,9%). In Abruzzo, nell’ultimo anno, si è registrata una crescita della presenza di immigrati dell'9,6% con un totale di 80.987 mila residenti stranieri. I numeri delle presenze ovviamente aumentano in maniera esponenziale se si prendono in considerazione anche i cittadini stranieri non in regola con il permesso di soggiorno. I dati emersi lo dicono chiaramente, anche nella nostra regione, sempre più sta emergendo una società estremamente composita e multietnica, dove si incontrano volti, linguaggi, usanze, storie, sapori, appartenenti a culture diverse. La terza edizione della tavola rotonda che quest’anno affronterà il tema “Immigrazione, lavoro e Sviluppo”, analizzerà il rapporto tra le politiche di occupazione, le politiche migratorie e le politiche di cooperazione allo sviluppo e proporrà una progettualità concreta che renda possibile percorsi di migrazione che siano fattore di sviluppo per le persone, per le comunità e per i paesi di origine. Ospiti d’eccezione saranno: GAD LERNER, giornalista televisivo, BRUNO FORTE, arcivescovo di Chieti – Vasto e teologo, JEAN PAUL POUGALA, imprenditore, scrittore e docente di Geopolitica e di Sociologia all'Université de la Diplomatie di Ginevra, miglior imprenditore straniero in Italia del 2011 e GIANFRANCO CATTAI presidente FOCSIV. Daranno il loro contributo per le conclusioni come ogni anno anche due politici locali, il Sen. GIOVANNI LEGNINI, presente a tutte le edizioni e il sindaco di Chieti, UMBERTO DI PRIMIO.

La tavola rotonda, patrocinata dalla Presidenza del Consiglio della Regione Abruzzo, dal Comune, dalla Provincia, dalla Prefettura e dall’Università “G. D’Annunzio” di Chieti, promossa in collaborazione con la Caritas dell’Arcidiocesi di Chieti Vasto e la Migrantes regionale sarà moderata dal dr. Filippo Di Giovanni, della Caritas Diocesana di Chieti. Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.


 

Per il giorno della Memoria


Lunedì 23 gennaio 2012, ore 16,30


Aula magna del Liceo Ginnasio “G. B. Vico”- Chieti



Proiezione del film
Tarda Estate


Testimonianze sulla II Guerra Mondiale
di
Gianni e Valeria Di Claudio


Interviene
Ermando Parete
sopravvissuto al campo di concentramento di Dachau



Legge 20 luglio 2000, n. 211:
La Repubblica riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli Italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di stermino, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.

A cura dell’
Associazione Chieti nuova 3 febbraio, in collaborazione con l’Istituto Tecnico “F. Galiani”, l’Istituto di Studi Superiori “G. B. Vico”, l’Agenzia di promozione Culturale Regione Abruzzo-Chieti, l’ANCE-Giovani Imprenditori-Chieti,  la Confesercenti, l’associazione UNITRE. Aderisce l’Istituto Magistrale “Isabella Gonzaga”




Ricordo del tenente Carlo Cavorso internato nei lager nazisti

Suscitano amare riflessioni le esequie del prof. Carlo Cavorso, deceduto il 29 dicembre u.s. all’età di 94 anni. Era noto ai concittadini come stimato docente, avendo insegnato per moltissimi anni Ragioneria nell’Istituto Tecnico Commerciale “Ferdinando Galiani” di Chieti, e come fratello di Nicola Cavorso, partigiano della Banda Palombaro, fucilato con altri otto combattenti a Colle Pineta di Pescara l’11 febbraio 1944; ma pochissimi conoscono la drammatica esperienza della sua prigionia durante la seconda guerra mondiale. Conservava preziosi e interessanti documenti riguardanti la propria famiglia, la vicenda sua e del fratello, i processi ai collaborazionisti celebrati nel dopoguerra. In anni recenti li ha messi generosamente a disposizione degli studiosi interessati ad approfondire la storia della Resistenza a Chieti e in provincia. Chi scrive lo ha intervistato due volte: la prima, il 28 ottobre 2004, per mettere a fuoco la vicenda di Nicolino (l’attività come partigiano; l’arresto con la madre, la zia e una cugina; le torture; la prigionia nell’ex carcere di S. Francesco da Paola; il tentativo di fuga; il processo in un’aula del municipio; le due ultime lettere alla madre; la condanna a morte; la fucilazione; il ritrovamento dei corpi; l’erezione del cippo sul luogo del martirio); la seconda, il 5 novembre 2007, per la narrazione della sua vicenda come internato nei lager; una vicenda che non va dimenticata, ma resa pubblica, affinché sia oggetto di riflessione e parli alle coscienze dei concittadini. Nell’intervista il professore l’ha raccontata con tono pacato e apparentemente distaccato, senza enfasi e autoesaltazione.
(continua nella sezione Riceviamo e pubblichiamo) Filippo Paziente


Riceviamo e pubblichiamo

Oggi potrebbe essere il giorno in cui salviamo la libertà di internet

Il Congresso americano era sul punto di adottare una legge che avrebbe dato ai funzionari il potere di proibire l'accesso a qualunque sito internet in qualunque parte del mondo. Ma dopo che abbiamo consegnato la nostra petizione di 1 milione e 250 mila firme alla Casa Bianca, questa si è schierata contro la legge e con una pressione pubblica in ebollizione anche alcuni sostenitori della legge hanno cambiato posizione. La protesta guidata da Wikipedia ha sbattuto la protesta sulle prime pagine dei giornali.

Stiamo invertendo il corso di questa storia. Ma i poteri forti che spingono per la censura stanno facendo di tutto per mandare in porto la legge. Affondiamola oggi una volta per tutte: clicca per firmare questa petizione urgente per salvare internet e se hai già firmato manda email, telefona, usa Facebook e Twitter per farti sentire dal Congresso e dalle lobby. Poi inoltra questo messaggio a tutti:

http://www.avaaz.org/it/save_the_internet_action_center_b/?vl

Questa legge trasformerebbe gli Stati Uniti nel peggiore censore di internet al mondo, unendosi nelle classifiche a paesi come Cina e Iran. La legge per fermare la pirateria online (SOPA) e la legge per proteggere l'IP (PIPA) darebbero al governo americano il potere di bloccare chiunque di noi dall'accedere a siti come YouTube, Google o Facebook.

Siamo riusciti a far cambiare posizione alla Casa Bianca e ora la nostra campagna globale e la crescente pressione dell'opinione pubblica stanno costringendo il Congresso ad accantonare la legge. Lo scorso finesettimana il senatore Cardin, copromotore della legge, ha annunciato che voterà contro!

Solo pochi giorni fa ci dicevano che era impossibile fermare il complotto censorio delle multinazionali, ma ora siamo a un punto di svolta e potremmo portare a casa una vittoria mozzafiato! Fermiamo oggi la censura americana. Firma questa petizione urgente per salvare internet adesso e inoltrala a tutti:

http://www.avaaz.org/it/save_the_internet_action_center_b/?vl

Questa legge americana potrebbe calpestare le libertà di tutti noi. Ma se vinceremo dimostreremo che quando le persone si uniscono da tutte le parti del mondo sotto un'unica voce, insieme possiamo fermare l'abuso di potere ovunque. Siamo riusciti a portare questa legge davanti a un baratro: ora, se riusciremo ad aumentare le nostre voci oggi, potremo porre fine al più grande pericolo di censura su internet che il mondo abbia mai visto prima.

Con speranza
Dalia, Ian, Alice, Ricken, Diego, David e il team di Avaaz

 

 


Operazione "Caligola"

 


Consulenze in cambio di appalti
Nuovo arresto per Lamberto Quarta
Indagato anche Alfredo Castiglione

PESCARA. Stamattina la Squadra Mobile di Pescara, sotto la direzione della Procura della Repubblica di L’Aquila (procuratore Alfredo Rossini e pm Antonietta Picardi), ha dato esecuzione a sette misure cautelari.
Il gip che ha firmato l’ordinanza è Marco Billi. In manette Lamberto Quarta (già arrestato il 14 luglio del 2008 nell’ambito dell’inchiesta Sanitopoli) in qualità di consulente della società Ecosfera, Duilio Gruttadauria, nato a Caltanissetta nel 1950, domiciliato a Carsoli, presidente del consiglio d’amministrazione e socio della società Ecosfera Gruppo spa con sede in Roma.
Poi ancora sono stati arrestati Anna Maria Teodoro, moglie di Gruttadauria, socio della società Ecosfera Gruppo spa, Giovanna Andreola, dirigente del Servizio Attività Internazionali presso la Regione Abruzzo, Michele Galdi, marito di Andreola, Corrado Troiano socio della società Cyborg srl con sede a Chieti, Mario Gay, vice presidente dell'Osservatorio Interregionale Cooperazione Sviluppo (OICS) con sede in Roma.
I primi quattro sono destinatari della misura della custodia cautelare in carcere, mentre gli altri tre della misura degli arresti domiciliari.
Gruttadauria, Teodoro, Quarta, Andreola, Galdi e Troiano sono indagati per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione aggravata, Gay è indagato per il reato di corruzione aggravata. Gruttadauria, Teodoro, Quarta, Andreola e Gay devono rispondere anche del reato di falso in atti pubblici e occultamento di atto pubblico.
Le complesse attività d’indagine, condotte anche con l’ausilio di numerose intercettazioni telefoniche ed ambientali, hanno consentito di accertare l’esistenza di un’associazione criminale tesa a condizionare l’affidamento di commesse pubbliche in cambio di contropartite economiche consistenti in contratti di consulenza e/o assunzioni clientelari.
In particolare, gli illeciti accertati sono inerenti alla fraudolenta aggiudicazione in favore di Ecosfera di una pubblica gara per “l’affidamento in appalto del servizio di valutazione in itinere del programma di Cooperazione transfrontaliera Ipa Adriatico 2007 – 2013” pubblicata in data 28.12.2010 dall’Osservatorio Intteregionale; inoltre, sono inerenti anche ad altre vicende tra cui l’assegnazione di una commessa relativa alla realizzazione di un programma applicativo (software) per il monitoraggio del POR-FERS 2007-2013 in favore della Cyborg srl, un’altra società che, al pari di Ecosfera, è stata oggetto di indagine.
La società Ecosfera negli ultimi 10 anni è stata molto presente nella nostra regione lavorando soprattutto con la amministrazioni pubbliche…
PrimaDaNoi, 16-I-2012


Riceviamo e pubblichiamo

Comunicato stampa del 18 gennaio 2012


GIÙ LE MANI DALL’ACQUA E DALLA DEMOCRAZIA:
IL MIO VOTO VA RISPETTATO


Il Comitato locale Acqua e Beni Comuni  di Chieti invita i 25.000 cittadini (24.873 per il primo quesito; 25.124 per il secondo: ben oltre la metà degli elettori del capoluogo) che hanno votato Sì ai due referendum sull’acqua  a prendere coscienza del fatto che quella eccezionale vittoria democratica rischia di essere vanificata per effetto delle cosiddette liberalizzazioni programmate dal Governo Monti. Nel caso dell’acqua “liberalizzare” significa regalare ai privati un bene comune in regime di monopolio di fatto.
In Abruzzo la gestione dell’acqua è oggi affidata a una legge regionale, assurdamente varata alla vigilia del referendum, senza aspettarne l’esito, e comunque mal costruita. Sulla base di quella legge Chieti, insieme a diversi altri Comuni della sua provincia e ad alcuni Comuni del Teramano, non può esprimere il proprio voto sulla gestione e programmazione del Servizio Idrico Integrato. Nell’assemblea dei sindaci (ASSI) della Provincia di Chieti il Comune di Chieti non ha potuto votare il Piano d’Ambito che programma gli investimenti sino al 2027 perché la SpA a capitale pubblico che gestisce il servizio nel territorio teatino, la SASI, non fornisce acqua al capoluogo. Ma il Comune di Chieti non ha voto neppure nell’ASSI di Pescara, perché è in un’altra provincia, benché sia il gestore del pescarese, l’ACA, a rifornirla! Gestione e investimenti condizionati per quasi trent’anni con un capoluogo di provincia nonché città tra le più popolate d’Abruzzo impossibilitata a far pesare le proprie scelte: ci si aspetterebbe una fiera protesta e invece nelle più recenti assemblee SASI (a Santa Maria Imbaro per il Chietino e a Pescara) il Comune di Chieti ha brillato per la sua assenza.
(continua in Riceviamo e pubblichiamo) Comitato ACQUA E BENI COMUNI CHIETI - Il portavoce Luciano Di Tizio


SALVIAMO IL REFERENDUM DELL’ACQUA

TRADIMENTO MONTI


Era il 13 giugno , esattamente 7 mesi fa ,quando 26 milioni di italiani/e sancivano l’acqua bene comune :”
Ubriachi eravamo di gioia… le spalle cariche dei propri covoni!(Salmo,126)
E oggi,13 gennaio ritorniamo a “
seminare nel pianto...” (Salmo,126) perché il governo Monti vuole privatizzare la Madre.
Sapevamo che il governo Monti era un governo di banche e banchieri, ma mai ,mai ci saremmo aspettati che un governo ,cosidetto tecnico, osasse di nuovo mettere le mani sull’acqua, la Madre di tutta la vita sul pianeta.
E’ quanto emerge oramai con chiarezza dalla fase 2  dell’attuale  governo, che impone le liberalizzazioni in tutti i settori.Infatti le dichiarazioni di ministri e sottosegretari, in questi ultimi giorni, sembrano indicare che quella è la strada anche per l’acqua.
Iniziando con le affermazioni di A.Catricalà, sottosegretario alla Presidenza, che ha detto che l’acqua è uno dei settori da aprire al mercato.E C.Passera, ministro all’economia,ha affermato :”Il referendum ha fatto saltare il meccanismo che rende obbligatoria la cessione ai privati del servizio di gestione dell’acqua, ma non ha mai impedito in sé la liberalizzazione del settore.” E ancora più spudoratamente il sottosegretario all’economia G.Polillo ha rincarato la dose: “Il referendum sull’acqua è stato un mezzo imbroglio. Sia chiaro che l’acqua è e rimane un bene pubblico.E’ il servizio di distribuzione che va liberalizzato.”E non meno clamorosa è l’affermazione del ministro dell’ambiente C.Clini:”Il costo dell’acqua oggi in Italia non corrisponde al servizio reso…..La gestione dell’acqua come risorsa pubblica deve corrispondere alla valorizzazione del contenuto economico della gestione.”
Forse tutte queste dichiarazioni preannunciavano il decreto del governo (che sarà votato il 19 gennaio) che all’art.20 afferma che il servizio idrico- considerato servizio di interesse economico generale- potrebbe essere gestito solo tramite gara o da società per azioni, eliminando così la gestione pubblica del servizio idrico. Per dirla ancora più semplicemente, si vuole eliminare l’esperienza che ha iniziato il Comune di Napoli che ha trasformato la società per azioni a totale capitale pubblico(ARIN ) in ABC (Acqua Bene Comune-Ente di diritto pubblico).
E’ il tradimento totale del referendum che prevedeva la gestione pubblica dell’acqua senza scopo di lucro .E’ il tradimento del governo dei professori.E’ il tradimento della democrazia.
Per i potentati economico-finanziari italiani l’acqua è un boccone troppo ghiotto da farselo sfuggire.Per le grandi multinazionali europee dell’acqua(Veolia,Suez,Coca-Cola…) che da Bruxelles spingono il governo Monti verso la privatizzazione, temono e tremano per la nostra vittoria referendaria,soprattutto il contagio in Europa.
“Un potere immorale e mafioso –ha giustamente scritto Roberto Lessio, nel suo libro All’ombra dell’acqua- si sta impossessando dell’acqua del pianeta.E’ in corso l’ultima guerra per il possesso finale dell’ultima merce:l’acqua.Per i tanti processi di privatizzazione dei servizi pubblici in corso, quello dell’accesso all’acqua è il più criminale.Perchè è il più disonesto, il più sporco, il più pericoloso per l’esistenza umana.”
Per questo dobbiamo reagire tutti con forza a tutti i livelli, mobilitandoci per difendere l’esito referendario, ben sapendo che è in gioco anche la nostra democrazia.
Chiediamo al più presto una mobilitazione nazionale, da tenersi a Roma perché questo governo ascolti la voce di quei milioni di italiani/e che hanno votato perché l’acqua resti pubblica .
Chiediamo altresì che il governo Monti riceva il Forum italiano dei movimenti per l’acqua,ciò che ci è stato negato finora.
Rilanciamo con forza la campagna di “obbedienza al referendum” per trasformare le Spa in Ente di diritto pubblico(disobbedendo così al governo Monti).
Sollecitiamo i Comuni a manifestare la propria disobbedienza alla privatizzazione dell’acqua con striscioni e bandiere dell’acqua.
E infine ai 26 milioni di cittadini/e di manifestare il proprio dissenso esponendo  dal proprio balcone ,uno striscione con la scritta :”Giù le mani dall’acqua”!
In piedi , popolo dell’acqua!
Ce l’abbiamo fatta con il referendum, ce la faremo anche adesso !
E di nuovo la nostra bocca esploderà di gioia (Salmo,126).
Alex Zanotelli,  Napoli, 13 gennaio 2012

 


Riceviamo e pubblichiamo

 

APPELLO GIÙ LE MANI DALL’ACQUA

E DALLA DEMOCRAZIA!



(124 firmatari)

Il 12 e 13 giugno scorsi 26 milioni di donne e uomini hanno votato per l’affermazione dell’acqua come bene comune e diritto umano universale e per la sua gestione partecipativa e senza logiche di profitto.

Le stesse persone hanno votato anche la difesa dei servizi pubblici locali dalle strategie di privatizzazione: una grande e diffusa partecipazione popolare, che si è espressa in ogni territorio, dimostrando la grande vitalità democratica di una società in movimento e la capacità di attivare un nuovo rapporto tra cittadini e Stato attraverso la politica.

Il voto ha posto il nuovo linguaggio dei beni comuni e della partecipazione democratica come base fondamentale di un possibile nuovo modello sociale capace di rispondere alle drammatiche contraddizioni di una crisi economico-finanziaria sociale ed ecologica senza precedenti.

A questa straordinaria esperienza di democrazia il precedente Governo Berlusconi ha risposto con un attacco diretto al voto referendario, riproponendo le stesse norme abrogate con l’esclusione solo formale del servizio idrico integrato.

Adesso, utilizzando come espediente la precipitazione della crisi economico-finanziaria e del debito, il Governo guidato da Mario Monti si appresta a replicare ed approfondire tale attacco attraverso un decreto quadro sulle strategie di liberalizzazione che vuole intervenire direttamente anche sull’acqua, forse addirittura in parallelo ad un analogo provvedimento a livello di Unione Europea che segua la falsariga di quanto venne proposto anni addietro con la direttiva Bolkestein. In questo modo si vuole mettere all’angolo l’espressione democratica della maggioranza assoluta del popolo italiano, schiacciare ogni voce critica rispetto alla egemonia delle leggi di mercato ed evitare che il “contagio” si estenda fuori Italia.

Noi non ci stiamo.

L’acqua non è una merce, ma un bene comune che appartiene a tutti gli esseri viventi e a nessuno in maniera esclusiva, e tanto meno può essere affidata in gestione al mercato.

I beni comuni sono l’humus del legame sociale fra le persone e non merci per la speculazione finanziaria.

Ma sorge, a questo punto, una enorme e fondamentale questione che riguarda la democrazia: nessuna “esigenza” di qualsivoglia mercato può impunemente violare l’esito di una consultazione democratica, garantita dalla Costituzione, nella quale si è espressa senza equivoci la maggioranza assoluta del popolo italiano.

Chiediamo con determinazione al Governo Monti di interrompere da subito la strada intrapresa.

Chiediamo a tutti i partiti, a tutte le forze sociali e sindacali di prendere immediata posizione per il rispetto del voto democratico del popolo italiano.

Chiediamo alle donne e agli uomini di questo paese di sottoscrivere questo appello e di prepararsi alla mobilitazione per la difesa del voto referendario.

Oggi più che mai, si scrive acqua e si legge democrazia.

Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua

Firma anche Tu




Non guardate il dito, guardate la Luna


E tenete la mano sul portafoglio. Perché questo 2012, anche lasciando stare i Maya, preannuncia grosse sorprese.

Qui vi espongo alcune cifre, che sembrano spiegare bene cos’è il dito e cos’è la Luna.

Il dito siamo noi, l’Europa. Che è stata appena bombardata. Gli stormi di bombardieri della Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch hanno appena affondato la Grecia e colpito altri sette paesi europei: Francia, Italia, Austria, Spagna, Portogallo, Cipro, Malta, Slovacchia e Slovenia. Lesionata l’Ungheria, che sta per affondare anche se è fuori dall’Euro.

Tutti guardano il dito e pensano: ahinoi, stiamo affondando tutti! I bond greci a un anno, alla fine di luglio erano comprati e venduti al tasso d’interesse del 40%. Adesso gli stessi richiedono il pagamento di un interesse del 396%. Addio Grecia. I possessori dei titoli del debito privato greco, nel frattempo, alla chetichella, li hanno venduti quasi tutti agli hedge funds, i cui proprietari sono gli avventurieri irrintracciabili con sedi nei paradisi fiscali protetti da Londra. Ogni negoziato con loro è praticamente impossibile. La Grecia è fallita.

Gli altri europei sono stati messi in fila allo stesso sportello fallimentare. Anche la Francia affonda. L’asse franco-tedesco si rompe per decisioni prese oltre Atlantico. Si salvi chi può! Probabilmente è vero.

Ma sarebbe utile dare un’occhiata ai bombardieri. Che hanno preso il volo da Wall Street e Londra. E lassù stanno peggio. Il Governo Federale degli Stati Uniti deve chiedere un nuovo prestito di 6,2 trilioni di dollari prima della fine del mandato di Barack Obama. Il debito americano è aumentato di 15 volte negli ultimi trent’anni. So bene che Washington si stampa i dollari che vuole. Ma questo debito aumenta, ogni anno di un trilione di dollari. Cioè mille miliardi. La barca Usa naviga in acque torbide, dove – se si fa la somma di tutti i debiti, pubblici, privati, delle imprese – ogni famiglia americana deve pagare un debito medio di 683.000 dollari.

Non reggerà a lungo. Forse non regge più neppure per tutto il 2012. Segnali di scricchiolio sono molti. Il più grosso, e visibile, è che i possessori di certificati di credito del tesoro americano (stranieri, chi saranno? E in quali monete li stanno scambiando?) stanno cominciando a vendere il debito americano su tutte le piazze. Poco per volta, è vero. Ma quel poco comincia a vedersi. Nelle ultime sei settimane sono stati venduti ben 85 miliardi di dollari di quel debito. Non si era mai verificato un evento del genere nell’era della globalizzazione.

Resta da vedere se, e quando, i bombardieri della squadriglia Standard & Poor’s sia alzeranno per bombardare questo debito. E quanto costerà, di interessi, al Tesoro americano.

Non se ne esce. O, forse, se ne esce con una grossa guerra, in cui un’Europa in ginocchio sarà trascinata per i capelli. Ecco, guardate la Luna. Probabilmente ci vedrete, rispecchiate in trasparenza, Damasco e Teheran.
Giulietto Chiesa, Il Fatto Quotidiano, 15-I-2012




LETTERE PER L’AREA UMANISTICA


MARGHERITA HACK
INCONTRA GLI STUDENTI
DELLA FACOLTA’ DI LETTERE


venerdì 20 gennaio, alle ore 18,00, presso l’Auditorium del Rettorato, Chieti

L’incontro è aperto al pubblico






 

18 e 19 gennaio 2012, ore 18,30


Agenzia di Promozione Culturale - Regione Abruzzo
via della Liberazione, 32 - Chieti


Conversazioni sul Linguaggio dell’Economia


con Giorgio Bellelli e Gaetano Natelli




Salviamo il mandarino

 

 

Immaginiamo un mondo dove, come moneta, venissero usate formule invece che banconote. I ricchi sarebbero matematici e fisici mentre il resto della popolazione arrancherebbe senza speranza, tra equazioni incomprensibili.

Quando ho capito il potere di internet mi sono messo a studiare il computer, ed ora me la cavo. Quando ho capito il potere dei media, mi sono messo a studiare comunicazione, ed ora nessuno mi prende più per i fondelli. Quando ho capito il potere della finanza mi sono messo a studiare economia, ma qui segno il passo.

La materia è complessa e sono appena arrivato a comprendere cos’è il signoraggio, o la riserva frazionaria, o come è fatto un derivato. Poco per difendermi. Del resto, diversi politici, intervistati, hanno dimostrato di non sapere cos’è uno spread. Non c’è da vergognarsi. Solo da aver paura.

Era così anche ai tempi di Rockefeller, ma oggi ci sono la deregulation e la libera circolazione dei capitali. Come carico aggiuntivo, i politici sono più ignoranti. Anno dopo anno, il lavoro ha perso importanza, come mezzo di emancipazione, rendendo tutti noi più fragili e più vasi di coccio tra i furboni svelti di riflessi, in grado di capire i meccanismi. (continua in rassegna stampa) Giancarlo Cascini, medico italiano a Baghdad

 


Memoria Cortina

 

Nei paesi seri non c’è bisogno di spiegare la differenza fra guardie e ladri, perché nessuno (a parte i ladri) difende i ladri. Invece nel Paese di Sottosopra, come lo chiamava Bocca, sgovernato per nove anni su 17 da un noto evasore che giustificava l’evasione, il direttore dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera deve discolparsi dall’accusa di leso Caimano per aver dichiarato “se si dice che evadere è giusto non siamo un paese civile”. E Monti fa notizia perché rammenta quella che in un altro paese sarebbe un’ovvietà – sono gli evasori a “mettere le mani nelle tasche degli italiani” – e solidarizza con la Guardia di Finanza per i sacrosanti blitz a Cortina e a Portofino.

Intanto il primo partito della sua maggioranza solidarizza con gli evasori. Ma non potendolo dire esplicitamente (gli elettori sono nervosetti), si arrampica sugli specchi della logica per tener buoni sia gli evasori sia gli onesti. Quattro passi nell’ultimo delirio.

Fabrizio Cicchitto: “Si criminalizza un’intera città a scopi ideologici, politici e mediatici”. Anche se è Cicchitto, prendiamo sul serio le sue parole: quale sarà mai l’ideologia politica della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle Entrate, i cui vertici li ha nominati il governo B.? Bolscevichi in divisa grigia? Mistero.

Osvaldo Napoli/1: “Non è vero che il contribuente onesto non ha nulla da temere. Gli accertamenti con metodi polizieschi colpiscono a caso e nella rete finiscono spesso contribuenti onesti”. E come dovrebbero essere gli accertamenti di una forza di polizia, se non polizieschi? E come fa un contribuente onesto a finire nella rete degli evasori? Risposta: non pagando le tasse.

Napoli/2: “L’Italia non è un popolo di evasori. Non c’era bisogno di arrivare fino a Cortina, bastava scendere nel bar sotto casa per scovare l’evasore”. Lievissima contraddizione: se basta scendere nel bar sotto casa, allora siamo un popolo di evasori.

Napoli/3: “Se il fisco si toglie l’elmo e invece della sciabola impugna il pc e anziché invadere le strade di Cortina invita nei suoi uffici i contribuenti, la guerra all’evasione diventerebbe un accordo fra uno Stato vigile e dialogante e un contribuente meno reticente”. Ecco: si invita l’evasore in ufficio, gli si offre il tè coi pasticcini e si apre un dialogo per accordarsi: facciamo a mezzo? (continua in rassegna stampa) Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano, 8-I-2012




Cattivi maestri

Piccolo ripasso. Vediamo se in tanti anni di ammonimenti, ditini alzati, lezioncine dei campioni della legalità, severe rampogne sul senso dello Stato e velate minacce di chiamare i caramba, abbiamo imparato qualcosa. Proviamo così: «Basta con il superficiale giustificazionismo di comportamenti delinquenziali»! Non male, eh?
Oppure anche così: «Non si fornisca giustificazione a chi infrange la legge in nome di un'ideologia»! Vado bene? Ancora: «Prosciughiamo l'acqua in cui nuotano questi malefici pesci!». Questa piace sempre, no? Bene, non ci crederete, ma erano anni che sognavo di dire frasi come queste. E se ora le posso finalmente pronunciare, anche con quel tono di ammonimento drammatico che certe parole meritano, è perché si è diffusa nell'aria - la mefitica aria del paese - una strabiliante spirale di idiozia.
Un filo che lega Cicchitto inviperito per «l'azione politica» del fisco, alla Santanché disperata perché «si criminalizza la ricchezza» (ah, ah!), a Piero Ostellino che perde il sonno perché teme che la lotta all'evasione diventi lotta di classe (che tenerezza!). Aggiungete alcuni pupazzi minori tipo Osvaldo Napoli («Stato strozzino») o Francesco Pionati («Odio giacobino e qualunquistico contro l'evasione»), e avrete il simpatico quadretto di famiglia di chi giustifica qualche centinaio di fuorilegge che dichiarano come un bracciante e girano in Ferrari. Ora mi chiedo: essendo di fatto l'evasione fiscale una rapina ai miei danni, posso denunciare in sede penale chi la blandisce, la giustifica, la difende e se la coccola? Forse no, anche se per certi casi il concorso morale ci starebbe tutto. Però nessuno mi impedisce di additare al pubblico ludibrio certi "cattivi maestri" (wow! anche questa aspettavo di dirla da anni, che goduria!) che con i loro arzigogoli ideologici fanno da sponda a certe forme di delinquenza particolarmente odiose. Non abbiano spazio, non scrivano sui giornali, vengano emarginati! Non sarà la lotta di classe che teme Ostellino (magari!), ma un piccolo contrappasso sì. Godiamocelo.
Alessandro Robecchi, Il Manifesto, 08-I-2012

 


Basta palliativi, facciamo sul serio

Che la grave e attuale crisi sia di carattere economico e che quindi, con qualche buona ricetta, ora novella, ora ripetitiva (e di medici ce ne sono a bizzeffe), possa risolversi, è un postulato privo di fondamento. Il problema per l'Europa, se non vuole catastroficamente scomparire, è soprattutto politico.
Infatti, il capitalismo finanziario globale è riuscito a creare quello che Carl Schmitt aveva definito «lo Stato di eccezione», dove il diritto è sospeso, sicché, con l'aiuto delle teorie e delle pratiche della deregolamentazione, si abbandonano tutte le regole e si giustificano, per l'emergenza, pratiche anche non democratiche. Non è un caso che il presidente americano Obama prenda misure per evitare quel che egli stesso ha definito «terrorismo finanziario» di ignota identità, e che altri han rievocato come «la prossima Pearl Harbour». Ebbene, «lo Stato d'eccezione» corrisponde alla decadenza dello Stato di diritto, come emanatore di leggi giuste, ispirate al bene comune. Esso infatti è costretto, in un attanagliante paradosso, ad accettare una serie innumerevole di norme illegittimamente dettate da altri, che rendono, nella situazione attuale, più difficoltosa l'uscita dalla crisi e anzi l'aggravano, con derive recessive. È così che, invece di leggi giuste, siamo alluvionati da catastrofi normative sempre più complesse e di sempre più incerta e difficile interpretazione.

(continua nella sezione "Rassegna stampa") Guido Rossi, Il Sole 24 ore, 8-I-2012




Un declino che viene da lontano

L'inizio del declino italiano ha una data esatta ed è il 26 dicembre 1991. Quel giorno si sciolse ufficialmente l'Unione sovietica e finì la Guerra Fredda. Con la guerra fredda finì anche quella che potremmo chiamare l'eccezione italiana. Perché per 35 anni l'Italia era stata la frontiera geografica e politica dell'impero occidentale. Frontiera geografica (orientale) perché il blocco sovietico cominciava proprio sull'altra riva dell'Adriatico. Frontiera politica perché il Pci era il più forte partito comunista dell'Occidente. Quindi tutto fu messo in opera (e tutto fu consentito) perché l'Italia americana fosse una «success story».
Da qui il miracolo economico, da qui la straordinaria stabilità politica di un regime sostanzialmente monopartitico (i gabinetti cadevano sì uno dopo l'altro, ma a rotazione le poltrone erano occupate sempre dagli stessi).
D'altronde l'Italia non era sola: anche il Giappone si trovava in una situazione analoga: anch'esso era uno dei vinti della seconda guerra mondiale, anch'esso era una frontiera geografica dell'impero, stavolta occidentale, avendo dirimpetto Siberia e Cina. Anche in Giappone la sinistra era forte. Così non stupisce che i due paesi abbiano avuto per tutta la guerra fredda un destino parallelo: ambedue vissero un incredibile miracolo economico (il Giappone partiva da più in alto e quindi anche il suo miracolo lo portò più in alto); ambedue furono governati da un regime monopartitico (a Roma dalla Democrazia cristiana, a Tokyo dal Partito Liberal-democratico), ambedue erano caratterizzati da una forte commistione tra politica e criminalità (mafia in Italia, yakuza in Giappone).
E in ambedue i paesi il sistema entrò in crisi esattamente con la fine della guerra fredda: in Giappone esplose la bolla immobiliare e cominciò una recessione da cui non è ancora uscito; anche a Tokyo, come a Roma, il regime monopartitico entrò in crisi. A questi destini paralleli ha dedicato un volumone intitolato Machiavelli's Children: Leaders and their Legacy in Italy and Japan (2003) lo storico Richard J. Samuels della Cornell University.

(continua nella sezione "Rassegna stampa") Marco D'Eramo, Il Manifesto, 6-I-2012

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Dal Nord al Sud l’Italia dei corrotti "E la mazzetta fa salire lo spread"


Una tangente per poter vendere le merendine durante l'intervallo. Pagare per accorciare i tempi d'attesa della procreazione assistita. E ancora denaro per oliare le modifiche ai piani urbanistici. Storie come tante, in un Paese dove la mazzetta si continua a chiedere e a offrire. Tanto che a scorrere le cronache del 2011 si capisce perché la Corte dei conti stimi il costo annuale della corruzione per le casse dello Stato in 60 miliardi di euro. Risultato: nella classifica del Corruption perception index redatta ogni anno dall’organizzazione non governativa Transparency International l’Italia è scivolata nel 2011 dal 67esimo al 69esimo posto, seguita tra i Paesi dell’Unione europea solo dalla Grecia…
L’indicatore della corruzione precipita – spiega Maria Teresa Brassiolo, presidente di Transparency International Italia – influenza il rating del nostro Paese e quindi anche lo spread”. Come a dire: le conseguenze economiche delle tangenti sono più gravi di quanto si pensi. “Rispetto al resto del Continente – continua Brassiolo – in Italia è molto più diffusa la piccola corruzione”. I protagonisti del malcostume non sono quindi tanto i manager delle grandi multinazionali, poco numerose da noi, ma l’imprenditore locale, l’assessore del piccolo Comune, il consigliere della municipalizzata o il funzionario pubblico. Fenomeno che secondo Brassiolo dipende dal fatto che “in Italia c’è una tolleranza maggiore dei cittadini alle situazioni ingiuste e all’illegalità: sono in tanti a cercare di trarne vantaggio, senza scandalizzarsi”. A un cittadino, insomma, viene chiesta una mazzetta. E lui, anziché indignarsi e sporgere denuncia come accadrebbe in altri Paesi, spesso si accorda con la controparte.
A volte, però, qualcuno non ci sta. Come il pensionato novantenne che lo scorso aprile ha fatto arrestare in flagranza di reato un ufficiale giudiziario di Roma: gli aveva chiesto 200 euro come obolo per ottenere l’esecuzione di uno sfratto per morosità. In carcere, a dicembre, è finito pure Gianluca Carta, il geometra del Comune di Milano che ha chiesto alla griffe Bluemarine 2mila euro per un aiutino al permesso per aprire un negozio...
Luigi Franco, Il Fatto Quotidiano, 4-I-2012