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Che fare se il potere viola la Costituzione

Se le norme violate dalla comandante della Sea-Watch 3 risultassero incostituzionali l’atto di disubbidienza civile potrebbe alla fine non essere sanzionato. È evidente che in questa fase l’illegalità è stata commessa e la responsabile della nave si è dichiarata consapevole di dover essere sottoposta a giudizio e dover rispondere delle proprie azioni contra legem. Ma è appunto nel corso del giudizio che la vedrà protagonista che si potrà sollevare una questione di legittimità costituzionale chiedendo il sindacato della Consulta.

(continua nella sezione Rassegna stampa) Gaetano Azzariti, Il Manifesto, 28-VI-2019

 


Riceviamo dal professor Filippo Paziente

Come presidente della sezione Anpi di Chieti e come storico, ho contribuito alla preparazione del programma sulla celebrazione del centenario (6 luglio 1919 – 6 luglio 2019) della fondazione della Camera del lavoro di Chieti e ho partecipato, come relatore, il 29 aprile al convegno di Lama dei Peligni (Programma: La Resistenza, la nascita della Costituzione, il ruolo del Lavoro) e il 23 maggio al convegno di Vasto (Programma: Gli scioperi a rovescio, l’occupazione del bosco “Motticce” a San Salvo, la mobilitazione per lo sfruttamento del metano a Cupello).

Relazione letta al convegno di Lama:
LE RESISTENZE NELLA NOSTRA REGIONE

(continua nella sezione Riceviamo e pubblichiamo) Filippo Paziente



Salvatore Senese, la sua lezione di fronte allo squallore di oggi

Lutti . Tre insegnamenti del magistrato più rilevante di quest’ultimo mezzo secolo, una figura complessa di intellettuale: il nesso tra pratica e teoria, nessuna supponenza e le correnti come pluralismo, antidoto al corporativismo
Quanti hanno conosciuto Salvatore Senese misurano oggi, dopo la sua scomparsa, l’enorme debito di gratitudine nei suoi confronti. Per il suo impegno nella difesa dei diritti, per il ruolo garantista della giurisdizione.
Un ruolo da lui teorizzato e promosso, per la sua statura morale e intellettuale, Salvatore è stato forse la figura di magistrato più rilevante di quest’ultimo mezzo secolo. Per me è stato l’amico fraterno di una vita.

(continua nella sezione Rassegna stampa) Luigi Ferrajoli, Il Manifesto, 18-VI-2019

 


Magistratura Democratica è assolutamente estranea alle vicende che hanno coinvolto magistrati appartenenti al CSM

Alcune testate giornalistiche hanno erroneamente attribuito a Md un coinvolgimento nelle vicende di cui si sta occupando la Procura di Perugia. Ribadiamo che Magistratura democratica – neppure presente in CSM come sigla autonoma – è del tutto estranea a tali vicende
Constatiamo che, in maniera ripetuta, agenzie di stampa e testate giornalistiche radiotelevisive e della carta stampata sono incorsi in refusi dai quali emergerebbe il coinvolgimento di Magistratura democratica nelle gravi vicende delle quali si sta occupando la Procura di Perugia.

(continua nella sezione Rassegna stampa) Maria Rosaria Gugliemi e Riccardo De Vito



UNITRE – Università tre età

CHIETI nuova 3 febbraio

Serata dialettale

con la poesia e gli stornelli

di

RAFFAELE FRATICELLI

Domenica 16 giugno 2019 – ore 17.00

Auditorium “Le Crocelle” – Chieti

Lettura e recitazione dei testi
Francesca Camilla D’AmicoGiancarlo ZappacostaMarco Fraticelli

Esecuzione e direzione dei brani musicali
maestro Peppino Pezzulo

con l’amichevole partecipazione
di solisti del Coro UNITRE

Nel corso della serata
presentazione della nuova edizione dell’antologia
Giorni di  Festa e dintorni
con la partecipazione della professoressa Eide Spedicato


Service audio Valeriano De Angelis

La cittadinanza è invitata a partecipare



Magistrati fuori dal sottogoverno

Csm. Il problema non è tanto l’organo di autogoverno, quanto la magistratura. Lo scandalo era, per molti versi, uno scandalo annunciato
Lo scandalo sulle frequentazioni di Luca Palamara e dei maneggi tra componenti del Csm e politici (tra cui Cosimo Ferri, magistrato in aspettativa, e Luca Lotti, ex ministro renziano inquisito a Roma) per pilotare la nomina del Procuratore della capitale ha aperto una crisi gravissima nel Csm.
Il Consiglio superiore della magistratura è messo in condizioni prossime alla paralisi dalle dimissioni di un componente e dall’autosospensione di altri quattro (evidentemente suggerite dal colle più alto) e con un drammatico dibattito in corso sulla sua stessa sopravvivenza (solo momentaneamente sopito dal documento approvato ieri l’altro dal plenum).

(continua nella sezione Rassegna stampa) Livio Pepino, Il Manifesto, 6-VI-2019

 


Il Consiglio di Presidenza di Libertà e Giustizia

Libertà e Giustizia ricorda al ministro Salvini che l’Italia è uno Stato di diritto, in cui vige il principio che anche gli atti del governo sono soggetti al sindacato della magistratura quanto alla loro legittimità. Non solo: il ministro Salvini sembra ignorare anche altri Principi cardine dello Stato di diritto, quelli che sanciscono la separazione dei poteri e la loro pari dignità e l’indipendenza della magistratura.
Siamo esterrefatti di fronte alla notizia di indagini sulle opinioni e conseguenti  liste di proscrizione a danno dei magistrati che assumono decisioni non gradite al ministro dell’Interno in tema di diritti dei migranti. La società civile deve manifestare la sua indignazione di fronte  a questo arrogante tentativo di condizionare e intimorire i magistrati, che ricorda i momenti peggiori del ventennio berlusconiano e si pone in aperto contrasto con la nostra Costituzione.



"Zingaretti batta un colpo su Lotti e Ferri"

Intervista a Gianrico Carofiglio

L'ex magistrato e senatore dem "sconcertato" dal coinvolgimento di esponenti Pd nella vicenda delle nomine nelle procure: "È un problema anche di etica politica"

“La vicenda delle nomine nelle procure pone un problema anche di etica politica. Il Pd di Zingaretti batta un colpo. È sconcertante che in quella stanza d’albergo oltre ai magistrati ci fossero esponenti dem. I responsabili in questa vicenda facciano un passo indietro, o di lato, ma per andare altrove”. Così Gianrico Carofiglio, senatore Pd dal 2008 al 2013, prima magistrato, oggi scrittore, che critica l’autospensione dei membri Csm che “non esiste e rischia di essere fumo negli occhi” e invita a rivedere i criteri di nomina dei capi ufficio applicando quello dell“’anzianità temperata: il primo passo per ridare credibilità al sistema”.

(continua nella sezione Rassegna stampa) Stefano Baldolini, Huffington Post, 5-VI-2019

 


Associazione Nazionale Magistrati-Sezione Distrettuale Abruzzese

Associazione Chieti nuova 3 febbraio

XXVI Corso di Educazione alla Legalità nelle Scuole Medie di Chieti e provincia

Tutti uguali, Tutti diversi: l’applicazione della Costituzione  nella realtà


Lunedì 3 giugno 2019, ore 9,30

Auditorium Scuola Media “G. Chiarini” – via Generale Spatocco, 54 – Chieti


La parola agli studenti

Premiazione delle Scuole



Intervengono i magistrati Angelo Bozza, presidente del Tribunale di Pescara e Angelo Zaccagnini, referenti dell’A.N.M, per il Corso di Legalità, Giuseppe Bellelli, procuratore della  Repubblica di Sulmona, Giuseppe Falasca, presidente della Sezione Abruzzese dell’A.N.M., Nicola Valletta, giudice Tribunale di Chieti, i rappresentanti delle Istituzioni.

Hanno partecipato al XXVI Corso le Scuole Medie di CHIETI V. Antonelli, G. Chiarini-C. De Lollis; Convitto Nazionale “G. B. Vico”, F.Vicentini; di FARA FILIORUM PETRI-sedi di Fara, Casacanditella, Casalincontrada, Rapino, Roccamontepiano; di RIPA TEATINA-Torrevecchia Teatina M. Buonarroti; di SAN GIOVANNI TEATINO G. Galilei



2 giugno 2019

festa della Repubblica

COSTITUZIONE

DELLA REPUBBLICA ITALIANA

Art. 54: Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi.
I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.


ANDIAMO a VOTARE: è un diritto-dovere

COSTITUZIONE della REPUBBLICA ITALIANA

Art. 48: Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico…



23 maggio 1992
In quella voragine è finita anche una parte dello Stato

Speriamo che il gusto per la complessità, l’arte del discernimento, il senso profondo della giustizia, che animarono l’operato di Falcone, insieme allo spirito di sacrificio di Schifani, Montinaro, Dicillo ed all’amore profondo di Francesca Morvillo, possano essere la bussola per le nostre scelte ed i nostri comportamenti. Allora potremo dire davvero che non sono morti invano.

(continua nella sezione Rassegna stampa) Stefano Musolino, sostituto procuratore della Repubblica presso la Dda di Reggio Calabria e componente dell’Esecutivo di Magistratura democratica Il Manifesto, 23 maggio 2019



L’ufficio sbagliato del ministro Bussetti

Docente sospesa. Una pubblica amministrazione può sempre rimediare in via di autotutela a un errore fatto. L’atto può essere annullato, revocato o sospeso nell’efficacia

Al ministro Bussetti piace raffigurarsi come uomo che sa quel che fa. Propone, come risposta su un caso che ha indignato il paese, di incontrare insieme a Salvini la Prof. Dell’Aria di Palermo. Quale messaggio pensa di dare? Che un magnanimo potere presta attenzione e solidarietà a una cittadina privata dei suoi diritti, oltre che della dignità e dello stipendio? Con il cuore gonfio di commozione partecipe, ma nell’impossibilità di porre rimedio? Grazie, no. Preferiremmo un sollecito e operoso ravvedimento.

(continua nella sezione Rassegna stampa) Massimo Villone, Il Manifesto, 21-V-2019



Appello per la storia

La storia è fondamentale perché siamo cittadini, e non solo individui. Il fatto che oggi lo si debba rivendicare è già un segno dei tempi. La storia ci rende infatti coscienti di ciò che siamo e del percorso che abbiamo compiuto per diventarlo, insieme con gli altri, ci mette davanti i nostri errori e i nostri successi e ci costringe a prenderne atto. La vicenda di un popolo, di una nazione, di uno Stato può essere compresa solo conoscendo il suo tracciato, le scelte che l’hanno determinata, i valori che l’hanno ispirata, il contesto che l’ha favorita o condizionata.

(continua nella sezione Rassegna stampa) L'appello: la storia è un bene comune, salviamola, La Repubblica, Andrea Giardina, Liliana Segre, Andrea Camilleri

 


A cura di Associazione Chieti nuova 3 febbraio
Archivio di Stato di Chieti, l’Unitre-Chieti, l’Istituto Tecnico “F. Galiani – R. de Sterlich”, il Liceo Classico “G. B. Vico”, il Liceo Scientifico “Filippo Masci”, l’Istituto di Istruzione Superiore “Luigi di Savoia”, l’Istituto Professionale “U. Pomilio”

Il Calendario della Repubblica-Il Dovere della Memoria
XIX edizione

Lunedì 20 maggio 2019, ore 11.00, Aula magna ITCG “F. Galiani-R. de Sterlich”

via U. Ricci, n. 22 - Chieti


Gli studenti protagonisti della conoscenza

leggono, recitano, cantano

La nostra storia
Repubblica, Costituzione, Democrazia



COMUNICATO STAMPA

Progetto CineScuola

Il Cinema legge la società italiana

Quattro percorsi di storia della seconda metà del XX secolo


Percorso 1 – La nascita della Repubblica: Guerra, Resistenza, Costituzione

Venerdì 10 maggio 2019 alle ore 16,30, presso l’auditorium del Museo Universitario di Storia  delle Scienze Biomediche di Chieti, piazza Trento e Trieste, è in programma la proiezione del film ‘Roma città aperta’ di Roberto Rossellini. La proiezione sarà introdotta dal professor Francesco Baldassarre del Liceo Classico ‘G.B. Vico’ di Chieti e sarà seguita da un dibattito, con l’intervento del professor Enzo Fimiani dell’Università ‘G. d’Annunzio’ di Chieti-Pescara, nell'ottica della cittadinanza attiva e dello scambio intergenerazionale di esperienze.
Al mattino è previsto un incontro introduttivo con gli studenti del Liceo Classico di Chieti, coordinato dal prof. Enzo Fimiani e dal dott. Antonello de Beardinis (direttore dell’Archivio di Stato di Chieti), presso il Liceo Classico,  con l’illustrazione dell’utilizzo delle fonti audiovisive per la ricerca storica.

L’iniziativa riguarda il primo dei quattro percorsi di storia della seconda metà del XX secolo, strutturati nell’ambito del progetto CineScuola – Il Cinema legge la società italiana, promosso di concerto dal Ministero Istruzione Università e Ricerca e dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, proposto e realizzato, a Chieti, in partenariato dalle Associazioni UniTre Chieti, Chieti Nuova 3 Febbraio, Meridiani Paralleli insieme al Liceo Classico G. B. Vico di Chieti ed all’Archivio di Stato di Chieti.

Il progetto ha avuto inizio il 27 febbraio con l’incontro sul tema “L’uomo e il sogno – appunti sul linguaggio cinematografico” in cui è intervenuto il regista Dino Viani, è proseguito il 23 marzo con l’introduzione dello storico Costantino Di Sante, con la relazione dell’inviato RAI Massimiliano Franceschelli sul modo di costruire un documentario e con la proiezione di alcune parti della “Guerra in casa”. Inoltre, il 4 aprile, a cura dei professori Costantino Di Sante, Marco Fraticelli, Francesco Baldassarre, Roberto Leombroni, sono state comunicate a studenti e docenti le linee guida per la creazione di app legate ai film prescelti e il prof. Roberto Leombroni ha relazionato su Cinema e Storia.

Gli altri percorsi, Luci ed ombre del  miracolo economico con la proiezione dei film “Le mani sulla città” di Francesco Rosi e “Il sorpasso” di Dino Risi, Il Sessantotto con la proiezione dei film “Fragole e sangue” di Stuart Hagmann e “Il grande sogno”di Michele Placido, La rivoluzione scientifica, sociale, etica della legge Basaglia, con la proiezione dei film “C’era una volta la città dei matti” di Marco Turco e “Matti da slegare” di Marco Bellocchio saranno realizzati tra settembre e dicembre 2019.

Il progetto intende far conoscere il linguaggio cinematografico, operare il recupero della memoria storica e contribuire ad educare alla interpretazione critica della realtà, non solo attraverso la proiezione di famose pellicole cinematografiche, utilizzate per leggere la società italiana contemporanea, con l’ausilio di esperti che inquadrino gli aspetti salienti dei nodi storici individuati, ma anche corsi di formazione per gli studenti sugli audiovisivi e sulle tecniche del cinema, mostra sul Sessantotto, con il coinvolgimento diretto degli studenti per la realizzazione di un video con interviste ai testimoni locali della contestazione giovanile.

Liceo Classico G. B. Vico di Chieti e partners Archivio di Stato di Chieti, Associazioni UniTre Chieti, Chieti Nuova 3 Febbraio, Meridiani Paralleli
“Piano Nazionale del Cinema per la Scuola” promosso dal Ministero Istruzione Università e Ricerca e dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali-Azione C2 “Buone Pratiche, Rassegne e Festival”.

Info: Progetto CineScuola - Facebook



COSTITUZIONE DELLA

REPUBBLICA ITALIANA

in vigore dal 1° gennaio 1948

PRINCIPI FONDAMENTALI

Art. 1.
L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Art. 2.
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimen­to dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Art. 3.
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condi­zioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’or­ganizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art. 4.
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizio­ni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

TITOLO III - RAPPORTI ECONOMICI

Art. 35.
La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazio­ne e l’elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro.

Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell’inte­resse generale, e tutela il lavoro italiano all’estero.

Art. 36.
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.

Art. 37.
La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimen­to della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.
La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato. La Repubblica tu­tela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.

Art. 38.
Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. L’assistenza privata è libera.



Associazione Nazionale Magistrati – Sez. Abruzzese
Associazione Chieti nuova 3 febbraio
in collaborazione con
l’Istituto  comprensivo di Fara Filiorum Petri

XXVI Corso di Educazione alla Legalità
nelle Scuole Secondarie di primo grado – a. s. 2018-2019

Giovedì 2 maggio 2019, ore 17.00

Aula Magna dell'Istituto Comprensivo
via San Nicola - Fara Filiorum Petri

La Costituzione e i diritti della persona:
Uguaglianza e diversità nella vita quotidiana

Intervengono

Giuseppe Bellelli
Procuratore della Repubblica di Sulmona

Roberto Leombroni
Docente di Storia e Filosofia


Info: www.chietinuova3febbraio.it; face book.com/chietinuova3febbraio



Intervento del Presidente Sergio Mattarella alla cerimonia commemorativa del 74° Anniversario della Liberazione

Vittorio Veneto - Teatro Da Ponte, 25/04/2019

Un saluto intensamente cordiale a tutti, al Presidente della Regione, al Sindaco e, attraverso di lui, a tutti i vittoriesi, ai rappresentanti del Parlamento, a tutte le autorità, ai Sindaci presenti salutandoli con molta cordialità.
Ringrazio per gli interventi già svolti. Abbiamo ascoltato delle cose di grande interesse e significato, in cui mi riconosco pienamente.
Sono davvero lieto di essere a Vittorio Veneto, per celebrare qui la Festa della Liberazione, in questo luogo simbolo caro all’Italia, che vide i nostri soldati segnare la conclusione vittoriosa della Prima guerra mondiale, sancendo così il compimento dell’unità territoriale italiana. Unità territoriale che corrispondeva all’unità morale e spirituale dell’Italia, all’aspirazione a una Patria libera e indipendente.
Quella stessa aspirazione – dopo poco più di un ventennio - animò i volontari della Libertà, in queste terre generose e martoriate del Veneto, negli aspri combattimenti contro l’oppressione nazifascista, con tutto il suo carico di sangue, lutti e devastazioni. E con pagine straordinarie di sacrificio, eroismo e idealità, che non possono essere rimosse e che vanno ricordate.
Festeggiare il 25 aprile – giorno anche di San Marco - significa celebrare il ritorno dell’Italia alla libertà e alla democrazia, dopo vent’anni di dittatura, di privazione delle libertà fondamentali, di oppressione e di persecuzioni. Significa ricordare la fine di una guerra ingiusta, tragicamente combattuta a fianco di Hitler. Una guerra scatenata per affermare tirannide, volontà di dominio, superiorità della razza, sterminio sistematico.
Se oggi, in tanti, ci troviamo qui e in tutte le piazza italiane è perché non possiamo, e non vogliamo, dimenticare il sacrificio di migliaia di italiani, caduti per assicurare la libertà a tutti gli altri. La libertà nostra e delle future generazioni.
A chiamarci a questa celebrazione sono i martiri delle Fosse Ardeatine, di Marzabotto, di Sant’Anna di Stazzema e di tanti altri luoghi del nostro Paese; di Cefalonia, dei partigiani e dei militari caduti in montagna o nelle città, dei deportati nei campi di sterminio, dei soldati di Paesi stranieri lontani che hanno fornito un grande generoso contributo e sono morti in Italia per la libertà. Questo doveroso ricordo ci spinge a stringerci intorno ai nostri amati simboli: il tricolore e l’inno nazionale (così ben cantato dal coro di ragazzi e adulti, complimenti al maestro Sabrina Carraro).
È il dovere, morale e civile, della memoria. Memoria degli eventi decisivi della nostra storia recente, che compongono l’identità della nostra Nazione da cui non si può prescindere per il futuro.
Il 25 aprile del 1945 nasceva, dalle rovine della guerra, una nuova e diversa Italia, che troverà i suoi compimenti il 2 giugno del 1946, con la scelta della Repubblica e il primo gennaio 1948 con la nostra Costituzione.
Il 25 aprile vede la luce l’Italia che ripudia la guerra e s’impegna attivamente per la pace. L’Italia che, ricollegandosi agli alti ideali del Risorgimento, riprende il suo posto nelle nazioni democratiche e libere. L’Italia che pone i suoi fondamenti nella dignità umana, nel rispetto dei diritti politici e sociali, nell’eguaglianza tra le persone, nella collaborazione fra i popoli, nel ripudio del razzismo e delle discriminazioni.
Non era così nel ventennio fascista. Non libertà di opinione, di espressione, di pensiero. Abolite le elezioni, banditi i giornali e i partiti di opposizione. Gli oppositori bastonati, incarcerati, costretti all’esilio o uccisi.  Non era permesso avere un pensiero autonomo, si doveva soltanto credere. Credere, in modo acritico e assoluto, alle parole d’ordine del regime, alle sue menzogne, alla sua pervasiva propaganda. Bisognava poi obbedire, anche agli ordini più insensati o crudeli. Ordini che impartivano di odiare: gli ebrei, i dissidenti, i Paesi stranieri. L’ossessione del nemico, sempre e dovunque, la stolta convinzione che tutto si potesse risolvere con la forza della violenza.
E, soprattutto, si doveva combattere. Non per difendersi, ma per aggredire.
Combattere, e uccidere, per conquistare e per soggiogare. Intere generazioni di giovani italiani furono mandate a morire, male armati e male equipaggiati, in Grecia, in Albania, in Russia, in Africa per soddisfare un delirio di dominio e di potenza, nell’alleanza con uno dei regimi più feroci che la storia abbia conosciuto: quello nazista.
Non erano questi gli ideali per i quali erano morti i nostri giovani nel Risorgimento e nella Prima Guerra Mondiale
La storia insegna che quando i popoli barattano la propria libertà in cambio di promesse di ordine e di tutela, gli avvenimenti prendono sempre una piega tragica e distruttiva.
L’8 settembre 1943 e gli eventi che ne susseguirono rappresentarono, per molti italiani, la fine drammatica di una illusione. Con la dissoluzione dello Stato, i morti, i feriti, le gravissime sconfitte militari.
L’Italia era precipitata in una lenta e terribile agonia. Il Re era fuggito a Brindisi abbandonando Roma al suo destino, le truppe germaniche avevano invaso il territorio nazionale, seminando ovunque terrore e morte, a Salò si era insediato un governo fantoccio, totalmente nelle mani naziste.
Fu in questo contesto che molti italiani, donne e uomini, giovani e anziani, militari e studenti, di varia provenienza sociale, culturale, religiosa e politica, maturarono la consapevolezza che il riscatto nazionale sarebbe passato attraverso una ferma e fiera rivolta, innanzitutto morale, contro il nazifascismo. Nacque così, anche in Italia, il movimento della Resistenza. Resistenza alla barbarie, alla disumanizzazione, alla violenza: un fenomeno di portata internazionale che accomunava, in forme e modi diversi, uomini e donne di tutta Europa.
Alla barbarie si poteva resistere in tanti modi: con le armi, con la propaganda, con la diffusione di giornali clandestini, con la non collaborazione, con l’aiuto fornito ai partigiani, agli alleati, agli ebrei in fuga. Ma ci voleva forza d’animo e grande coraggio, perché ognuna di queste azioni poteva comportare la cattura, la tortura e la morte. Accadde, in forme e gradi diversi, in tutto il territorio nazionale soggetto all’occupazione nazista.
Contadini, operai, intellettuali, studenti, militari, religiosi, costituirono il movimento della Resistenza: tra loro vi erano azionisti, socialisti, liberali, comunisti, cattolici, monarchici e anche molti ex fascisti delusi. Non fu un esercito compatto, non poteva esserlo, ma piuttosto una rete ideale, che operava, in montagna o nelle città, in ordine sparso e in condizioni di grande difficoltà e pericolo.
Vi erano i partigiani, capaci di coraggio, di spirito di sacrificio e di imprese audaci; i soldati italiani che combatterono fianco a fianco con l’esercito alleato, coprendosi di valore. Accanto a essi, come componente decisiva della Resistenza italiana, desidero ricordare i tanti militari che, catturati dai tedeschi dopo l’8 settembre, rifiutarono l’onta di servire sotto la bandiera di Salò e dell’esercito occupante e preferirono l’internamento nei campi di prigionia nazisti. Seicentomila: un numero imponente che fa riflettere sulla decisa prevalenza del senso di onor di Patria rispetto al fascismo fra gli appartenenti alle Forze Armate. Quasi cinquantamila di questi morirono nei lager in Germania, di stenti o per le violenze.
Né va dimenticato il contributo fondamentale delle centinaia di migliaia di persone che offrirono aiuti, cibo, informazioni, vie di fuga ai partigiani e a militari alleati; e dei tanti giusti delle Nazioni che si prodigarono per salvare la vita degli ebrei, rischiando la propria.
Nel tessuto sociale del Veneto, permeato dalle cooperative di braccianti e dalle leghe contadine, la Resistenza germogliò dal basso in modo pressocché spontaneo: gruppi di cittadini, spesso guidati dal clero locale, che cercavano di mettere in salvo prigionieri alleati, perseguitati politici, ebrei e chi voleva sfuggire all’arruolamento nell’esercito di Salò o alla deportazione in Germania.
Spicca, nel territorio del Vittoriese, la personalità di don Giuseppe Faè, parroco di Montaner, vero cappellano dei partigiani. Arrestato insieme a collaboratori e familiari e condannato a morte, scampò alla fucilazione per intervento del Vescovo. Ma la sorella Giovanna, deportata in un lager nazista, non fece più ritorno.
Attorno a don Faè muovono i primi passi coloro che diventeranno i capi partigiani di questa zona: Ermenegildo Pedron, detto “Libero”, Attilio Tonon detto “Bianco” e dal giovane sottotenente degli alpini Giobatta Bitto, detto “Pagnoca”, che agirono soprattutto nella zona del Cansiglio.
In tutto il Veneto la guerra partigiana fu particolarmente difficile e dura. I tedeschi volevano preservarsi il Veneto come via di possibile fuga verso la Germania. Le formazioni partigiane, infersero all’occupante diverse e cocenti sconfitte, pur se i continui rastrellamenti operati dai nazisti e dai fascisti nell’inverno 1944-45, specialmente sul Grappa e sul Cansiglio, ne ridussero la capacità operativa.
In quel drammatico periodo ci furono molte esecuzioni di partigiani e rappresaglie contro la popolazione civile. Come la terribile impiccagione di 31 giovani agli alberi del corso centrale di Bassano del Grappa il 26 settembre 1944, di cui ha parlato la professoressa Giulia Albanese, che ringrazio per il suo intervento appassionato e puntuale. Alcuni di questi giovani impiccati avevano meno di 17 anni.
Il bilancio dei rastrellamenti pesò molto sulla Resistenza veneta: in pochi giorni vennero impiccati 171 combattenti per la libertà, 603 vennero fucilati, 804 deportati, oltre tremila fatti prigionieri e centinaia di case vennero bruciate.
Ma nella primavera del 1945, rafforzate da nuovi giovani venuti a irrobustire le loro file e dagli aiuti alleati, le formazioni partigiane venete riusciranno a infliggere nuovi, decisivi colpi alle forze tedesche, fino alla Liberazione. In alcuni casi, come in quello di Vittorio Veneto, l’esercito tedesco negoziò direttamente la resa con i capi partigiani.
Ringrazio la signora Meneghin per il suo appassionato intervento. E la ringrazio ancor di più per il coraggio dimostrato in quegli anni terribili della guerra partigiana. Concordo con lei: per la Resistenza fu decisivo l’apporto delle donne, volitive e coraggiose. In Veneto furono staffette, ma anche combattenti. Su di loro, se catturate, la violenza fascista si scatenava con ulteriore terrificante brutalità, come le sopravvissute raccontarono del trattamento della banda Carità, un gruppo di torturatori di inaudita ferocia che aveva sede presso Villa Giusti a Padova.
Ne abbiamo già ricordate alcune e tante altre giovani venete di allora andrebbero citate per quanto hanno fatto, per il loro impegno. Per tutte ricordo Tina Anselmi, con cui ho avuto l’opportunità e l’onore di lavorare a stretto contatto in Parlamento.
Fondamentale per animare il movimento resistenziale fu, in Veneto, il contributo del mondo della cultura e dell’università. Come è stato appena ricordato, l’Università di Padova, unico caso tra gli atenei italiani, fu insignito della medaglia d’oro al valore della Resistenza.
Ricordo l’appello, di grande suggestione e di altissimo valore morale, che il grande latinista Concetto Marchesi, rettore dell’università padovana, rivolse ai suoi studenti in piena occupazione nazista, invitandoli alla rivolta: «Una generazione di uomini – scrisse Marchesi – ha distrutto la vostra giovinezza e la vostra Patria. Traditi dalla frode, dalla violenza, dall'ignavia, dalla servilità criminosa, voi insieme con la gioventù operaia e contadina, dovete rifare la storia dell'Italia e costituire il popolo italiano».
Non furono queste solo parole. Perché Marchesi, comunista, insieme al suo allievo Ezio Franceschini, cattolico, diedero insieme vita a una organizzazione segreta, operativa (FraMa, dalle iniziali dei loro cognomi) capace di fornire assistenza logistica agli alleati, ai resistenti e agli ebrei. La FraMa ebbe i suoi martiri: il padre francescano Placido Cortese, torturato a morte nella Risiera di San Sabba, e la suora laica Maria Borgato, scomparsa nei lager tedeschi.
Anche in Veneto, come in altre zone d’Italia, ci furono, dopo il 25 aprile, vendette e brutalità inaccettabili contro i nemici di un tempo, peraltro prontamente condannate dai vertici del Cln. Nessuna violenza pregressa, per quanto feroce, può giustificare, dopo la resa del nemico, il ricorso alla giustizia sommaria. Mai questa può essere commessa in nome della libertà e della democrazia.
La Resistenza, con la sua complessità, nella sua grande attività e opera, è un fecondo serbatoio di valori morali e civili.
Ci insegna che, oggi come allora, c’è bisogno di donne e uomini liberi e fieri che non chinino la testa di fronte a chi, con la violenza, con il terrorismo, con il fanatismo religioso, vorrebbe farci tornare a epoche oscure, imponendoci un destino di asservimento, di terrore e di odio.
A queste minacce possiamo rispondere con le parole di Teresio Olivelli, partigiano, ucciso a bastonate nel lager di Hersbruck: «Lottiamo giorno per giorno perché sappiamo che la libertà non può essere elargita dagli altri. Non vi sono liberatori. Solo uomini che si liberano».
Buon 25 Aprile!!

 


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5 aprile: il tribunale invisibile

Con una legge del 2000 è stato istituito il 27 gennaio, ricorrenza della liberazione del lager di Auschwitz da parte dell’armata rossa, come “Giorno della Memoria”. Il giorno della memoria è stato istituito in diversi Paesi su impulso dell’ONU, ma noi in Italia ce l’avevamo già, fu istituito nel 1946 quando il 25 aprile venne dichiarato festa nazionale in ricordo della liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Questo è il senso del 25 aprile: fare memoria della lotta di liberazione e degli approdi che essa ha apportato nel nostro Paese, ossia la riconquista della libertà per il popolo italiano. Non una libertà come mero patrimonio morale, ma una libertà incarnata, insediata nel sangue e nella carne di una comunità di uomini liberi che si è riconosciuta in un orizzonte comune, nel quale sono istituite l’eguaglianza, la giustizia sociale, la pace, il rispetto della dignità umana. Domenico

(continua nella sezione Rassegna stampa) Gallo, Volere la luna, 26 aprile 2019

 


Patto giurato tra uomini liberi

Ecco la Resistenza. In essa rivivono, calandosi nella realtà della nuova storia, i valori della libertà e della giustizia, della indipendenza e della solidarietà tra i popoli. L’antifascismo non è solo opposizione al fascismo; è contrapposizione di un mondo di valori a un altro che ne è la negazione. Per questo esso non è «superato» e non è superabile.

(continua nella sezione Rassegna stampa) Gaetano Arfé, Patria Indipendente n. 6-7 dell’aprile 1985, pubblicato martedì 23 aprile 2019



Come dare senso, oggi, al 25 aprile

Il 25 aprile 1945 fu la voce di Sandro Pertini a chiamare, dalla radio, i milanesi allo sciopero generale e all’insurrezione. Venticinque anni dopo, nel 1970, un Pertini presidente della Camera così celebrava la festa del 25 aprile: «Noi non vogliamo abbandonarci ad un vano reducismo. No. Siamo qui per riaffermare la vitalità attuale e perenne degli ideali che animarono la nostra lotta. Questi ideali sono la libertà e la giustizia sociale, che – a mio avviso – costituirono un binomio inscindibile, l’un termine presuppone l’altro; non può esservi vera libertà senza giustizia sociale e non si avrà mai vera giustizia sociale senza libertà. E sta precisamente al Parlamento adoperarsi senza tregua perché soddisfatta sia la sete di giustizia sociale della classe lavoratrice. La libertà solo così riposerà su una base solida, la sua base naturale, e diverrà una conquista duratura ed essa sarà sentita, in tutto il suo alto valore, e considerata un bene prezioso inalienabile dal popolo lavoratore italiano».

(continua nella sezione Rassegna stampa) Tomaso Montanari, Volere la luna, 24-IV-2019



Chieti nuova 3 febbraio

Settantaquattresimo anno della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo

Invito a leggere

Resistenza e Costituzione

Se Voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata
la nostra Costituzione,
andate nelle montagne dove caddero i partigiani,
nelle carceri dove furono imprigionati,
nei campi dove furono impiccati.
Dovunque è morto un italiano
per riscattare la libertà e la dignità, andate lì,
o giovani, col pensiero,
perché lì è nata la nostra Costituzione
.”

Piero Calamandrei


Info: www.chietinuova3febbraio.it; facebook.com/chietinuova3febbraio

 


Associazione Nazionale Magistrati – Sez. Abruzzese, Associazione Chieti nuova 3 febbraio, in collaborazione con l’Istituto  comprensivo 3 - Chieti

XXVI Corso di Educazione alla Legalità
nelle Scuole Secondarie di primo grado – a. s. 2018-2019

“La Costituzione e i diritti della persona: Uguaglianza e diversità nella vita quotidiana”

Mercoledì 10 aprile 2019, ore 17.00, Scuola secondaria di primo grado “Antonelli”, via Amiterno,150, Chieti

 

TUTTI UGUALI. TUTTI DIVERSI


Relazione di Roberto Leombroni, docente di Storia e Filosofia


Guai se non fossimo tutti diversi. Il mondo sarebbe terribilmente monotono e noioso. Guai se non fossimo tutti uguali. Continueremmo a sperimentare le odiose discriminazioni che, da sempre, hanno colpito le minoranze e, appunto, i “diversi”. Discriminazioni di “razza”, di genere, di religione, sessuali… Lo slogan “tutti uguali, tutti diversi” costituisce, dunque, una felice sintesi tra la legittima aspirazione a essere se stessi, liberi di scegliere ciò che si vuole essere, e quella a godere degli stessi diritti e assolvere ai medesimi doveri.
Il mondo, purtroppo, fino a secoli relativamente recenti è andato in altra direzione. Eretici, streghe, ebrei, indiani d’America, neri africani, minoranze etniche in genere… sono stati sottoposti a massacri indiscriminati, o ridotti in schiavitù, a causa della loro “diversità”: del colore della pelle, della religione, dei modi di vita “anomali”…
Solo da poco più di due secoli, si è cominciato a parlare di uguaglianza di diritti e doveri tra “diversi”. Merito delle “costituzioni”, nate in diverse situazioni, ma sempre sulla scia di sconvolgimenti rivoluzionari (Inghilterra, Stati Uniti, Francia…), pur con tutti i loro limiti, ad esempio riguardo alle discriminazioni di genere.
L’Italia non fa eccezione. Se oggi possiamo affermare che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali…” è grazie all’art.3 della nostra Costituzione Repubblicana, entrata in vigore il 1° gennaio 1948. Solo poco più di due anni prima (1946) le donne non usufruivano ancora del diritto di voto. E solo dieci anni prima (1938), il regime fascista aveva varato le odiose leggi razziali, che perseguitavano gli ebrei (e non solo). Preambolo della successiva “soluzione finale”, che avrebbe portato all’annientamento di milioni di esseri umani: ebrei, ma anche zingari, omosessuali, handicappati…
È dunque necessario approfondire una riflessione su quella che qualcuno ha definito “la Costituzione più bella del mondo”, mentre qualcun altro, per denigrarla, l’ha definita una “Costituzione sovietica”. Per trovare un giusto equilibrio, e al fine di comprendere le motivazioni del carattere socialmente avanzato e progressista della nostra Costituzione, è necessario ricostruirne, sia pure sinteticamente, la genesi. Partendo dalle origini della nostra nascita come nazione.
Il Regno d’Italia nasce nel 1861 con caratteri ultra-oligarchici. Il Paese “legale” è nelle mani di circa il 2% della popolazione, che ha diritto al voto. Si tratta di un’infima parte, agiata e alfabetizzata, che si contrappone al Paese “reale” (più del 98%), costituito in gran parte da contadini poveri e analfabeti.
A regolare la vita politica e amministrativa del Regno permane lo Statuto Albertino, “gentilmente concesso” dal re di Sardegna, Carlo Alberto di Savoia, nel 1848. Si tratta di una costituzione moderata, che tuttavia riconosce alcuni principi fondamentali del liberalismo: la rappresentanza parlamentare e il rispetto delle libertà individuali (di pensiero, di stampa, di riunione…).
Dal 1861 allo scoppio della prima guerra mondiale, la storia d’Italia, che vede il susseguirsi di varie tipologie di governo liberale, è scandita da un faticoso ma costante progresso verso l’ampliamento della base sociale del Paese. Nel 1912 (governo Giolitti), viene, di fatto, introdotto il suffragio universale maschile.
L’evoluzione democratica del Paese è legata in gran parte alla nascita del movimento operaio e delle sue organizzazioni (Camere del Lavoro, PSI, CGL…), che lottano non solo per migliorare le condizioni materiali dei lavoratori, ma anche per il loro ingresso nella vita politica, in qualità di cittadini-elettori.
L’avanzata verso la democrazia s’interrompe bruscamente con lo scoppio della prima guerra mondiale. In particolare, nei momenti più drammatici del conflitto, le garanzie costituzionali vengono, di fatto, sospese. Il diritto di sciopero è confiscato e la società viene quasi completamente militarizzata.
La vera e propria agonia del sistema liberal-democratico italiano ha luogo tuttavia nel dopoguerra. Il ventennio fascista segna un rapido azzeramento delle conquiste democratiche. Soprattutto dopo il delitto Matteotti (1924) e l’adozione delle leggi “fascistissime” (1925-26), sono cancellate le libertà di stampa, di opinione, di riunione…; sono sciolti tutti i partiti, i sindacati, le organizzazioni non fasciste. Lo Statuto Albertino, se pure non abrogato esplicitamente, è nei fatti “falsificato” (Calamandrei), ridotto a un simulacro. Le decisioni importanti non sono più prese dal Parlamento ma dal Gran Consiglio del Fascismo. E istituzioni come l’OVRA (Organizzazione per la Vigilanza e la Repressione dell’Antifascismo, la polizia segreta fascista) e il Tribunale Speciale badano a reprimere ogni manifestazione di antifascismo. Con buona pace di chi continua a blaterare di un “fascismo buono” fino all’abbraccio con Hitler e alle leggi razziali, la lista degli assassinii politici perpetrati dal fascismo, sin dai suoi esordi, è particolarmente nutrita: Amendola, Gobetti, don Minzoni, Matteotti, Gramsci, Rosselli… e tanti altri anonimi, pagano con la vita la loro opposizione al fascismo e ai suoi metodi squadristici. Per non parlare dei reclusi, dei confinati, degli esiliati.
Di là dai provvedimenti liberticidi, tuttavia, la devastazione operata dal regime fascista opera soprattutto sulle coscienze. Non tanto di quelle degli adulti, molti dei quali serbano memoria del defunto sistema liberale, quanto dei giovani cresciuti nella scuola fascista e nelle organizzazioni di regime (Figli della Lupa, Balilla, GUF, Giovani Italiane…). L’efficace azione di propaganda (abilmente condotta anche attraverso i mass media, cinema e radio soprattutto) e la sistematica epurazione degli antifascisti, portata avanti anche con l’obbligo della tessera del fascio imposta ai docenti, annullanoqualsiasi forma di autonomia di giudizio nelle nuove generazioni, addestrate, attraverso il feticcio dell’ “uomo nuovo”, a conformarsi pedissequamente ai rituali del regime (a partire dalle parate del sabato), a ripetere pappagallescamente i suoi slogan (“Libro e moschetto fascista perfetto”, “Credere, obbedire, combattere”…), a entusiasmarsi acriticamente di fronte ai miti della romanità e dell’impero.
Bisogna attendere il disastro della seconda guerra mondiale perché una parte consistente degli italiani cominci ad aprire gli occhi e ad accorgersi del terribile inganno al quale è stata sottoposta dal duce e dai suoi scherani. Di fronte al dramma dei morti, dei bombardamenti, della distruzione delle nostre città, della fame…, il regime crolla come un castello di carta. Purtroppo a farlo cadere non è una rivolta di popolo, bensì l’iniziativa del re che, dopo aver assecondato sempre Mussolini (dalla marcia su Roma alle leggi razziali), decide di destituirlo.
Le vicende che seguono alla caduta del regime e all’armistizio dell’8 settembre, con l’invasione tedesca dell’Italia centro-settentrionale, aprono tuttavia, con l’inizio della lotta partigiana, un capitolo nuovo della nostra storia. Se è, infatti, indubitabile che la liberazione dell’Italia siadovuta principalmente all’avanzata (ancorché lenta) degli alleati anglo-americani, è altrettanto vero che l’azione partigiana contribuisce notevolmente a rendere più dura la ritirata tedesca e, in molti casi, a salvare il nostro patrimonio industriale. Soprattutto, la lotta partigiana restituisce all’Italia, anche nei confronti degli alleati, la dignità di un Paese che, pur sconfitto militarmente, si riscatta dal suo indegno passato di collaborazione con Hitler.
Grazie alla lotta di liberazione, tanti italiani, in passato succubi della propaganda fascista, scoprono l’ebbrezza della libertà, dell’autonomia di giudizio, della possibilità stessa di combattere dalla parte giusta. Una scelta non sempre facile e scontata, che si contrappone a quella di chi preferisce stare a guardare o addirittura si arruola nelle file del ricostituito esercito fascista della RSI.
Se pure la lotta partigiana si svolge principalmente nel centro-nord (Piemonte, Liguria, Emilia, Toscana…), la prima banda partigiana nasce nella nostra città: la Banda Palombaro, formata da giovani ed ex ufficiali che si riuniscono presso la fornace di Via Colonnetta. I suoi superstiti poi confluiranno nella Brigata Maiella del comandante Troilo, la prima formazione partigiana a entrare in Bologna liberata.
E’ grazie alla Resistenza che si creano le condizioni per la nascita di una nuova Italia. Dopo la liberazione (25 aprile 1945), le forze politiche del CLN si trovano, in stretto contatto con gli eserciti alleati, a disegnare le strutture politiche del nuovo Stato. Uno Stato democratico, che deve nettamente differenziarsi non solo da quello fascista ma anche dal vecchio Stato liberale pre-fascista. Il voto alle donne e la scelta repubblicana costituiscono il maggiore elemento di discontinuità nei confronti del passato. E’ in tale situazione che vede la luce, la Costituzione repubblicana.
Non è retorica definire una sorta di “miracolo” l’approvazione di una delle costituzioni più avanzate nel mondo. Essa, infatti, ha luogo nella fase più delicata dell’immediato dopoguerra. Nel momento in cui si sta incrinando, sulla scia della divisione del mondo determinata dalla guerra fredda, l’unità delle forze antifasciste. Il clima politico in cui l’Assemblea Costituente svolge la propria attività è particolarmente aspro. Lo scontro internazionale tra USA e URSS determina una netta frattura tra la DC da un lato e PCI e PSIUPdall’altro, e lo stesso fallimento del governo Parri (il primo del dopoguerra), il più coerentemente impegnato nell’opera di rinnovamento del Paese. Si tratta di una spaccatura destinata a cristallizzarsi e a provocare il feroce scontro elettorale del 1948.
Ciononostante, i membri della Costituente riescono a sintetizzare il meglio delle diverse tradizioni politiche. Si può senz’altro affermare che nel lavoro dell’assemblea s’incontrano e fondono tre culture: la cattolica, la marxista, la liberal-democratica. La matrice cattolica è riscontrabile in particolare nell’art. 2, laddove si esaltano i diritti inviolabili di cui l’uomo gode non solo come singolo ma anche “nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”, a partire dalla famiglia. L’impronta marxista è invece evidente nei continui richiami del testo al valore del lavoro. L’orientamento liberal-democratico è senza dubbio presente nella separazione tra Stato e Chiesa (art. 7), nonostante l’evidente contraddizione tra il 1° e il 2° comma (che accoglie i Patti Lateranensi). In ogni caso, l’aspetto che più caratterizza il testo costituzionale è la comune volontà di dare vita a un’organizzazione statale nettamente contrapposta allo Stato fascista.
Nella nostra Costituzione, come ebbe a esprimersi Piero Calamandrei al termine dei lavori della Costituente, “c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato…”. Mazzini è presente nell’esaltazione della “solidarietà politica, economica e sociale” (art. 2) e nel ripudio della “guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli” (art. 11). Cavour lo ritroviamo invece nell’art.8, che considera “tutte le confessioni religiose… egualmente libere davanti alla legge”. Cattaneo ha sicuramente ispirato il riconoscimento delle “autonomie locali” (art. 5). E l’art. 53 (“l’ordinamento delle Forze armate s’informa allo spirito democratico della Repubblica”) tradisce un inequivocabile influsso garibaldino. Nell’esclusione della pena di morte (art. 27), non è difficile, invece, rintracciare l’eco delle teorie di Cesare Beccaria. Ma è soprattutto nella Resistenza, secondo Calamandrei, che va ricercata l’anima della Costituzione: “Se voi giovani volete andare in pellegrinaggio dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”.
Non a caso, il testo costituzionale si chiude con le “Disposizioni transitorie e finali”, tra le quali il divieto di “riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”. Un principio, purtroppo, spesso disatteso.
In conclusione, il grande valore della Costituzione consiste soprattutto nell’aver restituito la condizione di cittadini a un popolo che si era ridotto a quella di sudditi. E il concetto di cittadinanza è strettamente connesso a quello dei diritti. Oggi viviamo una fase forse altrettanto delicata di quella del dopoguerra. Una fase in cui i diritti delle minoranze subiscono furibondi attacchi. Si pensi ai rigurgiti razzisti, xenofobi, omofobi… O agli attacchi che, in nome della difesa della “famiglia naturale”, si muovono nei confronti di diritti conquistati negli ultimi decenni (194, unioni civili…). In tale situazione, la Costituzione rappresenta indubbiamente un ostacolo, di cui liberarsi al più presto. Ed è proprio per tale motivo che la sua intransigente difesa, almeno per quanto concerne i suoi articoli fondamentali, resta un imperativo imprescindibile per chi vuole difendere la democrazia. Affinché resti la possibilità di essere “tutti uguali, tutti diversi”.



Autonomia differenziata: il paradosso del comma 22

Nel suo libro “La svastica sul sole” lo scrittore di fantascienza americano Philips Dick provava ad immaginare come sarebbe stata l’America se i nazisti ed i giapponesi avessero vinto la seconda guerra mondiale. Ci siamo sempre chiesti: come avrebbe immaginato Philips Dick l’Italia se Mussolini ed Hitler avessero vinto la guerra? Certamente nell’Italia con la svastica sul sole non ci sarebbe stata la Repubblica ed una Costituzione democratica fondata sul lavoro e sull’equilibrio dei poteri. Ed è proprio la Costituzione che impedisce che la svastica possa oscurare il nostro sole, malgrado la politica si sia svincolata sempre di più dai valori fondanti della Repubblica. In questo tempo oscuro, fra i principi fondamentali della Costituzione quello più a rischio è il principio dell’unità e indivisibilità della Repubblica, espresso dall’art.5.

(continua nella sezione Rassegna stampa) Domenico Gallo, Il Corriere della Irpinia, 12- IV- 2019



Criminalizzare l’immigrazione serve al mercato della sicurezza

Immigrazione. È un giro d’affari di 16 miliardi di euro con una previsione di crescita dell'8% all'anno. E che l’esternalizzazione delle frontiere sostenuta dall’Ue fa lievitare a dismisura

Rendere clandestina l’immigrazione ha un suo tornaconto. Spacciarla per emergenza e dichiararvi guerra, quel tornaconto lo fa lievitare in modo esponenziale. C’è un tornaconto politico, quello dei sovranisti che basano il loro consenso elettorale sulla distorsione del fenomeno migratorio e delle dinamiche complesse che gli sottendono. C’è poi un tornaconto economico, quello dell’industria della sicurezza che ha trasformato l’Europa in una trincea militarizzata: motovedette, droni, veicoli per la polizia di frontiera, telecamere di sorveglianza, sistemi biometrici.

(continua nella sezione Rassegna stampa) Alessandra Briganti, Il Manifesto, 9-IV-2019



Marco Revelli, Questa Italia ha sdoganato la sua ferocia

«Tempo di paura, tempo di autoritarismi», sintetizzava qualche giorno fa su queste pagine Gustavo Zagrebelsky: più si ha paura, più si teme il diverso da sé, più si è disposti in cambio di protezione a rinunciare a diritti e libertà. Un accostamento – questo tra semina della paura e rischio di involuzione autoritaria – presente anche nelle parole di papa Francesco, quando sul volo dal Marocco ha ricordato l’ ascesa al potere di Hitler nella crisi della Repubblica di Weimar. Uno spettro s’ aggira nel dibattito pubblico, un fantasma a cui è possibile dare nomi diversi da prospettive diverse ma che riguarda il medesimo opaco amalgama che va infestando le case degli italiani tra xenofobia, razzismo, intolleranza, disprezzo dell’ altro. Secondo Antonio Scurati non abbiamo fatto i conti fino in fondo con il regime di Mussolini, il grande rimosso. E se Eugenio Scalfari e Luciano Canfora a proposito della forza politica che più cavalca l’onda nera non esitano a evocare il fascismo storico, le società psicoanalitiche italiane – solitamente litigiosissime tra loro – per la prima volta si accordano su una comune diagnosi nefasta: tutti gli attuali sintomi potrebbero degenerare in “una società psicopatica, paranoica e autoritaria”. «Hanno ragione gli psicoanalisti», interviene Marco Revelli, professore di Scienza Politica all’Università dell’ Europa Orientale e autore per Einaudi del recente Politica senza politica.

(continua nella sezione Rassegna stampa) Simonetta Fiori, La Repubblica, 3-IV-2019



Associazione Nazionale Magistrati – Sez. Abruzzese

Associazione Chieti nuova 3 febbraio

in collaborazione con

l’Istituto  comprensivo 3 - Chieti

XXVI Corso di Educazione alla Legalità
nelle Scuole Secondarie di primo grado – a. s. 2018-2019

Mercoledì 10 aprile 2019, ore 17.00

Scuola secondaria di primo grado “Antonelli”

via Amiterno,150, Chieti


La Costituzione e i diritti della persona:

Uguaglianza e diversità nella vita quotidiana


Intervengono

Roberto Leombroni, docente di Storia e Filosofia

Angelo Zaccagnini, magistrato


Progetto CineScuola

Giovedì 4 Aprile, ore 11,15 - “Il Percorso della Memoria”- incontro preliminare con gli studenti e gli insegnanti, a cura di Costantino Di Sante, Marco Fraticelli, Francesco Baldassarre e Roberto Leombroni. Creazione di app e assegnazione agli studenti dei gruppi di lavoro.



Riceviamo e pubblichiamo

Università popolare di Attac Italia

in collaborazione con
Poveglia per tutti – La Vida – Rete Set – Cobas Comune – Patto per Venezia consapevole – Eddyburg

“Una città per tutti”

VENEZIA, 6/7 aprile 2019
Sala San Lorenzo, Castello 5065/I

sabato 6 aprile 2019

ore 10.30 – 13.00
“Beni comuni urbani per la comunità o per la rendita finanziaria?”

“Poveglia per tutti”
Anna Brusarosco

“La Vida”
Maria Fiano e Silvio Cristiano

Eddyburg
Ilaria Boniburini

“L'avvenire della città fra governo e governance”
Domenico Luciani (architetto)

ore 14.30 – 18.00
“Città di chi la abita o vetrina mordi e fuggi?”

“L'ideologia della sicurezza e del decoro”
Roberto Guaglianone (giornalista – Attac Italia)

“Turistizzazione e diritto all'abitare”
Caterina Borrelli (Rete Set)

“Crocierismo e città”
Giuseppe Tattara (Università Cà Foscari Venezia)

“Qui non si abita in infradito: i filtri di classe alla città"
Giancarlo Ghigi (e.laboratorio civico residenza)

"Piattaforme Internet e rendita urbana"
Gerardo Marletto (Università di Sassari)

“Di chi è la città?”
Paolo Berdini (urbanista)


domenica 7 aprile 2019

ore 10.00 – 13.00
“Città e ricchezza collettiva – per la riappropriazione sociale”

“La riappropriazione della finanza locale”
Marco Bersani (Attac Italia)

“La riappropriazione dei beni comuni urbani”
Maria Francesca De Tullio (Università Federico II Napoli)

“Per un'altra economia territoriale”
Paolo Cacciari (giornalista e saggista)

“Un patto per un'altra città”
Alberto Madricardo (P.E.R. Venezia consapevole)



Quota d'iscrizione: 10 euro (il ricavato serve unicamente a coprire le spese di realizzazione)
Per informazioni: Francesco Penzo Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. , recapito cell. 392 670 3023