Home Page III trim. 2011

Stampa

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Stampa e giustizia
Se il cane da guardia non morde


Cane da guardia della democrazia. Questo è il ruolo che la stampa svolge (deve svolgere, deve poter svolgere) in una società democratica, secondo una formula ripetutamente utilizzata, con lessico anglosassone, dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. L’immagine è ricca di indicazioni. Il buon cane da guardia gira libero attorno a casa, orecchie tese e naso al vento. E abbaia, anche più forte del necessario e qualche volta deve mordere. Così la stampa.
La libertà di espressione è uno dei fondamenti essenziali di una società democratica e vale non soltanto per le informazioni o le idee accolte con favore o che sono inoffensive o indifferenti, ma proprio e specialmente per quelle che urtano e inquietano. Sulle questioni di interesse per il dibattito pubblico, al diritto di diffondere informazioni e opinioni corrisponde quello del pubblico di riceverle. Cérto è possibile prevedere limiti alla libertà di espressione, quando siano in pericolo la sicurezza nazionale o l’ordine pubblico o occorra difendere la morale o la reputazione altrui, oppure si debba impedire la divulgazione di segreti o sia necessario proteggere l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario. Riprendo dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo questa elencazione di ipotesi di restrizioni legittime. Ma anche in quei casi solo una necessità imperativa può giustificare le limitazioni. Alle ristrette possibilità di cui dispone l’autorità pubblica nel limitare la libertà di informazione si accompagna però il richiamo ai doveri professionali e alla responsabilità di chi, esponendo i fatti ed esprimendo il suo pensiero, si avvale della libertà di espressione.
Questo quadro di principi costituisce un tratto identitario della civiltà europea e occidentale. Nessuna società europea può distaccarsene, nessun governo può rifiutarlo o forzarlo…

(continua nella sezione "Rassegna stampa") Vladimiro Zagrebelsky, La Stampa, 30-IX-2011

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Torna il bavaglio


Piazza pronta alla mobilitazione
Mentre alla Camera riprenderà la discussione sul ddl intercettazioni, domani cittadini e associazioni si ritroveranno dalle 15 alle 18 in piazza del Pantheon a Roma per difendere la libertà di informazione

La manifestazione, indetta dal Comitato per la libertà e il diritto all’informazione, alla cultura e allo spettacolo ha finora raccolto le adesioni, fra gli altri, della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi), Cgil, Articolo 21 e Libertà e Giustizia.

“In un paese normale – spiega Franco Siddi, segretario della Fnsi sul sito – discutere di questo progetto non sarebbe affatto urgente. Ma da noi c’è un premier che cerca di cancellare i suoi guai, pubblici e privati, accusando i giornali”. Il ddl intercettazioni infatti è l’ennesima legge ad personam per Silvio Berlusconi che vuole limitare le intercettazioni per i magistrati, vietare la pubblicazione degli atti di indagine per i giornalisti anche se non sono più coperti dal segreto istruttorio. E per quanto riguarda la censura alla rete, ripropone la famigerata norma “ammazza blog”, contenuta nel comma 29 dell’articolo 1, che obbliga alla rettifica tutti i siti informatici a 48 ore dalla segnalazione, pena una multa di 12.500 euro. Se il provvedimento, come probabilmente accadrà, sarà soggetto al voto di fiducia e dunque a un’approvazione lampo non sarebbero nemmeno contemplati gli emendamenti al comma.

Nella proposta di legge non importa se l’oggetto della rettifica sia un contenuto che corrisponda o meno alla verità, visto che per richiederla è sufficiente che la persona offesa lo consideri lesivo della propria dignità. La norma, congelata da un anno dopo le proteste nel 2009 e nel 2010, intende esercitare un forte potere intimidatorio e di autocensura anche per i blog amatoriali perché estende il dovere di rettifica, già previsto per la stampa, alla rete intera. Eleonora Bianchini, il Fatto Quotidiano, 28-IX-2011

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Il cavaliere scomunicato


«Mortifica soprattutto dovere prendere atto di comportamenti non solo contrari al pubblico decoro, ma intrinsecamente tristi e vacui… «C'è da purificare l'aria perché le nuove generazioni - crescendo - non restino avvelenate»…
Berlusconi non va più bene a nessuno, né al Vaticano e neppure alla Confindustria...
La destra ha scaricato Berlusconi, ma c'è una sinistra in grado di dare la spallata finale? Questo è l'interrogativo cruciale. Ancora - va detto - non c'è in campo un'opposizione capace di formulare un programma di governo e organizzare una mobilitazione di massa per disarcionare il cavaliere, capo di un governo sempre più personale e clientelare. Che cosa è il Pdl se non una sommatoria di interessi particolari e abbastanza corrotti. Credo che mai ci sia stata in Italia una maggioranza di governo così eteroclita e d'affari e, aggiungerei, legata dal massimo della corruzione italiana.
Siamo - è una ripetizione - in una situazione di grave crisi (la disoccupazione cresce), se c'è ancora una sinistra, una forza democratica, batta un colpo. E presto. Più tempo passa più la situazione peggiora, più il paese perde di forza e di dignità. Se Berlusconi non va più bene neppure al Vaticano, darsi una mossa sarebbe obbligatorio.
In questa situazione di straordinaria emergenza forse sarebbe utile una riunione di tutte le forze di opposizione per definire un comune programma di emergenza per riportare il paese a una normalità democratica e ai suoi oggettivi conflitti.
Valentino Parlato, Il Manifesto, 27-IX-2011

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“Il Sud verso uno tsunami demografico”


Nei prossimi anni via 2,5 milioni di giovani
Il Rapporto Svimez 2011 prevede un ribaltamento della composizione sociale tra le aree del Paese, causato soprattutto dalla disoccupazione. Nel Mezzogiorno lavorano appena un giovane su tre e una donna su quattro. Solo nel 2009 sono andati via in 109mila, il 54% dei quali con laurea o diploma. Flavio Binni, La Repubblica, 28-IX-2011


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Il peggio può arrivare


Grande e melmosa è la confusione sotto il cielo. La crisi del finanzcapitalismo investe tutto il mondo occidentale, Stati uniti in testa. In Europa è peggio. C'è un debito da fallimento e c'è un arresto della crescita. La situazione è massimamente contraddittoria: per ridurre il debito bisogna risparmiare, ma risparmiare deprime la crescita. Come uscirne? La risposta è difficile.
Anche l'Italia è in questa situazione. Declassata dall'agenzia di rating Standard&Poor's per il debito e da un blocco della produttività e della produzione da un po' di anni. Crescita della disoccupazione e calo della domanda. In contemporanea c'è una brutta crisi politica: anche il berlusconismo fa acqua, non riesce a governare, che è la cosa più seria, ed è travolto da scandali pesanti. C'è il fatto che oggi l'attuale Presidente del Consiglio è l'uomo più ricattato d'Italia, e questa condizione non aiuta alcun governo.
In Italia siamo così a un intreccio di crisi politica e crisi economica e, per esperienza e memoria, tutti sappiamo che quando la crisi economica agisce sulla politica la deriva di destra è inevitabile.

(continua nella sezione "Rassegna stampa") Valentino Parlato, Il Manifesto, 21-IX-2011

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LA PERUGIA-ASSISI
Una marcia contro la crisi


«L'economia mondiale sta diventando sempre più ingiusta e insostenibile: uccide più delle bombe». «Quest'ingiustizia affonda le radici in un neoliberismo che non sa rispondere ai veri bisogni delle persone» e cresce in un'economia che privilegia «le rendite finanziarie e i guadagni speculativi anziché la produzione, la crescita quantitativa anzichè la qualità, lo sfruttamento della natura e dell'ambiente anziché la loro protezione». Dopo la crisi finanziaria di questi mesi non è difficile essere d'accordo con questa critica.
Ma queste parole erano scritte 14 anni fa nell'appello della Marcia Perugia-Assisi "Per un'economia di giustizia" del 12 ottobre 1997. La Tavola della Pace, nata in quell'occasione, portò centomila persone a chiedere - con indubbia capacità di anticipazione - un'economia meno ingiusta. La pace si costruisce con la giustizia, e l'ingiustizia dell'economia che si globalizza è la fonte principale dei conflitti, «uccide più delle bombe». La soluzione è in un ordine internazionale che faccia a meno delle armi e che riduca sottosviluppo e disuguaglianze. Per farlo, il potere dei mercati, della finanza e delle grandi imprese multinazionali deve cedere il passo agli strumenti della politica e ai diritti delle persone. Questo il filo del discorso di allora.

(continua nella sezione "Rassegna stampa") Flavio Lotti, Mario Pianta, Il Manifesto, 21-IX-2011

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Secessione, Presidente intervenga


Signor Presidente, in questo momento, che è il peggiore della storia repubblicana, mi rivolgo a lei, certo di farlo a nome di moltissimi italiani, perché Lei è il capo di uno Stato ferito a morte e resta l’unico riferimento, l’Istituzione, ma anche la persona, a cui i cittadini guardano senza sarcasmo.

La tempesta che si sta scatenando su tutto il mondo industriale colpisce, in Italia, un Paese alla deriva, privo di governo, preda di corruzione e ricatti, travolto da conflitti autogenerati nei punti cruciali di raccordo delle sue istituzioni. Tutti i Paesi ricchi possono essere preda di speculazione. L’Italia è una preda inerte. Lei, Signor Presidente, non può contare – se fosse convocato il Parlamento – su una maggioranza politica, motivata, coerente. Essa è scomparsa, come hanno dimostrato ripetute prove elettorali e referendarie, ed è stata sostituita, nelle due Camere, da nuovi membri acquistati, volta per volta e voto per voto. E dunque ciò che presentano oggi come maggioranza non corrisponde al consenso che, nel 2008, aveva legittimato il governo. Lei, in Parlamento, avrà di fronte deputati e senatori che non sono pro o contro qualcosa. Sono a disposizione di una persona ricca e malata. Si sono dati l’unico compito di esultare e applaudire in piena tempesta, un uomo spaventato, incapace e inseguito da pesanti ricatti.

L’ultimo ricatto, forse persino più grave di quelli che trapelano dalle inchieste giudiziarie, è il ricatto di una parte politica, la Lega Nord che controlla tre importanti ministeri, tra cui il ministero dell’Interno e – allo stesso tempo – dichiara apertamente di lavorare alla secessione contro la Repubblica “unica e indivisibile” (art. 5 della Costituzione) e fa sequestrare dalla polizia italiana il tricolore, strappandolo dalle mani di cittadini che volevano testimoniare il legame con il loro, il nostro Paese. A quei cittadini sono state rivolte minacce e insulti di immensa volgarità in una piazza italiana alla presenza e con il concorso di importanti ministri del governo italiano. Signor Presidente, la irresponsabile farsa che l’Italia è costretta a vivere, tra ricatti e malavita che assediano il presidente del Consiglio, mentre un partito di governo esprime il suo disprezzo per la Repubblica e la tempesta economica si fa ancora più grave per mancanza di guida, molti italiani pensano che solo Lei possa prendere un’iniziativa legittima e condivisa. Ma gliela chiedono subito. Il silenzio è la porta accanto al buco nero del disastro. Furio Colombo, Il Fatto Quotidiano, 20-IX-2011

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L’abbuffata primordiale del berlusconismo

A differenza dei molti che se ne sentono nauseati, penso che questo travolgente romanzo telefonico, questa sgrammaticata versione del “Pasto nudo”, sia il più istruttivo, il più completo, il più penetrante ritratto di quella schiuma sociale che ci assedia da una quindicina d’anni: il berlusconismo.
Che si è diffuso esercitando una sua primordiale attrazione in ogni strato sociale, dai milioni di giovani analfabeti coltivati, tatuati e avvelenati dalla diseducazione tv, fino agli squali d’alta finanza, le dinastie di boiardi di Stato o di impresa. Capace in ogni luogo identitario – come il posto di lavoro, l’Outlet, il bar, il partito politico, il clan familiare – di inglobare i peggiori difetti per trasformarli, come una carta assorbente che smacchia, in uno sfacciato catalogo di qualità correnti, astuzie, persino giocoso antidoto alla noia del moralismo.

Il quale è sempre un ostacolo antiquato al traguardo della indiscriminata equivalenza etica, la sola matematica ammessa dal berlusconismo. Che sempre persegue il reciproco vantaggio e insieme il reciproco ricatto, come deve essere tra i complici che si accordano per spartirsi il prossimo affare e scannare la prossima patonza. Pino Corrias Il Fatto Quotidiano, 18-IX-2011

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Sulle intercettazioni

Quanto costano: il sistema delle intercettazioni è costato 240 milioni di euro. Nel 2008 le aziende erano 120; quasi il 18% è fallito anche per non essere stato pagato dallo Stato nonostante la direttiva europea che intima di pagare i fornitori della Pubblica Amministrazione a 60 giorni.

Quanto rendono: Negli ultimi due anni sono stati recuperati 15 miliardi e mezzo di euro di cui 2,5 in contanti depositati nel Fondo Unico Giustizia del Ministero. Nonostante questo neppure un euro è stato reindirizzato per sanare il debito da 500 milioni di euro che il Ministero della Giustizia ha nei confronti delle società.

Le inchieste: Oggi le aziende del comparto intercettazioni sono 98. Tra gli obiettivi raggiunti con le intercettazioni ci sono lo scandalo della clinica Santa Rita e quello di Calciopoli…Oltre alla telefonata tra Fassino e Consorte per la scalata Unipol a Bnl. Ecco perché vogliono il bavaglio. Senza intercettazioni le orge di Arcore sarebbero “cene eleganti”, i soldi a Tarantini “generosità”. Antonella Mascali e Ferruccio Sansa, Il Fatto Quotidiano, 18-IX-2011

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Ci porta a fondo con lui

A tempo perso faccio il primo ministro”, confessa Berlusconi a una delle sue prezzolate. In qualsiasi altro paese vagamente civile, un primo ministro così verrebbe fatto interdire. Uno che considera governare tempo perso, ma non ne perde affatto quando si tratta di ingaglioffire le istituzioni a fini personali, una legge dopo l’altra e una nomina dopo l’altra, e una baldracca dopo l’altra in cambio di quelle nomine, o di lucrosissimi appalti con cui i suoi ruffiani e le sue cricche hanno spolpato il paese. Ma se da noi avanzi questa modestissima ovvietà troverai subito un Giuliano Ferrara o un Minzolini pronti a stracciarsi le vesti e accusare i “giustizialisti” – dalle tv totalitariamente occupate – di voler perseguitare Berlusconi con gli “ospedali psichiatrici” della Russia di Breznev.

Eppure qui non interessa l’evidente stato clinico già testimoniato anni fa dalla signora Berlusconi, ma le macerie cui il primo ministro “a tempo perso” ha ridotto l’Italia per potersi coltivare la sua privatissima patologia. Macerie che stanno riducendo in povertà milioni di cittadini, mentre arricchiscono a dismisura le schiere dei lanzichenecchi e dei lacchè di regime.

In qualsiasi altro paese vagamente civile, sarebbero i suoi ad averlo da tempo messo alla porta. I colleghi di partito di Helmut Köhl – con la signora Merkel in testa – fecero dimettere il Cancelliere della riunificazione (un’impresa storica) per una semplice indagine su una spesa elettorale non dichiarata. Eppure i politici tedeschi non sono santi né anacoreti. Non è però un caso se tale moralità minima, o la sua assenza (come in Italia) pesano anche sui mercati: il ministro Tremonti (auguri per Milanese, en passant) ci assicura che la nostra economia reale è in salute, dunque la differenza la fa solo la credibilità della Merkel rispetto a quella di Berlusconi. E quando le oscenità di quest’ultimo rispetto alla prima diventeranno conclamate (e non più mero segreto di Pulcinella) cosa succederà? Oggi l’unico leader europeo pronto ad abbracciare Berlusconi è l’ex capo del Kgb Vladimir Putin, gli altri se possono evitano perfino di stringergli la mano. Ma Berlusconi per i suoi è inamovibile perché ha costruito un vero e proprio sistema di potere con aspetti criminali, ramificato in Parlamento, negli enti pubblici (che trattano affari miliardari con armamenti e petrolio), negli appalti, nelle tv e nella (dis)informazione. Migliaia di bocche insaziabili che occupano il Palazzo, e che con la caduta di Berlusconi rischiano povertà e galera. Complici. Paolo Flores d’Arcais, Il Fatto Quotidiano, 18-IX-2011


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Unione vittime per stragi

(Associazioni delle stragi di: Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Treno Italicus, Stazione di Bologna del 2 Agosto 1980, Rapido 904, Firenze Via dei Georgofili),


COMUNICATO

Vogliamo sottolineare il grande valore della sentenza del tribunale civile di Palermo, che ha condannato lo Stato a risarcire per danni un gruppo di parenti delle vittime della strage di Ustica.

Una sentenza estremamente importante, perché non si limita a condannare i ministeri della Difesa e dei Trasporti, ma lo fa evidenziando le responsabilità dovute alla sicurezza e mette in luce i comportamenti negativi e non collaborativi con l'autorità giudiziaria tenuti da parte di appartenenti ad organi dello Stato che, pur nelle diversità di personaggi e situazioni, sono state comuni alle indagini sulle altre stragi che hanno colpito il nostro Paese.

A fronte di ciò appare ancora più colpevole l'atteggiamento assunto dal sottosegretario Carlo Giovanardi - evidentemente d'intesa con il Governo - che ha preannunciato ricorso contro di essa.

L'unione stigmatizza il comportamento Governo, che:anziché farsi carico del buon esito delle rogatorie internazionali riguardanti la strage di Ustica; impegnarsi nel rendere operativa la nuova legge sul segreto di Stato, promulgata all'inizio del 2007 e tutt'ora priva dei decreti applicativi, sembra cercare in tutti i modi di fiaccare la volontà dei familiari delle vittime nella loro legittima ricerca della verità.

Ne è prova: la mancata partecipazione alla manifestazione per il 31° anniversario della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, la denuncia per vilipendio inviata dal coordinatore del PdL Fabio Garagnani al presidente dell'Unione familiari vittime per stragi Paolo Bolognesi, per la sua insistente richiesta di giustizia, chiedendo che con il segreto di Stato, non si coprano i mandanti delle stragi, la mancata applicazione della legge 206/04 "Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice", che costringe i familiari a defatiganti iter per farla applicare completamente.

I morti delle stragi terroristiche e l'impunità delle stesse, reclamano ben altra attenzione da parte degli organi governativi. Inoltre, e nel caso specifico di Ustica, non vi sia il necessario impegno governativo nell'azione diplomatica che pretenda risposte alle rogatorie internazionali ancora inevase. Il Presidente Paolo Bolognesi

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Appello sottoscritto da illustri giuslavoristi contro l'approvazione dell'art. 8 della manovra economica

"L'inseguirsi quotidiano di proposte inique ed estemporanee che caratterizza il cammino tormentato della manovra finanziaria rischia di distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dalla sorte dell'art. 8 del Decreto, ossia dalla norma che rappresenta l'attentato più grave - e quasi incredibile - che si sia avuto, fin dalla nascita della Repubblica, ai danni dei diritti dei lavoratori.
Infatti, non è in gioco questa o quella legge protettiva, ma lo sono tutte, ovvero l'intero diritto del lavoro, perché l'art. 8 consente ai contratti aziendali (o territoriali) di derogare non solo ai contratti collettivi nazionali, ma - e questo è davvero enorme - anche ai disposti di legge.
Si tratta di un vero tentativo di eversione dell'ordinamento, ed in specifico del principio fondante di gerarchia delle fonti del diritto, che da sempre prevede la prevalenza della legge sul contratto individuale e collettivo, e, in materia di lavoro, che le leggi siano inderogabili, perché i lavoratori siano protetti anche contro sé stessi, contro la loro debolezza e ricattabilità. Proprio questo, invece, vogliono il Ministro Sacconi e la Confindustria: che ogni datore di lavoro possa eliminare una, più di una o tutte le tutele legislative dei suoi dipendenti (a cominciare, ovviamente, da quella contro i licenziamenti ingiustificati) solo concordandolo con un sindacalista locale, ricattabile o corruttibile o comunque "comprensivo".
In questo modo si seminano caos e ingiustizia perché il mondo del lavoro diverrebbe "la pelle di leopardo" a seconda che il rappresentante sindacale aziendale sia "rigido" o "cedevole" e si sparge altresì il seme della discordia civile, perché le reazioni degli interessati contro la svendita "al minuto" a livello aziendale dei loro diritti potrebbero divenire incontrollabili.
È, invece, principio irrinunciabile che su eventuali sacrifici che vengano loro richiesti - ma che mai possono comunque riguardare diritti legislativamente stabiliti - i lavoratori interessati si pronunzino direttamente, con referendum, in modo vincolante.
L'art. 8 del Decreto è, anche tecnicamente, una norma insostenibile, e per più versi incostituzionale e come tale, se dovesse il Decreto esser convertito in legge, sarà fermamente combattuta da tutti gli operatori giuridici democratici nelle sedi di competenza, ma occorre adesso privilegiare il profilo politico, e cioè scongiurare la vergogna che una norma del genere possa, anche per poco tempo, divenire legge della nostra Repubblica".

Umberto Romagnoli, Luciano Gallino, Mario Tronti, Piergiovanni Alleva, Associazione per i diritti sociali e di cittadinanza, Flavia Bruschi, Antonio Di Stasi, Filippo Distasio, Giuseppe Giacomino, Carlo Guglielmi, Silvana Lamacchia, Andrea Lassandari, Vincenzo Martino, Sergio Mattone, Nyranne Moshi, Giovanni Naccari, Pierluigi Panici, Alberto Piccinini, Nino Raffone...

Le adesioni vanno indirizzate a Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

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15 settembre 2011

18° anniversario dell’uccisione di padre Giuseppe Puglisi


V. su You Tube il video a cura di Ennio Di Francesco, regia di Stefano Falco, http://www.youtube.com/watch?v=IF3WuMRgxMI

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Crisi economica e crisi politica

I tempi dell´emergenza scardinano le regole, distorcono le istituzioni, riducono i diritti. Inevitabile, si dice. Tesi assai discutibile, ma che comunque non esonera dall´obbligo di misurare gli effetti, anzi i guasti, che tutto questo produce, per avere cognizione della realtà e per prepararsi, se mai sarà possibile, a ricostruire un sistema di nuovo guidato dalla normalità democratica. Non è vicenda soltanto italiana. Ma, come purtroppo accade sempre più spesso, in Italia assume caratteri patologici e pericolosi, e sta determinando quello che ormai deve essere definito come un permanente stato di eccezione.
Tra luglio e agosto, sotto la pressione della crisi finanziaria e del diktat della Banca centrale europea, sono state messe a punto due frettolose "manovre" economiche, adottate con decreto legge e affidate poi a continue e sgangherate riscritture. Valutazioni di merito a parte, l´accelerazione impressa all´approvazione di quei decreti ha determinato un funzionamento del sistema parlamentare che accentua in modo inquietante la già evidente crisi della rappresentanza. L´urgenza di una risposta adeguata, pena il tracollo finanziario, ha infatti creato uno stato di necessità che si è tradotto in una "responsabilità" dell´opposizione a garantire l´approvazione delle manovre nei tempi più rapidi possibile. Ma, scontata la drammaticità della situazione, si può accettare senza una minima riflessione questa nuova istituzionalizzazione del ruolo dell´opposizione, che la vede obbligata ad una responsabilità senza potere? Si deve salvare la patria, d´accordo. Ma a quale prezzo?

(continua nella sezione "Rassegna stampa") Stefano Rodotà, La Repubblica, 14-IX-2011

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Cultura, un patrimonio sprecato

… La sola via di salvezza dell'Italia oggi passa per la risorsa cultura. L'investimento in cultura, checché ne pensi Tremonti, genera immediatamente una (piccola o grande, limitata alla vita delle città o estesa alla riconoscibilità di un paese nel mondo globale) crescita economica. Nessun altro tipo di spesa pubblica può produrre quest'effetto. E se poi pensiamo agli investimenti di lungo periodo, dove se non in Italia ci potrebbe essere un'università di eccellenza, capace di attirare studenti da tutto il mondo, sul patrimonio culturale, e sulla straordinaria tradizione di qualità della vita nelle nostre cento città? Dove ci potrebbe essere una scuola di formazione superiore, con ambizioni mondiali, per l'opera lirica, per il teatro, per il cinema? Siamo o non siamo il paese di Rossellini e di Bava, di Visconti, Strehler, Ronconi e De Berardinis? Se solo l'Italia si riallineasse alle scelte europee di Francia e Germania, che in modo diverso, attraverso lo stato centrale o le Regioni, investono grandi quote del proprio Pil in cultura. E se concepissimo le grandi opere come restauro del paesaggio e della bellezza del territorio e delle nostre città, altro che ponte di Messina e Tav!
L'ironia maggiore è che spesso abbiamo creato un sistema di grandi attrattori culturali, e - già spesi centinaia di milioni di euro di denaro pubblico per creare il capitale fisso e l'immagine giusta - ce ne chiamiamo fuori. In questo Roma è davvero capitale. Non si fa a tempo ad inaugurare il Maxxi di Zaha Hadid che il Ministero dei Beni Culturali se ne chiama fuori e lo trasforma in Fondazione dalle scarse risorse economiche, strutturalmente incapace di reggere la corsa del Guggenheim, del Centre Pomipdou e persino di Bilbao, cioè la concorrenza. E qual è il futuro prossimo dell'Auditorium Musica per Roma, unica nostra azienda culturale di dimensione europea, in questi tempi di ritirata? Intanto il Macro, l'Azienda autonoma Palaexpò sono già offerti in svendita ai privati. Come il cane di Esopo, si lascia cadere in acqua quello che si ha, e si desidera quello che non si ha, con provvidenziale fiducia nel grande evento: Napoli 2013, Milano 2015, Roma 2020 che siano, inventandosi assurdità come il circuito di Formula 1 all'Eur, proponendosi di cementificare l'Eur come unica maniera di finanziare cantieri infiniti, il cui costo non si è mai stati capaci nemmeno di prevedere, altro che gestire.
Ogni seria analisi sulla gestione della spesa pubblica per la cultura, anche attraverso aziende esternalizzate, sul modello dell'agenzia per il cinema francese, etc. - studi che pure esistono, elaborati negli ultimi vent'anni da economisti come Paolo Leon o Pietro Valentino, o da associazioni come quella per l'economia della cultura o Federculture - vengono disattesi o, peggio, ignorati. Invece resistono gli sprechi clientelari più chiaramente pubblicitari, come i milioni di euro buttati dalla Regione Calabria in spot sui Bronzi di Riace o per avere la diretta Rai di Miss Italia. Renato Nicolini, Il Manifesto, 14-IX-2011

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Riceviamo e pubblichiamo:

Omeopatia, dentista e psicologo tutti i rimborsi per i deputati
12 aprile 2011


Per la prima volta viene tolto il segreto su quanto costa ai contribuenti l'assistenza sanitaria integrativa dei deputati. Si tratta di costi per cure che non vengono erogate dal sistema sanitario nazionale (le cui prestazioni sono gratis o al più pari al ticket), ma da una assistenza privata finanziata da Montecitorio. A rendere pubblici questi dati sono stati i radicali che da tempo svolgono una campagna di trasparenza denominata Parlamento WikiLeaks.
Va detto ancora che la Camera assicura un rimborso sanitario privato non solo ai 630 onorevoli. Ma anche a 1109 loro familiari compresi (per volontà dell'ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini) i conviventi more uxorio.
Ebbene, nel 2010, deputati e parenti vari hanno speso complessivamente 10 milioni e 117mila euro. Tre milioni e 92mila euro per spese odontoiatriche.
Oltre tre milioni per ricoveri e interventi (eseguiti dunque non in ospedali o strutture convenzionati dove non si paga, ma in cliniche private). Quasi un milione di euro (976mila euro, per la precisione), per fisioterapia. Per visite varie, 698mila euro. Quattrocentottantotto mila euro per occhiali e 257mila per far fronte, con la psicoterapia, ai problemi psicologici e psichiatrici di deputati e dei loro familari.
Per curare i problemi delle vene varicose (voce "sclerosante"), 28mila e 138 euro. Visite omeopatiche 3mila e 636 euro. I deputati si sono anche fatti curare in strutture del servizio sanitario nazionale, e dunque hanno chiesto il rimborso all'assistenza integrativa del Parlamento per 153mila euro di ticket.
Ma non tutti i numeri sull'assistenza sanitaria privata dei deputati, tuttavia, sono stati desegretati. "Abbiamo chiesto - dice la Bernardini - quanti e quali importi sono stati spesi nell'ultimo triennio per alcune prestazioni previste dal 'fondo di solidarietà sanitarià come ad esempio balneoterapia, shiatsuterapia, massaggio sportivo ed elettroscultura (ginnastica passiva). Volevamo sapere anche l'importo degli interventi per chirurgia plastica, ma questi conti i Questori della Camera non ce li hanno voluti dare". Perché queste informazioni restano riservate, non accessibili? Cosa c'è da nascondere? Ecco il motivo di quel segreto secondo i Questori della Camera: "Il sistema informatizzato di gestione contabile dei dati adottato dalla Camera non consente di estrarre le informazioni richieste. Tenuto conto del principio generale dell'accesso agli atti in base al quale la domanda non può comportare la necessità di un'attività di elaborazione dei dati da parte del soggetto destinatario della richiesta, non è possibile fornire le informazioni secondo le modalità richieste".


Il partito di Pannella, a questo proposito, è contrario. "Non ritengo - spiega la deputata Rita Bernardini - che la Camera debba provvedere a dare una assicurazione integrativa. Ogni deputato potrebbe benissimo farsela per conto proprio avendo già l'assistenza che hanno tutti i cittadini italiani.
Se gli onorevoli vogliono qualcosa di più dei cittadini italiani, cioè un privilegio, possono pagarselo, visto che già dispongono di un rimborso di 25 mila euro mensili, a farsi un'assicurazione privata. Non si capisce perché questa “mutua integrativa” la debba pagare la Camera facendola gestire direttamente dai Questori". "Secondo noi - aggiunge - basterebbe semplicemente non prevederla e quindi far risparmiare alla collettività dieci milioni di euro all'anno".
Mentre a noi tagliano sull'assistenza sanitaria e sociale è deprimente scoprire che alla casta rimborsano anche massaggi e chirurgie plastiche private - è il commento del presidente dell'ADICO, Carlo Garofolini - e sempre nel massimo silenzio di tutti.

(continua nella sezione "Rassegna stampa")

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Quarta versione della manovra finanziaria Berlusconi-Tremonti: Sì del Senato, con la fiducia

Toccano le pensioni, aumentano l’IVA, impongono l’articolo 8 che demolisce lo Statuto dei lavoratori…, ma il Presidente del Consiglio si regala le frequenze tv.

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Finanziaria, la maggioranza taglia tutto ma regala due miliardi a Rai e Mediaset

Respinto l'emendamento del Pd che chiedeva un'asta competitiva per l'assegnazione delle nuove frequenze tv digitali “In commissione Bilancio ci abbiamo provato, ma è andata male”. E’ la delusione il sentimento principale fra le file del Partito democratico che al Senato si è visto bocciare per un solo voto (13 contro 12) il suo emendamento alla manovra sull’asta per le frequenze televisive. La normativa, presentata dai senatori Luigi Zanda e Vincenzo Vita e condivisa anche da Italia dei valori e Terzo polo, puntava a indire un’asta competitiva per l’assegnazione delle frequenze generate dal passaggio della televisione dalla tecnologia analogica a quella digitale…

“E’ un caso di scuola del conflitto d’interessi del presidente del Consiglio – attacca Vita – che dimostra un concetto semplicissimo: finché Silvio Berlusconi sarà al governo è semplicemente impossibile fare qualsiasi legge che vada a scalfire gli interessi di Mediaset”.

Alle televisioni del premier, assieme a Rai, Sky e altre emittenti, verrà fatto un regalo che se fosse stato messo all’asta avrebbe potuto fruttare fino a due miliardi di euro, andando ad alleggerire i tagli alla spesa pubblica che stanno mettendo in ginocchio gli Enti locali…

Lorenzo Galeazzi , Il Fatto Quotidiano, 5-IX-2011

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Le feste laiche del 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno non saranno accorpate alla domenica.

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Sciopero CGIL

Lo sciopero generale proclamato dalla CGIL ferma l’Italia e riempie le piazze.


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La CGIL non è sola

…Per un giorno la CGIL è stata capace di intercettare la rabbia e la protesta delle persone perbene, sindacalizzate e non, occupate e non, precarizzate, impoverite, commercializzate, buttate su un mercato chiuso senza prospettive, come capita agli studenti. In piazza sono scesi in tantissimi in tutte le città italiane… C’è un popolo capace di indignarsi, qui come nel resto del Vecchio Continente, nelle forme più diverse. Un popolo privo di rappresentanza, capace di lanciare alla politica segnali forti: con le proteste socialia partire da Pomigliano, con i referendum in difesa dei beni pubblici, persino con le elezioni amministrative. Può avere in futuro almeno una sponda sociale?

Può la Cgil, dopo aver intercettato i sentimenti della maggioranza della popolazione, rappresentare questa sponda, impedendo il riflusso e il ripiegamento dei movimenti, offrendo un'alternativa alla guerra tra poveri? E' alla Cgil che va rivolta questa domanda, che noi formuliamo così: lo sciopero straordinario di ieri che ha svuotato i posti di lavoro e riempito le città è un'una tantum, oppure rappresenta l'inizio di un conflitto capace di durare nel tempo, di imporre innanzitutto il ritiro dell'odioso articolo 8 della manovra che toglie il diritto di parola e di sciopero a chi lavora, dando ai padroni la libertà di licenziare, cancellare le leggi, lo Statuto, la Costituzione, i contratti nazionali e i sindacati non complici? Con questo governo (e con questa languida e prigioniera opposizione) non c'è alternativa possibile. Berlusconi dev'essere rimandato a casa. E ancora: indignarsi è il primo passo, ma poi bisogna costruire un'alternativa sociale, politica, culturale. Di sistema. E' una strada lunga e sconnessa, passa attraverso la rifondazione della politica che non può essere delegata a nessuno.

La Cgil potrebbe essere un buon compagno di viaggio, prendendo atto che non c'è futuro nell'inseguimento di un'unità di vertice impossibile con la Cisl che si preoccupa della Borsa, la Uil che si preoccupa della Uil e i padroni che si preoccupano solo dei loro affari. Ieri lo sciopero ha fermato le linee di montaggio di tutti i simboli nazionali: i Baci Perugina, la nazionale di basket bloccata a Riga, il Colosseo e i Fori imperiali. Piccoli segnali importanti, che dovrebbero dare coraggio al gruppo dirigente della Cgil e a tutti gli uomini e le donne che ieri non sono andati al lavoro ma in piazza, prenotandosi per il prossimo appuntamento. Loris Campetti, Il Manifesto, 7-IX-2011

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In Abruzzo manifestazione a Teramo - CGIL: in diecimila contro la manovra

Il segretario regionale della CGIL dice “proponiamo una manovra delle entrate contro quella dei tagli alla spesa, che ci costringe a inseguire sempre il debito e a non creare mai la crescita. Quindi: tassazione di grandi patrimoni e di grandi ricchezze e tassazione dei capitali scudati rientrati dall’estero, realizzando così un saldo di bilancio di 75 miliardi, di cui, diciamo noi 25 vanno reivestiti per creare la crescita…” Giuliano Di Tanna, Il Centro, 7-IX-2011

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E’ in gioco la democrazia

Il miglior atto di responsabilità verso il Paese che la Cgil potesse assumere lo ha fatto proclamando lo sciopero generale e chiamando tutti alla mobilitazione.

Questa manovra del governo dev'essere profondamente cambiata, a partire dal ritiro dell'articolo 8 che cancella il diritto del lavoro, il contratto nazionale e lo Statuto dei Lavoratori. Non è sufficiente: un governo che con le sue leggi classiste sta attentando alla nostra Costituzione formale e materiale dev'essere mandato a casa. Di conseguenza, lo sciopero generale non può restare un momento a sé, per quanto fondamentale, ma deve segnare l'inizio di una mobilitazione straordinaria capace di durare il tempo necessario ad ottenere tutti questi risultati che non si esaurirebbero neanche con un cambiamento radicale della manovra. La Confindustria sta sostenendo apertamente le scelte del governo. Scelte che, con l'art. 8, promuovono l'odioso metodo della Fiat a Pomigliano e Mirafiori a legge dello stato, in violazione di altre leggi fondamentali.

Siamo di fronte ad un atto di una gravità senza precedenti che viola le più elementari regole di una democrazia costituzionale e che fa carta straccia persino dell'accordo interconfederale del 28 giugno, firmato dalla Confindustria insieme a Cgil, Cisl e Uil.

(continua nella sezione "Rassegna stampa") Maurizio Landini, segretario generale della Fiom, il Manifesto, 6-IX-2011

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Siamo indignati, costruiamo l'alternativa

Noi siamo indignati. Siamo indignati contro i governi europei, che stretti tra la crisi e le politiche liberiste e monetariste imposte dalla Bce e dall'Fmi, accettano di essere esautorati delle funzioni democratiche per diventare semplici amministratori dei tagli della spesa sociale, delle privatizzazioni, della precarizzazione del mondo del lavoro e della costruzione di opere faraoniche, incuranti dell'ambiente e delle popolazioni. Siamo indignati perché le classi dirigenti continuano a proporci l'austerity per le popolazioni, mentre le rendite e i privilegi della finanza, dei grandi possidenti e della politica rimangono intonse, quando non crescono. Siamo indignati in particolare contro il governo italiano, che ha deciso di rispondere alla crisi con una manovra i cui contenuti cambiano di ora in ora ma i cui pilastri restano sempre gli stessi: taglio ai servizi, privatizzazioni, attacco ai diritti dei lavoratori.

Siamo indignati perché il governo ha deciso di abolire per decreto il diritto del lavoro, permettendo alle aziende di derogare ed eludere contratti e leggi, compreso l'art.18 dello Statuto dei lavoratrici e dei lavoratori, proseguendo sulla strada della cancellazione della libertà e della democrazia nei luoghi di lavoro.

Siamo indignati perché in questo modo si elimina la democrazia nei luoghi del lavoro e si estende a tutti i lavoratori il ricatto della precarietà, e della clandestinità per i migranti, con cui negli ultimi due decenni si sono livellate verso il basso i diritti e le condizioni di vita di migliaia di giovani, esclusi dal sistema di welfare e da ogni orizzonte di emancipazione. (continua nella sezione "Rassegna stampa") Per aderire a questo appello scrivere a:

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La CGIL si prepara alla mobilitazione del 6 settembre: "in gioco c'è il futuro del Paese". Per Camusso il 'vertice di Arcore' "ha solo accentuato il carattere di iniquità della manovra" www.cgil.it

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PETIZIONE


NON CANCELLATE


IL GIORNO DELLA LIBERAZIONE DEL NOSTRO PAESE


IL GIORNO DEL LAVORO


IL GIORNO DELLA REPUBBLICA



FIRMA ANCHE TU LA PETIZIONE sul sito www.cgil.it

Onorevoli parlamentari,

i sottoscritti cittadini chiedono che il Parlamento cancelli il comma 24, art.1, del Decreto Legge 13 agosto 2011, n. 138, “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”, nel quale si prevede per tre importanti ricorrenze civili (25 aprile; I maggio; 2 giugno) una diversa collocazione o l’accorpamento ad una domenica.

Questa scelta è sbagliata perché si colpiscono giornate che celebrano i tratti costitutivi, l’identità, la memoria del nostro Paese; discriminatoria perché il numero maggiore di festività infrasettimanali sono di carattere religioso ed il nostro Paese è fra quelli che ha meno ricorrenze civili e laiche; strumentale perché produce un beneficio economico irrilevante a fronte di un costo civile e democratico particolarmente consistente; irragionevole perché non corrisponde ad alcun criterio di equità politica e sociale. CGIL

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La corruzione in Italia sottrae risorse per 60 miliardi di euro (Fonte: Corte dei Conti)

Firma l'appello on-line di Avviso Pubblico e Libera


Libera e Avviso Pubblico lanciano una grande campagna di raccolta firme per chiedere al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di intervenire, nelle forme e nei modi che riterrà più opportuni, affinché il governo e il Parlamento ratifichino quanto prima e diano concreta attuazione ai trattati, alle convenzioni internazionali e alle direttive comunitarie in materia di lotta alla corruzione nonché alle norme, introdotte con la legge Finanziaria del 2007, per la confisca e l’uso sociale dei beni sottratti ai corrotti.
http://www.avvisopubblico.it/news/legalita-e-crisi-appello-di-avviso-pubblico-al-governo-a-alle-parti-sociali_050811.shtml

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Corruzione, evasione e mafia

I 330 miliardi di euro che lo Stato non vuole

L'economia nera italiana vale 330 miliardi l'anno e costa a ogni italiano 15 euro al giorno. Soldi che sfuggono a ogni imposizione. Un ordine di grandezza a cui arriva anche la stima dell’Istat, che valuta il sommerso tra i 255 e i 275 miliardi di euro, pari al 16-17 per cento del Pil. Recuperarne una parte è possibile e alleggerirebbe i sacrifici di famiglie e pensionati. Eppure, tra le proposte non accolte dal governo Berlusconi ci sono la ritassazione dei capitali scudati e norme più severe per rompere il sistema delle mazzette. E il nuovo codice contro la criminalità organizzata ostacola la confisca dei beni. Mario Portanova, il Fatto Quotidiano, 16-VIII-2011

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Il governo non tocca i ricchi e gli evasori, pagano i soliti noti. Via la “tassa di solidarietà” per i redditi più alti, nessun aumento dell’IVA, colpite le pensioni e ridotte le agevolazioni fiscali alle cooperative.
Dal vertice Pdl-Lega un compromesso che non fa nemmeno quadrare i conti…Il Manifesto, 30-VIII-2011

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La manovra rafforza un trend globale:la fine dello stato sociale, l’aumento delle disuguaglianze, l’attacco ai diritti. Solo una grande mobilitazione sociale può rovesciare il governo e le regole del gioco… Luca Casarini e Gianni Rinaldini, Il Manifesto 30-VIII-2011

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Lavoro sporco


Beni pubblici in svendita, dipendenti pubblici massacrati, fine del contratto nazionale. Con la scusa della crisi e delle imposizioni europee il governo tenta il blitz sul lavoro che finora non gli era riuscito… Il Manifesto, 14-VIII-2011

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Chi paga tutto - Chi paga niente


Ceto medio, pubblico impiego, lavoro dipendente, pensionati: la scure di B. si abbatte sulle categorie che non lo votano. Salvi autonomi ed evasori. C’è pure la libertà di licenziare. Il Fatto Quotidiano, 14-VIII-2011

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Il welfare paga il risanamento

Scure sul Tfr e sulle tredicesime degli statali. Stop ai ponti, le feste non religiose spostate al lunedì. Donne in pensione a 65 anni. Mannaia su pensioni e dipendenti pubblici. Passa la «legge Fiat». Salteranno le cause della Fiom contro gli accordi separati. Il Manifesto, 13-VIII-2011

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Il furto del riscatto degli anni di Università


Finalmente con questo mese ho finito di pagare la mia rata (271.66 euro al mese per cinque anni) del riscatto dei quattro anni di università.
La beffa: chi mi governa ha deciso che quei quattro anni di università in cui mi sono preparata per esercitare una professione non valgono più per la pensione.
I progetti di vita: saltano.
Come ci si sente: indignati politicamente (ma ormai l’indignazione politica non è una novità), offesi, presi in giro, umiliati, fregati per salvare chi doveva dare il contributo di solidarietà, impotenti, …
E non consola il fatto che in tanti, sempre gli stessi, siamo nella stessa barca, quella di coloro che hanno sempre subito il peso della finanziaria e di altri provvedimenti economici.
Una cosa è certa: certi privilegi son duri da togliere!
Colpire sempre le pensioni (una volta con l’elevamento dell’età pensionabile e ora con gli anni dell’università) è un’operazione molto facile anche se forse un po’ classista, ma tutto ciò non importa: possono pagare sempre gli stessi “sfigati”.
E queste non sono tasse? Non per tutti e questo è vero.
Con queste riflessioni sono egoista o faccio parte di quei cittadini italiani di secondaria importanza? Ma è proprio vero che sono trattata da persona con cittadinanza italiana?
A me questa Italia non sembra né un paese per vecchi né un paese per giovani: ai vecchi si fa di tutto per non far godere la pensione che si sono pagata con anni di trattenute sullo stipendio e ai giovani si negano posti di lavoro.
Che fare?
Qualcuno ha qualche proposta? Lucia Vezzoni, Il Manifesto- Lettere


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Privatizzazioni: il popolo ha ritirato le deleghe

Con l’alibi della crisi finanziaria e sotto l’egida della Banca Centrale Europea, il Governo Berlusconi ha deciso una manovra da macelleria sociale basata sulle stesse politiche liberiste che hanno prodotto la crisi.
In particolare, ha deciso di considerare la vittoria referendaria dello scorso giugno come un banale incidente di percorso che, se impedisce (per il momento) ai poteri forti di allungare le mani sull’acqua, senz’altro permette la riproposizione dell’obbligo di privatizzazione per tutti i servizi pubblici locali “a rilevanza economica”.
Fa da contraltare la cosiddetta opposizione del PD, che si scaglia contro l’obbligo di privatizzazione, ma solo perché ne preferisce la libera scelta, fatta per piacere e senza imposizioni.
C’è qualcosa che continua a non essere chiaro al mondo politico e ai grandi capitali finanziari.
(continua nella sezione "Rassegna stampa") Marco Bersani, Attac Italia, 16-VIII-2011


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Orbetello. Il Rinascimento gettato alle ortiche


L'allora sindaco Matteoli ha ceduto Santa Maria delle Grazie a un'immobiliare: ora la chiesa è scoperchiata, le opere e gli arredi sacri rovinati
Un caso esemplare di alienazione del patrimonio pubblico a cui si sono opposti solo i cittadini

Di cosa si parla, quando si parla di alienare il patrimonio immobiliare pubblico? Per capirlo si può fare un salto a Orbetello, già fierissima capitale anfibia dello Stato spagnolo dei Presidi e ora ultimo lembo di Toscana, insidiato dalle villeggiature e dalle speculazioni del generone romano. Qui fino a tre mesi fa era sindaco il ministro Altero Matteoli, assai attento alla gestione dei suoi feudi toscani. Nel luglio del 2003 (quando era sindaco il suo braccio destro Rolando Di Vincenzo) la Giunta pensò bene di vendere a privati l'ex-ospedale cittadino (6.200 mq, in parte antichi e in zona pregiatissima): ad aggiudicarselo fu la società romana Global Service, perla cifra non strepitosa di 3.620.000 euro. Nonostante un emendamento al Piano di regolamento urbanistico comunale abbia concesso di trasformare l'ospedale in appartamenti e negozi, tutto è rimasto abbandonato. E la cosa è grave perché l'edificio contiene uno dei monumenti storici e artistici più insigni di Orbetello: la piccola, ma preziosa, chiesa di Santa Maria delle Grazie, già esistente nel Duecento. Essa contiene le uniche testimonianze artistiche degli stretti legami di Orbetello con la Siena del Rinascimento: due affreschi mariani la cui esecuzione ha probabilmente a che fare con la residenza orbetellana del pittore senese Neroccio de' Landi, documentata nel 1488.
(continua nella sezione "Rassegna stampa") Tomaso Montanari, Il Fatto Quotidiano 30-VIII-2011

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Il suicidio morale dell’Italia

Dalla Val di Susa alla Sicilia, dall’Altopiano a Pantelleria, dalle isole toscane al Salento il paesaggio naturale e il paesaggio storico della penisola sono sottoposti a dissipazioni, cementificazioni e sconvolgimenti artificiali che non solo hanno aumentato la loro scala e intensità negli ultimi vent’anni in modo esponenziale, ma vedono proprio ora un’accelerazione improvvisa, a dispetto di ogni crisi, come se ci fosse nell’aria un presagio di diluvio incombente e un’esplosione come di furia rabbiosa, una sinistra pulsione a rapinare tutto quello che si può, finché si è in tempo. Ho accennato a disastri di genere diverso: c’è l’opera di Stato, difesa dall’esercito contro la popolazione locale, senza che un solo argomento ragionevole, in mesi e mesi di polemica, sia stato avanzato dai suoi sostenitori bipartisan (e nonostante libri interi di argomenti contrari e relative cifre, economiche e gestionali oltre che ecologiche, siano inutilmente a disposizione del pubblico); ma ci sono anche le rapine multinazionali di quelli che vanno a trivellare a un costo ridicolo il Mediterraneo sotto Lampedusa, alla ricerca del petrolio, con i rischi enormi denunciati recentemente da Luca Zingaretti su Repubblica.
(continua nella sezione "Rassegna stampa") Roberta De Monticelli, Il Fatto Quotidiano, 23-VIII-2011


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La lezione di Buffett


È davvero il colmo. A chiedere più tasse sui ricchi non è un pericoloso bolscevico, né un infido socialdemocratico. No, è il terzo uomo più ricco del pianeta (nel 2008 fu anche l'uomo in assoluto più ricco della terra), residente a Omaha (Nebraska) e perciò chiamato «l'oracolo di Omaha» per la sua lucidità: per esempio nel 2006 disse: «Certo che c'è la lotta di classe, ma è la nostra classe, quella dei ricchi, che la sta vincendo».
Ora, a 81 anni, l'Oracolo di Omaha recidiva. In un intervento sul New York Times di domenica, Buffett fa notare che lui versa all'erario il 17,4% sul suo reddito annuo (di 40 milioni di dollari) da investimenti finanziari, mentre la sua segretaria e gli impiegati del suo ufficio versano in media il 36% del loro reddito da lavoro. Buffett propone perciò di ridurre di due punti percentuali il prelievo sui redditi medio-bassi e d'inasprire le tasse sulle 236.883 famiglie Usa con un reddito superiore al milione di dollari annuo, e di inasprire ancor più la tassazione per le 8.274 famiglie con reddito oltre i 10 milioni di dollari.
Certo, quest'uscita va presa con cautela: da un lato, esprime la furibonda lotta intestina in corso tra i grandi capitalisti Usa: Buffett sembra avercela con i fratelli Koch (di Wichita, Kansas) che hanno creato e finanziano il Tea Party. Poi, Buffett dà una sberla ai politicanti che leccano la mano ai miliardari (parla di un Congresso billionaire friendly). Infine è noto che, col suo patrimonio di 47 miliardi di dollari, Buffett è stato nel 2008 il più facoltoso contribuente alla campagna presidenziale di Barack Obama.
Ma Buffett pone un problema serissimo. Nel 2008 la grande crisi dei mutui subprime fu originata dall'effetto cumulato di voler mantenere alta la domanda pur comprimendo i salari: compito impossibile, a meno di permettere alla gente d'indebitarsi oltre misura: ed è quel che successe. Nel 2011 la vicenda dei «debiti sovrani» costituisce l'equivalente pubblico di quel che i mutui subprime furono per l'economia privata.
(continua nella sezione "Rassegna stampa") Marco d'Eramo, Il Manifesto, 17-VIII-2011

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ARTICOLO 41 La costituzione economica, l'ultima sfida

Anche se incalzato da una crisi economica, che più volte si era vantato di avere affrontato meglio degli altri paesi europei, il governo Berlusconi, «commissariato» dalla Germania, dalla Francia e dalla Bce e stretto d'assedio dalle parti sociali che gli hanno chiesto provvedimenti urgenti per evitare il disastro, non demorde dal suo progetto politico che ha come obiettivo finale la demolizione della Costituzione italiana.
Anzi la situazione di emergenza rende l'attacco ancora più insidioso. Invocare la manomissione dell'art. 41 della Costituzione, come strumento per reagire al disastro dei conti pubblici, significa attribuire alla Costituzione il fallimento economico che è stato determinato, invece, dalla politica. Da una politica dissennata di dissipazione dei beni pubblici, a cominciare dall'Erario (condoni agli evasori, scudi fiscali, etc.)
Ma veniamo all'art. 41. Cosa dice questa norma? Comincia con l'affermazione «l'iniziativa economica privata è libera». Aggiunge poi che «non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo di arrecare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana». Precisa infine che «la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali».
(continua nella sezione "Rassegna stampa") Domenico Gallo, Il Manifesto, 13-VIII-2011

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La grande abbuffata di miliardi della Fed


La Federal Reserve Bank, la banca centrale più potente del mondo, ha dato in segreto, tra dicembre 2007 e giugno 2010, a banche e imprese americane e non, prestiti per circa 16 mila miliardi di dollari senza interesse e a condizioni di rimborso del tutto fluide. E senza informare la Casa Bianca
Il Pil realizzato nel 2010 dai 27 paesi dell'Unione europea è stato valutato 16.106 miliardi di dollari. Quello dell'Italia 2.036 miliardi e del Belgio 461 miliardi (Fmi, World Economic Outlook Database, 2011). Ebbene, il rapporto dell'audizione effettuata sulla Federal Reserve Bank , la Banca Centrale degli Stati Uniti, per la prima volta della sua storia, dal Gao (Government Accountability Office) degli Stati uniti, reso pubblico alla fine di questo luglio, rivela un fatto a prima vista incredibile: la Federal Reserve Bank ha dato in segreto, tra dicembre 2007 e giugno 2010, a banche e imprese americane e non, prestiti per circa 16 mila miliardi di dollari senza interesse e a condizioni di rimborso del tutto fluide. Argomento: per «salvarle».
Altrimenti detto, è stato possibile per la più potente banca centrale del mondo stampare, all'insaputa del governo, miliardi e miliardi di nuovi dollari per salvare il capitale degli azionisti di banche e imprese che hanno fallito perché hanno commesso errori madornali unicamente per cercare di arricchirsi ulteriormente, e poi far pagare a miliardi di poveri cristi (operai, contadini, impiegati, insegnanti) attraverso il mondo il costo del «salvataggio».
(continua nella sezione "Rassegna stampa") Riccardo Petrella, Università del Bene Comune, Il Manifesto, 11-VIII-2011

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Sistema infetto
Questi politici ladri ci hanno rubato tutto

Siamo a un punto di crisi irreversibile ma c’è sempre un peggio del peggio

La classe politica italiana nella stagione del terrorismo tramava con servizi segreti interni ed esteri. Una volta finite le stragi, quella di oggi è passata al furto. Agli Italiani ha rubato tutto. Ha rubato il paesaggio. Ha rubato la libera scelta e la libera concorrenza. Ha rubato il futuro dei nostri giovani. Ha rubato loro il democratico diritto di dissentire, di protestare e di manifestare e quando ha potuto li ha massacrati e perfino assassina-ti. Ha rubato la Carta costituzionale. Ha rubato la libera informazione, la televisione pubblica, la scuola, l’università.
Ha rubato la Resistenza, da cui la nostra repubblica è nata, e l’antifascismo su cui si fonda. Ha rubato il principio di ripudio della guerra, che è costitutivo della repubblica. Ha rubato la convivenza civile, il rispetto dovuto ai cittadini, i fondamenti del patto sociale di ogni vera democrazia. Ha rubato le più belle parole della nostra lingua, come “libertà”, facendone un uso perverso. Ha rubato la fiducia nella democrazia (era fragile e incerta, ed è stato facile) e nelle istituzioni. Ci ha rubato perfino il diritto di morire in pace. Ha trasformato il parlamento in un rifugio di corrotti, di mafiosi, di indagati, di condannati. Ha stretto patti scellerati con la mafia. Ha sigillato tutti i suoi malaffari sotto il segreto di Stato: la storia del nostro passato recente è un enorme buco nero. Infine ha rotto gli equilibri istituzionali: il potere legislativo, che in Italia coincide con quello esecutivo, come un fiume in piena ha sommerso il paese con una pletora di leggi incostituzionali.
(continua nella sezione "Rassegna stampa") Antonio Tabucchi, Il Fatto Quotidiano, 31-VII-2011

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LA STRAGE ALLA STAZIONE DI BOLOGNA 31 ANNI FA:
85 MORTI E 200 FERITI

2 Agosto, piazza strapiena
Bolognesi: «Governo inqualificabile»
Il presidente dell'associazione familiari delle vittime contro Berlusconi: «Ci feriscono attacchi alla magistratura da chi è stato iscritto alla P2». Napolitano: «Il ricordo previene rigurgiti di intolleranza»…Renato Benedetto, Il Corriere della sera on line, 2-VIII-2011

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La barca dei morti

Arrivano a Lampedusa barche di scampati al mare. L’Italia è un Paese che prontamente prende possesso dei sopravvissuti, li rinchiude senza ragione, senza reato, senza sentenza, dentro prigioni (detti Centri) che altrove sarebbero definiti di massima sicurezza e li lascia in lunga attesa di un rimpatrio a volte assurdo, perché stiamo parlando di scampati a guerre e rivoluzioni.

Molte volte le barche non arrivano. Assieme alla gang di governo di un personaggio ignobile, Muammar Gheddafi, avevamo, per un prezzo da pirati, organizzato un congegno detto “pattugliamento” allo scopo di provvedere – con navi, armi e ufficiali italiani – al “respingimento in mare” che vuol dire negazione di ogni diritto.

Quanti siano morti o lasciati morire durante quelle operazioni non lo sapremo mai. Poi Gheddafi è diventato un fuorilegge braccato nella sua terra, ma il governo italiano non ha avuto pudore a chiedere, in piena guerra, persino il sostegno della Nato per bloccare fuga e speranza dei rifugiati. La Lega di Bossi e Maroni si è espressa con una frase che resterà una vivida immagine di questa Italia: “Fuori dalle balle”.

Ieri è arrivata a Lampedusa una barca di morti. Tutti coloro che erano stipati sotto coperta sono giunti cadaveri (esalazioni di anidride carbonica). Quella barca, come in un film dell’orrore, è un simbolo che non potremo dimenticare e che la Storia attribuirà all’Italia, alle sue leggi, al suo governo e – come in tutti i delitti di massa – al silenzio di molti.

Quei morti appartengono alla cultura distorta, ossessiva e perversa che ha spinto l’Italia al trattato con la Libia, al “pacchetto sicurezza”, alle leggi razziali della Lega Nord. Intanto quelli tra i profughi catturati vivi e rinchiusi nei “Centri” si rivoltano. Sta accadendo a Bari, perché tutto è negato nei centri e niente è garantito, dopo che la detenzione senza reato è stata arbitrariamente portata da sei a diciotto mesi.

La Lega (il partito) cade a pezzi. Ma il danno fatto all’Italia, incattivita e imbastardita dalla sottocultura nazistoide di Borghezio, imposta dal ministro dell’Interno Maroni (che vieta ai giornalisti di visitare i suoi centri) resta grande. La rivolta contro lo sterminio, l’abbandono o la cattura dei profughi e rifugiati dovrebbe cominciare non nei Centri ma, per salvare la dignità del Paese, in Parlamento. Furio Colombo, Il Fatto Quotidiano, 2-VIII-2011


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Tagli, Consiglio di Stato boccia la Gelmini

Se mai ce ne fosse stato bisogno, anche il Consiglio di Stato ha certificato l'opera di mutilazione contro la scuola operata da Mariastella Gelmini. Lo scorso 29 luglio il consiglio si è pronunciato sulla richiesta d'appello presentata dal MIUR su numerosi ricorsi, alcuni dei quali promossi dalla FLC CGIL e accolti dal TAR Lazio nello scorso mese di aprile. E il parere è inequivocabile: i circa 87mila posti di lavoro eliminati negli ultimi due anni sono stati dichiarati illegittimi. Bocciati il D.I. n. 35/2010 e la relativa circolare sulle iscrizioni. Così come anche il D.I. 62/2009 relativo all'organico di diritto dei docenti per l'a.s. 2009/2010, in quanto il MIUR è obbligato ad acquisire, cosa che non ha fatto, il parere della Conferenza Unificata Stato-Regioni espressamente previsto dall'art. 2 del DPR 81/2009. L'avvocatura dello Stato è provata a correre ai ripari dicendo che questo parere sarebbe stato acquisito in seguito da una apposita “tecnostruttura”. Il che chiaramente era un gesto per bypassare la Conferenza.

«La recente sentenza, in base alla quale il provvedimento che cancella ben 87 mila organici negli anni scolastici 2009-2010 e 2010-2011 “è privo di efficacia giuridica”, richiede ora un intervento del governo che spieghi come intenda affrontare la situazione», dice Manuela Ghizzoni, capogruppo Pd nella commissione Cultura. «Le prime spiegazioni del ministero - sottolinea la parlamentare - minimizzano molto il significato e le conseguenze della sentenza mentre noi crediamo che la prima cosa da fare sia quella di restituire gli organici tagliati alle scuole. A questo proposito ho presentato un'interrogazione perchè il ministro spieghi come dare seguito alla sentenza del Consiglio di Stato che si aggiunge purtroppo ad altri pronunciamenti della giustizia amministrativa che hanno espresso a diversi livelli illegittimo e contrario alla legge il comportamento del ministero stesso»… L’Unità, 1 agosto 2011

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Riceviamo e pubblichiamo:

La Northern Petroleum vuole trivellare il basso Adriatico e questa volta siamo in tempo per ribellarci da cittadini informati e attivi.
Sul blog di Maria Rita D'Orsogna ci sono le osservazioni da inviare contro la Northern Petroleum che nel particolare vuole trivellare al largo delle coste di Monopoli-Ostuni-Lecce. La scadenza per dire il proprio no al Ministero e' il 2 Agosto...
Elisabetta Vespasiani
http://dorsogna.blogspot.com/2011/07/affondiamo-la-northernpetroleum.html

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Macelleria sociale


Un abisso di diseguaglianze si è spalancato davanti alla società italiana, negli stessi giorni in cui veniva certificato un drammatico ritorno della povertà, di cui ha scritto su queste pagine, con i toni giusti, Adriano Sofri. La povertà è certo la condizione che più rende visibile la diseguaglianza. Ma quel che sta avvenendo, soprattutto dopo la manovra finanziaria, è una vera e propria costruzione istituzionale della diseguaglianza che investe un´area sempre più vasta di persone, ben al di là di vecchi e nuovi poveri.
La distribuzione dei “sacrifici” è rivelatrice. Uno stillicidio di balzelli che incide su chi può essere più facilmente colpito, che lima i già ristretti margini dei bilanci familiari. Si è calcolato il peso che avranno gli aumenti di imposte, tariffe, prezzi. Peso insostenibile per taluni, quasi non influente per altri. L´effetto complessivo della manovra peserà per il 13,3% sui redditi bassi e per il 5% su quelli più alti. La rappresentazione della spinta istituzionale verso la diseguaglianza non potrebbe essere più netta.
E’ così tornata, in ambienti insospettabili, la vecchia espressione “macelleria sociale”. Ma è una macelleria ben selettiva, vista la cura con la quale si è voluto tenere lontano da alcuni ceti anche un contributo poco più che simbolico al risanamento dei conti pubblici. Rivelatrice è la cinica dichiarazione di un ministro della Repubblica che, di fronte alla proposta di un significativo aumento della tassa per le automobili di maggiore cilindrata, ha esclamato: «Ma quelli votano per noi!». Il suo grido di dolore è stato prontamente raccolto, e la platea dei colpiti da quella misura è stata drasticamente ridotta. Mentre troppi diritti vengono messi in discussione, sembra che il solo al quale si deve continuare a dare piena legittimazione sia quel “diritto al lusso”, che fa bella mostra di sé nella pubblicità di alcuni prodotti. Demagogia? O registrazione di una situazione di fatto nella quale si manifestano segni inquietanti di un ritorno della “democrazia censitaria”, dove l´accesso anche a diritti fondamentali è sempre più condizionato dalle risorse di cui ciascuno dispone?

(continua nella sezione "Rassegna stampa") Stefano Rodotà, La Repubblica, 24-VII-2011, dal blog di giovannitaurasi

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La sconfitta di Maroni-don Rodrigo

“Questo matrimonio non s’ha da fare!” esclamò il principe conte, don Rodrigo, riferendosi al matrimonio fra Renzo e Lucia. “Questi matrimoni non s’hanno da fare” esclamò il Ministro dell’interno Maroni, fiero del suo “pacchetto sicurezza” appena approvato nel luglio 2009, con il quale aveva emanato l’editto che reintroduceva in Italia, a settant’anni dalle leggi razziali, il divieto dei matrimoni misti.
Perché proprio questo era l’oggetto della oscena disposizione introdotta da Maroni nel codice civile che la Corte Costituzionale, con la sentenza depositata lunedì scorso ha cancellato dall’ordinamento giuridico.

Con il Regio decreto legge del 17 novembre 1938 (provvedimenti per la difesa della razza italiana) furono introdotte nell'ordinamento una serie di misure discriminatorie, la prima delle quali consisteva nel divieto dei matrimoni misti (art. 1 "il matrimonio del cittadino italiano di razza ariana con persona appartenente ad altra razza è proibito").
Lo stesso divieto, con altre forme, è ritornato nel pacchetto sicurezza dove è stata decretata l'impossibilità giuridica per gli stranieri, privi di un permesso di soggiorno in corso di validità, di contrarre matrimonio. In questo modo è stato reintrodotto nel nostro ordinamento il divieto dei matrimoni misti (fra cittadini italiani e cittadini extracomunitari in condizione di irregolarità amministrativa), un divieto fondato sulla stessa discriminazione, questa volta non più religiosa, ma su base etnica.
(continua nella sezione "Rassegna stampa") Domenico Gallo, La sconfitta di Maroni-don Rodrigo in micromega.net, 27 luglio 2011, http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-sconfitta-di-maroni-don-rodrigo/

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Rosario Livatino, l’antimafia va in Paradiso


Sarà Beato il “giudice ragazzino” ucciso nel ’90. Il magistrato ammazzato da Cosa nostra agrigentina si avvia a diventare il primo martire laico della lotta alle cosche. E' un segnale dirompente da parte della Chiesa, nell'epoca in cui Vittorio Mangano è un "eroe" e le toghe sono "rosse", "brigatiste" o "antropologicamente diverse dalla razza umana"

E’ una bella notizia quella che da un po’ di giorni rimbalza dalle agenzie alle cronache locali, specie se di ispirazione cattolica. Una notizia che non fa prima pagina ma è destinata a scavare in profondità, come la talpa marxiana: è stato avviato definitivamente il processo di beatificazione di Rosario Livatino, il “giudice ragazzino” ucciso dalla mafia il 21 settembre del 1990 sulla superstrada che porta da Canicattì ad Agrigento. E’ un fatto senza precedenti. Che testimonia di un orientamento nuovo, e non ondivago, che si sta formando nella Chiesa un giorno complice con i suoi silenzi o addirittura con le sue connivenze.

Un orientamento che prese forma clamorosa una prima volta con l’omelia del cardinale Pappalardo ai funerali del prefetto dalla Chiesa nel settembre del 1982, e si fece condanna biblica davanti al mondo con il discorso di papa Wojtyla nella valle dei Templi nel maggio del 1993. Per diventare “carne e sangue” con il sacrificio di padre Pino Puglisi sull’asfalto del Brancaccio e di don Peppe Diana nella sacrestia di Casal di Principe. A venire beatificato, in questo caso, non è però un uomo della Chiesa, ma un laico. Un giudice antimafia, profondamente cattolico, come lo era Borsellino. Ma anche profondamente laico, tanto da lasciare un messaggio che ancora oggi risuona nelle pubbliche assemblee dell’antimafia: “non vi sarà chiesto se siete stati credenti ma se siete stati credibili”.

(continua nella sezione "Rassegna stampa") Nando dalla Chiesa, Il Fatto Quotidiano, 27-VII-2011

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Napolitano e la favola dello “scontro” tra politica e toghe

Con tutto il rispetto dovuto al Presidente della Repubblica, che interpreta l’unica istituzione del circuito politico-rappresentativo non controllata da Berlusconi e che, nello svolgimento della sua funzione, ogni giorno, deve fronteggiare le pulsioni selvagge verso la dittatura della maggioranza, non possiamo accettare che attraverso le parole autorevoli del Presidente (ed in larga parte condivisibili) si continui ad accreditare la vulgata di uno scontro fra “politica” e toghe, che nella realtà non esiste.

Occorre dire in modo chiaro e tondo che non esiste alcuno scontro fra politica e toghe.
Esiste solo nella fiction, nella narrazione berlusconiana di un immaginario Paese dei balocchi, guidato da un Sovrano intemerato, novello San Giorgio, che ha salvato l’Italia dal comunismo ed adesso è insidiato dal drago dei magistrati-comunisti che brandiscono il codice per annientare gli effetti del voto.

Esiste, invece, ed è sotto gli occhi di tutti, da quando è iniziato il Berlusconismo, una intollerabile aggressione alla magistratura da parte degli uomini del potere politico, amplificata e resa più virulenta dai media a loro asserviti, che mira ad intimidire i magistrati che esercitano il controllo di legalità (sia in campo civile che penale) nei confronti degli abusi compiuti dal Sovrano e dagli uomini della sua Corte.

(continua nella sezione "Rassegna stampa") Domenico Gallo, 22-VII-2011, micromega.net

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L'isola che non c'è


Norvegia sotto choc, è una strage di ventenni. Sono oltre novanta le vittime del doppio attacco che ha colpito Oslo e il raduno dei giovani laburisti sull'isola di Utoya. Confessa l'attentatore killer: è un cristiano fondamentalista di 32 anni legato all'ultradestra anti-Islam e per il “potere della razza ariana”. Il Manifesto, 24-VII-2011
Domanda del giorno: il vero nemico vien da fuori o è interno?
Le bombe nel centro della «pacifica» Oslo, la strage nell'isoletta di Utoeya. Benessere, tolleranza, welfare, democrazia scandinava, vocazione pacifista. Miti che crollano. 150 mila immigrati islamici su una popolazione di 5 milioni di abitanti. La quinta colonna. Il nemico interno. Il nemico globale dell'occidente, dell'umanità. Lo scontro di civiltà. Subito dopo gli attentati con strage di venerdì in Norvegia, si è scatenata, sulla stampa italiana ma non solo, una irrefrenabile ondata di islamofobia. Giornalisti, opinionisti, commentatori, analisti, esperti, professori si sono profusi in spiegazioni, definitive, sul come e perché il «terrorismo islamico...», come e perché l'11/9 è sempre lì che incombe su di noi, come e perché al Qaeda anche senza più Osama... Tutto sembrava quadrare perfettamente nel format. Poi è saltato fuori l'aitante Anders Behring Breivik, biondo e occhi azzurri. E lo scenario norvegese ci ha rimandato improvvisamente più a Oklahoma City-1995 e ai gruppi di «suprematisti bianchi» (160 morti) che alle torri gemelle di New York-2001 o ai treni di Madrid-2004. L'islam e l'islamismo sono una causa o un effetto? Sono il cancro interno che ci corrode, interno a ciascun paese, interno all'occidente come sistema di valori? Il Manifesto on line, 25-VII-2011

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Corteo a Genova, nel nome di Carlo


«Loro la crisi, noi la speranza». È lo striscione che apre la manifestazione per i dieci anni del G8 di Genova. In testa Haidi e Giuliano Giuliani, i genitori di Carlo, e Lorenzo Guadagnucci, una delle vittime dell'irruzione alla scuola Diaz. …Tanti i movimenti e le associazioni che prendono parte alla manifestazione. Dietro allo striscione e alle bandiere No Tav della Valle di Susa, sfilano i No Gronda, il movimento che si oppone alla realizzazione dello snodo autostradale genovese, i movimenti pacifisti, Rifondazione Comunista, Sinistra e Libertà e i sindacati.
«Il G8 di Genova non è un fatto dimenticato, la gente che è qui oggi invoca un'idea di democrazia molto più ampia e molto più seria». Lo dice Lorenzo Guadagnucci, una delle vittime del blitz della polizia all'interno della scuola Diaz durante il vertice di dieci anni fa. «Oggi sono qui perchè, a distanza di un decennio, siamo in grado di dire che a Genova ci fu un abuso di potere», aggiunge mostrando una cicatrice sul braccio destro, 'ricordò dell'irruzione alla scuola. «Sulle violenze non c'è più niente da scoprire - sostiene - ci vorrebbero solo le scuse dei vertici dello Stato e della polizia, a partire da Gianni De Gennaro, che dovrebbe dimettersi»
«Quella del G8 del 2001 è una ferita ancora aperta, che fa ancora male.
(continua nella sezione "Rassegna stampa") Il Manifesto, 23-VII-2011

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Le ore decisive per la rete

Cari amici,

Con i nostri 230.000 messaggi inviati e la nostra mobilitazione storica siamo riusciti a fermare il bavaglio a internet, ma non a cancellarlo una volta per tutte. Ora ci rimangono 24 ore per agire, e potrebbero essere quelle decisive.

Insieme a premi Nobel, associazioni, esperti e politici e con un tam tam su internet da record, abbiamo costretto l'Autorità per le comunicazioni a rinviare l'adozione della regolamentazione che le avrebbe dato il potere di censurare arbitrariamente internet. Ora i parlamentari hanno convocato per la prima volta il Presidente dell'Autorità proprio per rispondere delle criticità da noi sollevate: potrebbe essere l'ultima occasione che abbiamo per fare la differenza.

Rivolgiamoci ora ai parlamentari perché facciano pressione sul Presidente dell'Autorità affinché rinunci alla delibera, restituendo così al Parlamento la sua funzione legislativa. E' l'unico modo che abbiamo per preservare il nostro diritto ad informarci su internet! Ci rimangono solo 24 ore: clicca sotto per mandare il tuo messaggio e fai il passaparola con tutti i tuoi amici!

http://www.avaaz.org/it/it_internet_bavaglio_2nd_action/?vl

Negli anni Berlusconi ha cercato più volte di controllare l’informazione su internet, ma finora i suoi tentativi sono sempre falliti. Ora il governo sta provando a espandere i suoi tentacoli attraverso una nuova regolamentazione che permetterebbe all'Autorità per le Comunicazioni di rimuovere contenuti sospetti di violazione del copyright dai siti internet senza alcun controllo giudiziario. Ma noi stiamo difendendo la libertà di internet con tutte le nostre forze e stiamo vincendo!

Da subito abbiamo combattuto questa delibera, e abbiamo inviato quasi 230.000 messaggi ai membri dell'Autorità per chiedere di respingerla. Insieme ai nostri alleati abbiamo organizzato una mobilitazione storica su internet, culminata ne "La notte della rete". Centinaia di persone a Roma e 90.000 persone on-line hanno seguito l'evento in cui si sono susseguiti premi Nobel come Dario Fo, politici come Antonio Di Pietro, Emma Bonino e Fabio Granata, giornalisti, esperti e artisti, tutti contro il bavaglio a internet. Il giorno dopo l'Autorità ha rinunciato ad adottare la regolamentazione, sperando di far passare l'ondata d'indignazione e adottarla così in seguito.

Ma la battaglia non è finita. Domani il Presidente dell'Autorità dovrà rispondere ai parlamentari, che dopo la nostra mobilitazione lo hanno convocato per chiedere conto delle criticità da noi sollevate. Non possiamo perdere questa occasione: inondiamo i parlamentari di messaggi per chiedere loro di fare pressione sul Presidente affinché rinunci alla delibera. Clicca sotto per mandare il messaggio e fai il passaparola con tutti: vinciamo anche questa tappa cruciale per la libertà della rete!

http://www.avaaz.org/it/it_internet_bavaglio_2nd_action/?vl

Erano in molti a dirci che non avevamo speranze e che l'Autorità avrebbe comunque votato il bavaglio a internet, in ossequio ai diktat dall'alto. Ma grazie alla nostra mobilitazione incredibile siamo riusciti a fermare la regolamentazione e a difendere la libertà della rete. Ora non dobbiamo mollare e dobbiamo vincere anche questa sfida, perché il potere metta giù le mani da internet una volta per tutte.

Con determinazione,

Giulia, Luis, Ricken, Pascal, Benjamin, Alice e tutto il resto del team di Avaaz

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19 luglio 1992: Palermo, strage di via D’Amelio: assassinio di Paolo Borsellino e degli agenti Agostino Catalano, Claudio Traina, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Eddie Walter Cosina.


“Ad uccidere non fu solo Cosa Nostra”. Rita Borsellino ha ricordato una frase che Le rivolse il fratello pochi giorni prima di essere ucciso: “Quando mi uccideranno, ricordatevi che non sarà stata solo la mafia” e ricordo che non disse “se”, ma “quando”…Non sono certo un investigatore, però l’immagine di Cosa Nostra con la coppola e la lupara in mano che organizza una strage è davvero riduttiva. E d’altronde mio fratello prima di morire disse anche “Ho visto la mafia in diretta” e non si riferiva certamente a incontri con uomini d’onore. 17-VII-2011, il Fatto Quotidiano

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Alfonso Papa e l’ira civica

Nei Palazzi del potere c’è ancora qualcuno cui sia rimasta un’oncia di senso della responsabilità? Tra Montecitorio, Palazzo Madama e il Quirinale, i signori della politica riescono a rendersi conto dell’ira civica che cresce di ora in ora contro un’intera classe politica che oscilla tra inettitudine e ruberia, abissale incompetenza e spudorata criminalità?

Di Palazzo Chigi, ridotto a dependance di Palazzo Grazioli, non è neppure il caso di parlare: dovrebbe essere il tempio del governo, “ne hanno fatto una spelonca di ladri” (Luca, 19, 45), una suburra di menzogna, una cattedrale di malaffare. In 48 ore trecentomila cittadini furibondi si sono iscritti alla pagina facebook che riporta le vergogne dei privilegi minuti della “Casta”, la stessa che ha votato a tambur battente – in nome della responsabilità! – una manovra tanto inutile quanto iniqua.

Inutile (e vile), perché rimanda alla prossima legislatura i tagli che sarebbero necessari oggi. Iniqua (e vile) perché il poco che taglia oggi è tutto sulla pelle e la carne viva dei cittadini già “umiliati e offesi”, del pensionato o del precario che non conosce neppure da lontano cosa siano mille euro al mese, ma per accedere al Pronto soccorso in caso di malore dovrà pagare il reddito di un’intera giornata. Se è irresponsabile che i politici facciano spallucce al ricatto dei mercati, l’irresponsabilità diventa criminale quando si trattano i propri cittadini come materia da spolpare, senza neppure qualche “sacrificio” di facciata e simbolico per l’establishment dei ricchi e potenti, a cominciare dai parlamentari stessi.

Per questo l’ira civica sta montando, l’indignazione diventa furia e diventerà rivolta, la marea tsunami: c’è un’Italia stremata la cui sacrosanta collera potrebbe virare a jacquerie. Quest’ira civica non fa distinzioni tra politico e politico, li accomuna tutti nel bouquet dell’ignominia. Giustamente. Non basta lo squittio di qualche distinguo per essere esonerati dal marchio della connivenza e dell’omertà. Chi all’opposizione non vuole essere – e neppure sembrare – “Casta”, proponga l’abrogazione immediata dei privilegi più sconci (dalle pensioni parlamentari al barbiere gratis all’immunità contro le indagini), la sostituzione del ticket con la tassazione progressiva sui redditi più alti, l’obbligo dei parlamentari (già profumatamente pagati) di versare alla collettività eventuali proventi professionali (accade in molti paesi occidentali!)…

E domani non sputi in faccia ai cittadini, regalando all’onorevole Papa un fumus persecutionis inesistente. Paolo Flores d’Arcais, Il Fatto Quotidiano, 19-VII-2011

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Le nuove povertà avanzano

Chieti. Aumentano le richieste di aiuto per pagare bollette.

Microcredito diocesano, elargiti 424 mila euro.

La perdita del posto di lavoro o il parcheggio in cassa integrazione e mobilità affamano le famiglie teatine, che sempre più spesso si rivolgono alla Caritas per chiedere una mano. Nel 2010 oltre 3 mila persone hanno bussato al Centro di ascolto, mense e casa d’accoglienza Mater Populi Teatini per chiedere aiuto…

Chi volesse contribuire ad integrare il fondo del micro-credito etico-sociale, istituito alla fine del 2009 dall’arcidiocesi di Chieti Vasto, può versare una propria offerta sul conto corrente n. 72479645 intestato alla “Arcidiocesi Chieti-Vasto, Caritas diocesana”, con l’indicazione della causale “Microcredito 2011”. Sipo Beverelli, Il Centro, 16-VII-2011

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Varata la manovra

Otto milioni di persone nel girone della povertà. Lo dice l’Istat: famiglie numerose, sud e operai i soggetti più colpiti. La stangata di Tremonti allargherà la forbice delle disuguaglianze e moltiplicherà i numeri di chi vive con meno di mille euro al mese… Il Manifesto, 16-VII-2011

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La manovra colpisce tutti tranne i costi della politica

I tagli a Palazzo (13 miliardi di spese annue) non arrivano a 50 milioni. Il Fatto Quotidiano, 15-VII-2011

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Manovra, un sì da record

CONTI PUBBLICI - Quasi 87 miliardi di euro tra tagli e più tasse, ma solo per i «non ricchi».

Approvazione-lampo a Montecitorio grazie alla 47esima fiducia in tre anni. Quirinale felice, Berlusconi si vanta d'aver fatto tutto lui, il Pd conta i danni

La gatta presciolosa fece i gattini ciechi... La manovra più veloce della storia di ciechi ne ha fatti tanti, ma saranno certo di più i poveri nella prossima rilevazione dell'Istat.

316 voti di fiducia per il governo (la 47° in tre anni), 314 sul testo, in serata; e subito la firma del presidente della repubblica, Giorgio Napolitano. Opposizione zero, dentro il Parlamento. Qualcosa fuori, nel paese, anche se la stagione e la velocità hanno quasi azzerato le possibilità di risposta popolare. Il Pd sembra aver capito solo dopo che è rimasto con nulla in mano: la disponibilità a «non mettersi di traverso» - allungando i tempi della discussione in aula - doveva essere condizionata all'accoglimento da parte del governo di «pochi emendamenti». Nemmeno presi in esame (la Commissione Bilancio si è riunita per mezz'ora, il tempo di alzare la mano e votare). E quindi la beffa finale di un Cicchitto che rivendica «abbiamo preso la fiducia e non ce ne andiamo»; di un Bossi, descritto come sempre lì lì per staccare la spina al Cavaliere, che garantisce «il governo ora va avanti». E infine Silvio Berlusconi, «il muto della settimana», che torna a parlare per dire - ma chi può stupirsene? - che ha fatto tutto lui, che aveva cose più importanti da fare che non parlare in televisione.

Lo stato comatoso dell'opposizione parlamentare è esaltato dalla rabbia con cui i cattolici di tutti gli schieramenti - a cominciare da Radio Vaticana - sparano a zero contro una manovra da 87 miliardi (se non di più) che dimostra «uno scandaloso accanimento contro le famiglie». Andrea Olivero, presidente delle Acli, sottolinea come «non si è avuto il coraggio di colpire le transazioni finanziarie né di introdurre una patrimoniale per i più ricchi, si è avuto invece il coraggio di colpire pesantemente le famiglie e di ignorare ancora una volta la condizione di povertà assoluta in cui versano tre milioni di persone nel nostro Paese».

(continua nella sezione "Rassegna stampa") Tommaso De Berlanga, Il Manifesto, 16-VII-2011

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Dalla manovra una frode Costituzionale

Facciamo parlare i fatti. Un mese fa la maggioranza degli italiani ha abrogato per via referendaria una specifica disposizione normativa (l'art. 23 bis della legge Ronchi) che stabiliva la privatizzazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. La scelta di richiedere la cancellazione, oltre che di una disposizione relativa alle tariffe dell'acqua (il secondo quesito), anche di una norma che riguardava tutti i servizi municipalizzati fu consapevolmente adottata con l'esplicito scopo di evidenziare la valenza generale del referendum. Come s'è detto sino allo sfinimento: è la questione dei beni comuni che si vuol porre al centro della discussione politica. Non solo l'acqua, ma tutti quei servizi locali che hanno a oggetto beni che, per la loro natura, risultano essere essenziali alla sopravvivenza del genere umano ovvero si pongono a fondamento del suo possibile sviluppo. Questa la sfida culturalmente "alta" che attraverso lo strumento referendario è stata lanciata. Una sfida che è stata clamorosamente vinta il 13 giugno.

Si pone ora il problema di dare seguito alla volontà espressa dal corpo elettorale. (continua nella sezione "Rassegna stampa") Gaetano Azzariti, Il Manifesto, 16-VII-2011

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Contesi teatro e tempietti romani

Chieti. Si profila una battaglia, a suon di progetti di valorizzazione, tra il Comune e la Provincia per la gestione di alcuni siti che presto, grazie al decreto legislativo che ha completato l’iter del cosiddetto “federalismo demaniale”, saranno trasferiti a titolo gratuito agli Enti locali: tra i beni suscettibili di cessione,…ci sono i tempietti romani…ed il teatro romano di via Zecca…Ma in città ci sono anche altri beni che interessano la Provincia: il tempietto di Santa Maria del Tricalle, il palazzo Zambra in via degli Agostiniani, la chiesa di San Domenico al Corso; beni sui quali anche il Comune potrebbe dire la sua…Antonello Antonelli, Il Tempo, 13-VII-2011

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560 milioni di euro è la somma che Fininvest deve alla Cir di De Benedetti per aver corrotto i giudici del lodo-Mondadori. La sentenza giunge alla fine di un iter giudiziario decennale, contrassegnato da ricusazioni e leggi ad personam. Marina Berlusconi urla contro “l’esproprio” e minaccia: “Non pagheremo un euro”. Il partito-azienda progetta di riesumare in parlamento il comma ad aziendam bocciato da Napolitano. Il Manifesto, 10-VII-2011

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Il Partito dei domestici


Chi, guardando i tg o ascoltando i commenti di uno a caso dei servi del Caimano, cerca di capire perché mai il gruppo B. debba pagare 560 milioni a De Benedetti, pensa all’ennesimo mistero d’Italia. Il perché se l’è scordato persino il Caimano, che l’altro giorno, fallita la legge che s’era fabbricato per non pagare, ha dichiarato: “Piuttosto che a De Benedetti, quei soldi li do in beneficienza”. Come se la condanna non si riferisse a nulla in particolare, ma prevedesse semplicemente che deve dar via mezzo miliardo a chi pare a lui. Nessuno fa il benché minimo riferimento all’antefatto che, da solo, spiega tutto: nel 1991 gli avvocati Previti, Acampora e Pacifico, con soldi di B. e della Fininvest, pagarono 470 milioni di lire in contanti al giudice Vittorio Metta in cambio della sentenza che annullava il lodo Mondadori, scippando all’Ingegnere il primo gruppo editoriale del Paese e girandolo al Cavaliere. Il quale da vent’anni possiede un’azienda non sua, rubata, ne incassa gli utili e la usa per manganellare i suoi nemici. All’origine di tutto c’è uno scippo, rimasto a lungo impunito finché lo scippatore è stato individuato e condannato a restituire il maltolto. Ma, siccome siamo il Paese di Sottosopra, grazie anche all’uso che fa lo scippatore dei giornali del gruppo scippato, lo scippatore si traveste da scippato.
(continua nella sezione "Rassegna stampa") Marco Travaglio, Il Fatto quotidiano, 10-VII-2011

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Berlinguer, trent’anni di questione morale


Roma, 28 luglio 1981. L’intervista rilasciata da Enrico Berlinguer a Eugenio Scalfari contiene una scudisciata che il giorno dopo farà sobbalzare i lettori di La Repubblica e metà della classe politica italiana: “I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela”. Nessun leader, nel tempo della prima repubblica, con l’esclusione dell’antisistema Marco Pannella – aveva mai osato tanto. Sono passati trent’anni da quel giorno. Trent’anni di questione morale. Trent’anni di rabbia e di oblio. È stato esattamente trent’anni fa, che in una estate calda come questa Enrico Berlinguer ha coniato – in una intervista che sarebbe entrata in tutti gli archivi – una locuzione destinata a raccontare l’Italia di allora, quella di Mani pulite (che sarebbe arrivata undici anni più tardi) e – purtroppo – anche quella che stiamo vivendo, nel tempo dei pizzini, degli appalti facili, delle p3 e della P4, dei contributi spontanei alle fondazioni “amiche”.

Intervista “profetica”, si disse. Ma in realtà nata con un processo di elaborazione che in Berlinguer fu tutt’altro che rapido. Oggi Scalfari ricorda quel giorno con una nitidezza cristallina: “Parlammo ore. Segnai pochi appunti e poi ricostruii di getto tutta l’architettura del discorso. Berlinguer era uno dei pochi politici che mi considerava e di cui mi consideravo amico. Poteva capitare che cenassimo insieme, a casa mia o a casa sua. Ancora più frequentemente a casa di Tonino Tatò. Ma quando poi l’intervista era scritta, con lo stesso Tatò iniziava un lavoro minuzioso di limatura. Di quell’intervista – aggiunge il fondatore di La Repubblica – toccammo poco o nulla. E mi accorsi subito che la sua portata avrebbe trasceso quella della cronaca politica”.
(continua nella sezione "Rassegna stampa") Luca Telese, Il Fatto Quotidiano, 7-VII- 2011

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La Rete sotto tutela


Duecentomila firme raccolte, una lunga notte di interventi, video, prese di posizione di giuristi e esponenti politici non sono serviti a far cambiare idea ai componenti dell'Authority Garante delle Comunicazioni. Ieri, infatti, la delibera che prevede la possibilità di un intervento diretto dell'Agcom teso a chiudere siti Internet che diffondono materiale coperto da diritto d'autore è passata a stragrande maggioranza. Sette consiglieri hanno infatti votato a favore della proposta. Contrario solo un consigliere, mentre un altro si è astenuto.
La delibera approvata contiene leggere modifiche rispetto alla versione originale, che non ne cambiamo però la logica di fondo… Benedetto Vecchi, il Manifesto, 7-VII-2011

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La notte bianca di Internet per difendere la libertà


Il tema della libertà in Rete attraversa il mondo, mobilita ovunque il popolo di Internet e oggi troverà una sua particolare manifestazione a Roma con una "notte bianca" per protestare contro un provvedimento dell´Autorità per la garanzia nelle comunicazioni in materia di diritto d´autore. Provvedimento che potrebbe essere approvato domani. Il punto chiave della delibera riguarda il potere che l´Agicom assumerebbe di oscurare, anche in via cautelare, con un semplice procedimento amministrativo e senza le necessarie garanzie, l´accesso a siti e servizi web per presunte violazioni del diritto d´autore.
Bisogna dire subito che il modello tradizionale del diritto d´autore sta strettissimo alla rete, ne ignora le caratteristiche. Un legislatore consapevole dovrebbe in primo luogo prendere atto di questo dato di realtà, partire dalla premessa che la Rete è un luogo di condivisione del sapere, che il diritto di manifestazione del pensiero ha trovato strade nuove, sì che provvedimenti puramente repressivi legati ai vecchi schemi concretamente possono diventare uno strumento che, con il pretesto della tutela del diritto d´autore, introducono una nuova e inammissibile forma di censura.
(continua nella sezione "Rassegna stampa")

Stefano Rodotà, La Repubblica, 5-VII-2011, tratto dal sito FLC (Federazione Lavoratori della Conoscenza) CGIL

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Lo spettacolo che non fa ridere

La sindrome di Salò che assedia l´armata Brancaleone al governo fa spettacolo ma non fa ridere, perché trascina il Paese nel baratro bloccandone la crescita in nome di falsi bersagli. Di un regime (da operetta, non da tragedia) agli sgoccioli ci sono sintomi e stimmate: concordia in superficie e risse dietro le quinte, proclamato attivismo e sostanziale paralisi, fedeltà di facciata ai Capi (Berlusconi e Bossi) che tutti considerano “bolliti”. Una “tenuta” apparente, una caduta imminente.
Con spietata lucidità, Eugenio Scalfari ha fotografato in queste pagine (3 luglio) un fallimento epocale: mancata riforma fiscale, aumento del debito pubblico e della spesa corrente, crescita selvaggia dell´evasione fiscale, peggioramento dei servizi, crescita della disuguaglianza sociale, radicalizzazione del precariato, netto calo di produttività e competitività, una manovra fiscale che pesa solo sul lavoro dipendente, sui pensionati, su Regioni e Comuni. Intanto l´Italia è precipitata al 167° posto al mondo (su 179 Paesi considerati) nel rapporto percentuale Pil/persone, condivide con l´Irlanda il record europeo di dottori di ricerca costretti a emigrare, mantiene un sistema di (scarse) assunzioni allergico al merito (dati e valutazioni dell´Economist). La spesa primaria (cioè al netto degli interessi sul debito pregresso) è la più bassa d´Europa: il che vuol dire non solo esorbitante debito pubblico, ma anche bisogni pubblici non adeguatamente soddisfatti (F. Galimberti, Il Sole, 29 giugno). Il bilancio netto è la «macelleria sociale» di cui ha parlato Mario Draghi, aggiungendo: «e io credo che gli evasori fiscali siano tra i responsabili».
(continua nella sezione "Rassegna stampa") Salvatore Settis, La Repubblica 05.07.11, dal sito www. manuelaghizzoni.it