C'è poco tempo

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di Valentino Parlato

fonte: Il Manifesto

EDITORIALE

Se - come Casini forse sperava - nel tardo pomeriggio di ieri ci fosse stata una smentita chiara e netta, Berlusconi avrebbe dovuto dimettersi. Ovviamente non lo ha fatto: si è arrangiato su una giustificazione che ne diminuisce ulteriormente la credibilità, ma lo conserva al posto di comando e lo rende sempre più pericoloso. Quando fa intendere che tra lui e Ciampi (che lo aveva bacchettato) c'è perfetta identità di vedute sul magistratura e quant'altro, c'è una chiamata di complicità, che dovrebbe solo aggravare il conflitto tra Palazzo Chigi e Quirinale. Berlusconi continua nella sua offensiva; è con gli insulti alle istituzioni che si anticipa la loro demolizione, che si procede sulla via dell'autoritarismo del capo libero dalle leggi. A questo punto i voti raccolti da Berlusconi nel 2001 cominciano sempre più a rassomigliare a quelli di Hitler nel 1933: non sono più una legittimazione democratica. La situazione italiana, in un mondo nel quale la guerra torna a prevalere sugli equilibri democratici - e Berlusconi nelle sue note dichiarazioni è andato ben oltre la recente dottrina del suo protettore Bush - è decisamente di emergenza. Dopo aver per tanto tempo criticato Benedetto Croce per aver messo il fascismo tra parentesi, non possiamo adesso illuderci di considerare Berlusconi un'altra parentesi. Proprio qualche giorno fa, sull'Unità, Alfredo Reichlin, che non è un allarmista, ha scritto: «Sbaglia chi non capisce che Berlusconi non è una parentesi dalla quale si esce con un semplice cambio di maggioranza. E' il fondo dei valori politici e morali su cui si è costruita la Repubblica che si è logorato». E si chiede se i partiti dell'attuale centrosinistra si rendono conto di questo degrado e «se sono davvero immuni dai mali che la destra ha aggravato». Insomma il berlusconismo è entrato nel senso comune di buona parte degli italiani, e di questi fenomeni socio- culturali abbiamo esperienza.

La crisi costituzionale che da anni matura nel paese e che sollecita le riforme autoritarie di questo governo è arrivata a un punto non dico di rottura, ma quasi. Ieri il nostro giornale ha avanzato l'urgenza di elezioni anticipate, e non di un qualche cambio di maggioranza, per dire che Berlusconi se ne deve andare, che ogni giorno di più che resta a Palazzo Chigi è un colpo di più alla Repubblica. Chiedere le elezioni anticipate significa che non c'è più tempo da perdere. E' un richiamo alle responsabilità dei cittadini, dei lavoratori, degli intellettuali e anche delle forze politiche che si dicono di opposizione, ma appaiono impaniate negli astuti calcoli della politica politicante, quella che ha perso contatto con la società e che ha aiutato la crescita del berlusconismo. Battano un colpo. Berlusconi resiste al potere ed è ancora all'offensiva, ma i prossimi mesi non dovrebbero essergli propizi: l'autunno e la primavera sono pieni di problemi per il governo e sono inevitabili mobilitazioni sociali di grande portata. C'è da aver fiducia, ma anche determinazione. Se questo governo dura fino alla scadenza della legislatura, dopo non cascherà come la famosa pera dall'albero.