Liberainformazione
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veritàegiustizia n.56
10 luglio 2010
Alle volte niente fa più rumore del
silenzio. E’ avvenuto nel giorno
dello sciopero contro la legge bavaglio
voluta a ogni costo dal premier
e dalla maggioranza che governa il Paese.
Ben al di là dei soliti “giornali crumiri”,
Il Giornale, Libero, Il Foglio, Il Riformista, Il
Tempo, che ammantandosi di pretestuose motivazioni
si sono allineati alle posizioni del potere,
magari per lucrare un po’ di copie in più,
il silenzio della stampa, di gran parte dei telegiornali,
dei siti web, ha comunicato agli italiani
il significato di una legge liberticida che,
prima ancora dei diritti dei giornalisti, ferisce
a morte la possibilità per i cittadini di conoscere
la realtà in cui vivono, il volto nascosto
di chi tradisce le leggi e il mandato ricevuto.
Il messaggio della giornata del silenzio capovolge
l’assunto di quanti temevano un effetto
controproducente per chi invoca il diritto di
parlare e denunciare nei confronti di coloro
che vogliono imporre il bavaglio alle notizie.
Certo, in quella giornata ben poco si è saputo
dell’arresto di Flavio Carboni, antico protagonista
( più volte assolto) di vicende che hanno
segnato la Repubblica, coinvolgendo la P2, il
fallimento del Banco Ambrosiano, l’uccisione
del banchiere Calvi sotto il ponte londinese
dei Frati Neri, i rapporti fra le finanze vaticane,
la massoneria e la mafia, speculazioni che
coinvolgevano la banda della Magliana, fino
ad affacciarsi all’”affaire” Moro e al rapimento
di Emanuela Orlandi. Ora Carboni è stato
arrestato insieme con due notabili campani,
Pasquale Lombardi e Arcangelo Martino, su
mandato della Procura di Roma, nell’ambito
di uno stralcio dell’inchiesta sugli appalti
dell’eolico in Sardegna, che vede indagati il
Presidente di quella Regione, Cappellacci e
Denis Verdini, deputato e coordinatore del
PDL. I tre arrestati sono accusati di associazione
a delinquere e di violazione della legge
Anselmi sulle associazioni segrete, che colpì
a suo tempo le finalità eversive della loggia
P2 di Licio Gelli. Carboni, Lombardi e Martino
sono accusati fra l’altro di aver tentato di
influire nel 2009 sulla decisione dei giudici
della Consulta in merito al lodo Alfano e di
aver compiuto manovre per far presentare alle
elezioni regionali in Campania il sottosegretario
Cosentino, cercando inoltre di favorirlo
nell’iter giudiziario sulle accuse di collegamento
con la camorra casalese per le quali la
magistratura chiese invano il suo arresto al
Parlamento. A quanto si è saputo dall’ordinanza
del Gip romano, le intercettazioni hanno
avuto un ruolo decisivo nelle indagini.
L’assenza di queste notizie nella giornata del
silenzio è molto significativa per chiunque abbia
una minima capacità di ragionare: se fosse
operativa la legge bavaglio sulle intercettazioni
approvata dal Senato e ora all’esame
della Camera, dell’intera vicenda giudiziaria,
delle sue motivazioni, dei suoi contenuti non
si saprebbe nulla, almeno fino a un rinvio a
giudizio dai tempi e dai modi assai incerti.
E altrettanto si può dire delle tante inchieste
giudiziarie che ormai dilagano ogni giorno
all’insegna della corruzione, del sistema clientelare
delle varie “cricche” di sottogoverno,
dagli appalti dei Grandi Eventi al Trani-Gate
pendente al Tribunale dei ministri, che vede
indagato l’ex-commissario Agcom Giancarlo
Innocenzi insieme allo stesso Berlusconi, accusato
di minacce e concussione, all’inchiesta
della Procura di Perugia che vede coinvolti
ex-ministri quali Scajola e Lunardi con la
Propaganda Fide del Vaticano…Fino alle intercettazioni
che sostengono l’inchiesta sugli
appalti di Trenitalia in corso a Napoli, dalle
quali emergono i dialoghi fra imprenditori che
ridevano di lavori malfatti o truccati, sulla
pelle dei viaggiatori ignari, come nello squallido
quadro delle risate “imprenditoriali” nella
notte del terremoto a L’Aquila.
E’ il silenzio tombale su questo sistema di sottopotere
criminale che il governo cerca di ottenere
con la legge sulle intercettazioni, usando
il sacrosanto diritto alla privacy, peraltro già
protetto dalle leggi vigenti, come copertura
per attaccare a tenaglia i due strumenti previsti
dalla Costituzione per il controllo sociale del
potere e l’eguaglianza dei cittadini di fronte
alla legge, cioè l’autonomia dei Pubblici Ministeri
e la libertà di stampa. Per la sacrosanta
difesa della privacy, infatti, basterebbero poche
misure di selezione e controllo a monte da
parte della magistratura, a conclusione della
fase istruttoria, per impedire abusi sulle intercettazioni
che esulino dai procedimenti in questione,
integrati da rigorosi controlli “a valle”
da parte delle organizzazioni dei giornalisti.
Come inutilmente i rappresentanti dei magistrati
e dei giornalisti hanno chiesto…
Le contraddizioni in cui si dibatte la maggioranza,
con il crescente isolamento del premier
rispetto all’ala di Fini e per alcuni aspetti alla
stessa Lega, come per l’esito del grottesco
caso Brancher, la pressione esercitata dal Presidente
Napolitano, ben più forte dell’abituale
“moral suasion”, non devono indurre a un facile
ottimismo. La posta in gioco è altissima,
anche considerata l’incognita delle inchieste
delle Procure sulle stragi e la trattativa con la
mafia negli anni ’90 sempre pendente sul premier
e sul suo consigliere Dell’Utri. L’assoluzione
del braccio destro e antico consigliere
di Berlusconi da parte della Corte d’Appello
di Palermo dall’accusa di avere trattato con
la mafia dopo il ’92, quando emerse la nuova
formazione di Forza Italia, non elide la conferma
della condanna per concorso esterno
in associazione mafiosa che gli è stata inflitta,
ponendo enormi interrogativi sulla stessa
nascita e la crescita negli anni dell’impero
mediatico di Berlusconi, che ebbe Dell’Utri
come essenziale protagonista. E resta sospeso
l’inquietante interrogativo su quella frase
di Dell’Utri quando, dopo avere nuovamente
definito “eroe” il mafioso Mangano, che non
aveva ceduto alle pressioni dei magistrati per
accusare Berlusconi, ha sostanzialmente detto
“non so se al suo posto mi sarei comportato
allo stesso modo”…E’ stato un inciso casuale
o un messaggio, magari nella prospettiva di
una definitiva condanna in Cassazione, con
conseguente prigione?
Inquietante e complessa, dunque, la partita in
corso sulla Giustizia e l’informazione.
Lo sciopero del 9 Luglio e l’esigenza di sviluppare
nelle prossime settimane una più vasta
mobilitazione dell’opinione pubblica, contro
la disinformazione tuttora operata dalle televisioni
e dai giornali espressione del conflitto
d’interessi del premier, ne segnano uno snodo
decisivo.
[ di Roberto Morrione ]