La mala pianta di Corigliano

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La mala pianta di Corigliano

INDAGATA PER MAFIA LA SINDACA NON SI DIMETTE

 

Pasqualina Straface (Pdl) è indagata per concorso esterno in associazione mafiosa nell'inchiesta Santa Tecla. Nella quale si parla di «sistema Straface», un circuito politico-affaristico-mafioso. I suoi due fratelli sono in carcere sottoposti al regime duro del 41 bis, lei resiste e attende «fiduciosa» l'esito delle indagini, mentre l'opposizione cerca le firme per sfiduciarla. E la Cgil invita alla mobilitazione di massa.

Appuntamento il 25 settembre a Reggio Calabria per la manifestazione «no 'ndrangheta»
Straface non è il titolo di un film. È invece una storia vera. Di politica e malaffare. Una brutta vicenda con al centro un'intera famiglia. I due fratelli imprenditori e la sorella sindaca.

È la saga di Corigliano, come ha titolato questo giornale (vedi il manifesto dell'8 settembre). Il paese più popoloso del cosentino dopo il capoluogo e il quinto della regione, sottomesso al giogo del potere criminale. Qui, a Corigliano, la 'ndrangheta si è fatta istituzione. E controlla l'economia, il lavoro, il voto. Ci sono sindaci ammazzati dalla criminalità organizzata ed altri che amministrano in nome e per conto della mafia. Questo dicono le carte di Santa Tecla. L'inchiesta della Dda di Catanzaro che ha smantellato il locale di Corigliano. In cui si parla esplicitamente di "sistema Straface". Ovvero di un circuito politico-affaristico-mafioso tra la sindaca, Pasqualina Straface (Pdl), i due fratelli imprenditori, Mario e Franco, e le cosche. Un patto di mutua assistenza in base al quale gli Straface, che erano i beneficiari delle estorsioni che imprenditori ad essi concorrenti subivano dai clan, si impegnavano in cambio a "fatturare" il pizzo. Costituendo un pozzo di fondi neri a cui le 'ndrine attingevano liberamente.
La sindaca Straface, accusata di concorso esterno in associazione mafiosa, stava al suo posto per garantire al sodalizio gli appoggi politici. I documenti degli inquirenti parlano «di stabili collegamenti con la criminalità organizzata» e di voto di scambio in ben due competizioni elettorali. Nonostante ciò lei resta abbarbicata alla sua poltrona. Tanto siamo in Italia, dove il governo in carica non si cura affatto di inviare la commissione d'accesso per verificare il livello di infiltrazione mafioso. E se la sindaca ha chiesto ed ottenuto di rendere dichiarazioni spontanee in Procura e guarda «con fiducia» al lavoro della magistratura, l'opposizione in Consiglio comunale serra le fila. Si cerca il numero di firme di consiglieri necessario per sfiduciarla e procedere, così, allo scioglimento dell'assise. «Perché un conto sono le responsabilità penali, che spetta alla magistratura accertare, altro sono le responsabilità politiche - sbotta Luigi De Magistris, ex magistrato ed europarlamentare Idv - per le quali Straface si sarebbe dovuta già dimettere per i collegamenti familiari e la compatibilità con la sua carica. Tant'è che non mi risulta abbia mai sconfessato i fratelli. Più in generale, nell'area dello Jonio cosentino, c'è da tempo un gruppo di potere politico che gestisce impunemente fiumi di denaro derivanti dai finanziamenti europei per la pesca. Sul finire degli anni Novanta, in un'inchiesta di cui mi ero occupato, avevo individuato il burattinaio in Giovanni Dima (già coordinatore regionale di An, assessore regionale all'agricoltura ed attuale parlamentare Pdl, ndr). Non è un caso che questi si sia affrettato a manifestare solidarietà a Straface. Quello della sindaca è solo un garantismo peloso che svia dalle responsabilità politiche. Ritengo inquietante che Straface rimanga indisturbata al suo posto mentre i suoi fratelli sono in carcere sottoposti al 41 bis. È ipocrita aver mostrato ingiustamente il pugno di ferro contro i migranti raccoglitori di clementine, in nome di una tanto sbandierata quanto falsa legalità, ed ora rimanere al proprio posto quando si è indagati per concorso esterno in associazione mafiosa». De Magistris vede un nesso tra il caso Corigliano e i fatti di Rosarno. «Come nella piana di Gioia Tauro anche in quella di Sibari - sottolinea l'eurodeputato - c'è una congiuntura tra 'ndrangheta e governo. Le cosche continuano in entrambe le aree a detenere il potere indisturbati mentre i migranti, dopo essere stati sfruttati nei campi, vengono deportati dal governo e privati dei più elementari diritti. Il silenzio di Scopelliti sul caso Straface è eloquente».
È un'aria pesante, quella che si respira a Corigliano in questi giorni. A farne le spese anche blogger e testate indipendenti (vedi articolo a fianco) oggetto di minacce ed intimidazioni. Anche per questo il sindacato invita alla mobilitazione di massa. «Avevamo più volte denunciato - dichiara Angelo Sposato, segretario Cgil del comprensorio - la pervasività mafiosa nel sistema economico territoriale, stigmatizzando lo sfruttamento dei lavoratori immigrati in agricoltura e segnalando presso le autorità competenti i caporali e sfruttatori in mano alla criminalità organizzata. Il coinvolgimento del sindaco e dei suoi familiari in affari di 'ndrangheta è gravissimo e Straface dovrebbe rassegnare immediatamente le dimissioni, liberando Corigliano da questo cono d'ombra dove anche la stampa libera è oggetto di attacchi inaccettabili. A rischio c'è l'agibilità democratica e, stante il quadro probatorio, diventa ineludibile l'intervento di Maroni per commissariare la città. Ma questo non basta se contestualmente alla encomiabile azione della magistratura non si produce una reazione sociale, un'inversione culturale per combattere insieme il fenomeno mafioso». Appuntamento, per cominciare, a Reggio Calabria per la manifestazione nazionale del 25 settembre per dire insieme, coriglianesi e calabresi tutti, «No 'ndrangheta!».

  Il Manifesto, Silvio Messinetti, Corigliano Calabro (Cosenza), 19-IX-2010