Contro le toghe Silvio for president

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       Contro le toghe Silvio for president

      
Ci sono troppi ostacoli insormontabili sulla strada che dovrebbe portare il Cavaliere verso il sicuro rifugio dell'impunità e, perdendo tempo nello scansarli, potrebbe finire dritto dritto dentro un'aula di tribunale per essere processato come un qualsiasi cittadino: pericolo da scansare in fretta, visto che i rimedi approntatigli dai giuristi di corte in questi ultimi anni si sono infranti immancabilmente contro il dettato della Costituzione che, appunto, ci vuole tutti uguali davanti al giudice. 

L'ultimo escamotage del voto di fiducia su quattro punti fasulli più un quinto vero, quello della riforma della giustizia, si è presto rivelato inutile dato che i potenziali alleati gli hanno fatto capire come tale riforma non doveva sostanziarsi solo nella «sua» impunità e, meno che mai, poteva portare a un indebolimento del potere di garanzia della magistratura. Avendo capito che con questo Parlamento non poteva raggiungere lo scopo, il Cavaliere ha scelto la strada delle elezioni, nella speranza che una nuova e più fedele maggioranza gli possa assicurare una impunità suprema, sancita con una nuova legge costituzionale per la protezione del presidente del consiglio, o meglio ancora, già costituzionalmente prevista per il Capo dello Stato: in parole povere, Berlusconi for president!
L'ultimo attacco a una parte della magistratura organizzatasi in associazione a delinquere e, perciò, meritevole di una commissione parlamentare d'inchiesta che ne disveli i crimini, non è nuovo, né deve turbare più di tanto: è roba vecchia, mentre è nuovo il contesto perché pronunciato in un comizio elettorale, il primo per le imminenti elezioni generali.
Berlusconi sa bene che una commissione d'inchiesta parlamentare per indagare su uno dei tre poteri dello Stato non ha nessuna base costituzionale, essendo il potere giudiziario soggetto solo alla legge e se qualcuno al suo interno travalica i propri poteri commettendo addirittura reati, le responsabilità sono dei singoli e non della «categoria». Non c'è da noi, per fortuna, una responsabilità tribale e chi sbaglia paga personalmente, giudicato da un giudice terzo come un qualsiasi cittadino: un principio di civiltà giuridica che, da troppo tempo, sfugge al nostro.
L'accanimento pro domo sua del Cavaliere contro i magistrati gli si sta ritorcendo contro perché ha fatto crescere nell'opinione pubblica in generale, e in alcuni dei suoi vecchi complici in particolare, la consapevolezza che una riforma della giustizia non può risolversi con lodi o scudi ad personam ma deve tendere a un sistema che tuteli tutti indistintamente: nella foga della ricerca della sua impunità ha cementato un fronte che rischia di affossarlo consegnandolo ai tanto aborriti giudici.
Le favole di una legittimazione popolare che lo sottrarrebbe alle regole generali o di una Corte costituzionale di sinistra che, proprio per questa sua impronta ideologica, cancellerebbe le leggi volute dal «popolo», non fanno più breccia e, dunque, vuole andare alla ricerca di un nuovo parlamento che legittimi lo stravolgimento della Costituzione e lo porti al potere assoluto. Si svegli la sinistra e cerchi una qualche unità possibile per la difesa dello Stato democratico. Giuseppe Di Lello, Il Manifesto, 5-X- 2010