La trappola ideologica

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La trappola ideologica


Per due giorni l'assemblea di Montecitorio ha discusso sulla revisione dell'art. 41 per poi decidere di accantonarlo e rinviarne l'esame. Ma può un governo debole e sull'orlo di una crisi parlamentare proporsi l'obiettivo alto e nobile di riformare la Costituzione? Se si guarda al fondo della questione, senza arrestarsi al piano ingannevole della legalità formale, ma spingendosi a osservare il piano essenziale della legittimazione reale dei comportamenti politici, la risposta è chiara: no. La legge suprema che fonda il patto politico fondamentale e definisce i principi della convivenza civile, non può essere mutata. Non avrebbe alcuna legittimazione, dunque, l'atto di forza di una minoranza sociale e politica che possiede una maggioranza parlamentare esclusivamente in virtù di un distorto (e incostituzionale) sistema elettorale e a seguito di disinvolte acquisizioni di singoli parlamentari…
…Oggi si vuole usare la Costituzione e le sue norme per scopi anticostituzionali. Non si punta infatti solo o tanto a modificare l'assetto dei poteri e dei diritti costituzionali, quanto essenzialmente ad indebolire e delegittimare la Costituzione nel suo complesso al fine di conservare il potere (anche se solo ancora per qualche altro mese!).
Il Governo in carica, nel tentativo di sopravvivere, avanza allora un profluvio disarticolato e incoerente di proposte per modificare parti essenziali della Costituzione: cancellando ogni limite d'ordine "sociale" all'attività economica privata, per esaltare un'ideologia neoliberista che nessun liberale potrebbe condividere; colpendo la rappresentanza politica già in agonia («vile, tu uccidi un uomo morto», direbbe Francesco Ferruzzi), riducendo il numero dei parlamentari, senza però riaffermare, come sarebbe auspicabile, un ruolo centrale all'organo della rappresentanza popolare, bensì per proseguire nell'irresponsabile opera di marginalizzazione politica del Parlamento; ridefinendo i rapporti tra politica e magistratura, con lo scopo dichiarato di mettere fine alla presunta politicizzazione dei giudici tramite un più stringente controllo politico della magistratura da parte del sistema dei partiti, con buona pace del principio costituzionale dell'indipendenza; eliminando dal testo costituzionale un livello di governo (le Province), senza però intervenire sulle loro competenze e funzioni, con l'effetto di ridurre le garanzie costituzionali dei servizi sociali sino ad ora assicurati.



Tutti disegni di legge costituzionali formulati direttamente dall'attuale Governo, sui quali dunque l'esecutivo mette in gioco direttamente la propria responsabilità politica e spende al massimo grado la sua "autorevolezza". Investendosi di un ruolo che fuoriesce dai suoi compiti ordinari, di titolare dell'indirizzo politico "di maggioranza", per intervenire sui principi supremi dell'ordinamento. Quei principi cui anche il Governo è assoggettato: operazione ad altro rischio, dunque.
Si tratta di capire a questo punto quale sia stata l'urgenza che ha spinto il Governo a una così ardita operazione di riscrittura costituzionale. Nessuna. A ben vedere infatti queste proposte di riforme non solo sono prive di senso costituzionale, ma sono anche di natura puramente declamatoria.

D'altronde un Governo che non riesce a garantire l'ordinaria amministrazione come può impegnarsi sul fronte delle riforme costituzionali? Ma è proprio qui la spiegazione della forzatura del Governo. Una maggioranza che non sa come affrontare la grave crisi economica che sta colpendo il nostro paese in modo particolarmente virulento, che si lacera in lotte intestine sull'indicazione del Governatore della Banca d'Italia, che dunque non sa dirigere la politica nazionale, né è in grado di mantenere l'unità di indirizzo politico e amministrativo, ritiene di poter sublimare la propria paralisi usando delle riforme costituzionali come arma di distrazione di massa.
Che siano disegni di riforma che non giungeranno in questa legislatura al traguardo non riduce la responsabilità di chi li ha presentati né può consolare chi li avversa. La legge suprema è ormai considerata un terreno di esercitazione ideologica o di demagogia politica. Il senso profondo e il rispetto necessario della Costituzione ne viene minato, con il rischio che, alla fine, sia l'intera forza prescrittiva (di "norma superiore") della Costituzione a essere messa in discussione, come in effetti ormai avviene di continuo.
Dopo vent'anni di discussioni su cosa cambiare della nostra Costituzione abbiamo fatto mille passi indietro, risalire la china non sarà facile.

Gaetano Azzariti, Il Manifesto, 21-X-2011