Salviamo il mandarino

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Salviamo il mandarino

Immaginiamo un mondo dove, come moneta, venissero usate formule invece che banconote. I ricchi sarebbero matematici e fisici mentre il resto della popolazione arrancherebbe senza speranza, tra equazioni incomprensibili.

Quando ho capito il potere di internet mi sono messo a studiare il computer, ed ora me la cavo. Quando ho capito il potere dei media, mi sono messo a studiare comunicazione, ed ora nessuno mi prende più per i fondelli. Quando ho capito il potere della finanza mi sono messo a studiare economia, ma qui segno il passo.

La materia è complessa e sono appena arrivato a comprendere cos’è il signoraggio, o la riserva frazionaria, o come è fatto un derivato. Poco per difendermi. Del resto, diversi politici, intervistati, hanno dimostrato di non sapere cos’è uno spread. Non c’è da vergognarsi. Solo da aver paura.

Era così anche ai tempi di Rockefeller, ma oggi ci sono la deregulation e la libera circolazione dei capitali. Come carico aggiuntivo, i politici sono più ignoranti. Anno dopo anno, il lavoro ha perso importanza, come mezzo di emancipazione, rendendo tutti noi più fragili e più vasi di coccio tra i furboni svelti di riflessi, in grado di capire i meccanismi.

Due secoli fa, un tizio, per saggiare la tenuta morale del suo interlocutore gli faceva questo giochino: “Immagina che in Cina ci sia un mandarino ricchissimo. Se lui morisse tu erediteresti tutte le sue sostanze. Nessuno da lui potrebbe risalire a te e viceversa. Per ucciderlo ti basterebbe un semplice atto di volontà. Lo faresti?”. A quel tempo qualcuno diceva di no, ed era sincero.

La finanza non crea ricchezza; semplicemente, muove quella che c’è. Dove c’è uno che guadagna, c’è un altro che perde. Chissà dove; chissà chi. Per cui, tramite le cosiddette speculazioni e quei mefistofelici ossimori che sono i prodotti finanziari, siamo diventati ognuno mandarino dell’altro. La mia banca mi propone un investimento, promettendomi un guadagno senza lavoro,  infilando dentro il pacchetto i bond della Repubblica di Bananas, le obbligazioni Parmalat ed il mutuo di un benzinaio di Denver. Se ci guadagno, forse ho fatto fuori un mandarino. Se ci perdo, il mandarino sono io.

Io non so cosa risponderei alla domanda di quel tizio di due secoli fa. Il fatto è che nessuno si sogna di farmela più, la domanda. Abbiamo accettato che la finanza sia un luogo dove l’etica non ha diritto di cittadinanza. Se si può guadagnare, perché no?  Questa è l’etica.

Io ho cinquemila euro in azioni e il poco che resta sotto il mattone. Così non fotto nessuno e nessuno fotte me. Che poi non è vero, perché lo speculatore di Giakarta è in grado (non mi chiedete come) di farmi aumentare il prezzo della benzina e non mandarmi in pensione. Francamente, non riesco a trovare un modo di fermare l’emorragia dal mio portafogli.

Ma è colpa nostra. Il truffato è sempre complice del truffatore. Abbiamo fatto passare tutto, fidandoci dei nostri eletti e rimanendo attoniti a guardare traffici incomprensibili svolgersi sotto i nostri occhi, senza il coraggio di fare domande.

Storditi dalla difficoltà della materia e attirati dalle lusinghe del Paese dei Balocchi, siamo entrati nel tritacarne con la stessa insulsa speranza di chi compra da un imbonitore i numeri vincenti del lotto.

Ma il peccato più grande è di aver accettato l’idea che possa esserci un’attività umana che non risponda a principi morali ma si governi da sé. Una specie di porto franco dove tutto è possibile se conviene.

Ci siamo affrancati dalle ideologie e da tutte le bufale dell’archiviatissimo passato. Ma resta una bufala fossile che sarebbe ora di liquidare: quella che sostiene che dall’egoismo di ciascuno possa derivare il benessere per tutti.

La finanza è materia complessa, però non possiamo aspettare di diventare scienziati per salvarci. Possiamo dire di no, senza capire. Ci tratteranno da trogloditi e tireranno fuori altri argomenti ed altre tentazioni. Non importa.

Non siamo microbiologi né chimici né fisiologi, ma il pesce puzza da morire; e questo è sufficiente per mandarlo indietro.

Buon Natale a tutti!!!

Giancarlo Cascini, medico italiano a Baghdad