Pd ultima chiamata

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Pd ultima chiamata


Compie 10 anni l’urlo di Nanni Moretti sul palco di piazza Navona, davanti al politburo del futuro Pd: “Con questi dirigenti non vinceremo mai!”. Era il 2 febbraio 2002. Se oggi qualcuno (allora fu Nando Dalla Chiesa) organizzasse una manifestazione nello stesso posto, con le stesse facce, e Moretti ci andasse, potrebbe ripetere le stesse parole. Lo so che qualche lettore che vota Pd inarcherà i sopraccigli e sbufferà: ecco il solito attacco del Fatto al nostro partito per conto di Grillo, o di Di Pietro, o di Vendola, o dei venusiani. In realtà le nostre sono critiche costruttive, perché anche chi non vota il Pd, e persino chi non lo ama, non può non guardare con angoscia alla deriva imboccata dal primo partito del centrosinistra. Già il Pd sta pagando prezzi altissimi sempre più inaccettabili per sostenere acriticamente il governo Monti facendo maggioranza con Pdl e Terzo polo. Ma c’è anche un altro rischio: che l’obbligo di sostenere i tecnici a ogni costo faccia da alibi al partito dell’impunità, che taglia trasversalmente quasi tutti i partiti di destra e di sinistra, per regolare i conti con i magistrati e mettersi al riparo dai processi di oggi e di domani. In tutto il mondo la crisi finanziaria, nata dall’uso criminale del denaro da parte delle classi dirigenti, ha imposto alle medesime uno stile nuovo, più “sobrio” (possiamo ben dirlo) e rigoroso di prima, non foss’altro che per autoconservarsi. È di ieri la notizia che Chris Huhne, ministro britannico dell’Energia, si è dimesso perché dieci anni fa fu beccato dall’autovelox e multato per eccesso di velocità, ma ora la moglie lo accusa di aver mentito alla polizia stradale, attribuendo a lei l’infrazione commessa da lui. Il reato contestato è ostruzione alla giustizia, che nel caso di specie è punibile con un’altra multa. Lui si proclama innocente: “Risponderò delle accuse in tribunale, ma per non subire delle distrazioni dal mio lavoro ho deciso di dimettermi dall’incarico di ministro con effetto immediato”. Forse esagera, almeno per i nostri standard etici. Ma dà un segnale, magari eccessivo, ma tipico di un esponente delle classi dirigenti consapevole del rischio che esse oggi corrono e sintonizzato con un’opinione pubblica sempre più insofferente e intransigente a causa della crisi. Ecco quel che manca ai politici italiani, e in particolare a quelli del Pd che devono rispondere a un elettorato voglioso di legalità, correttezza, vera sobrietà: la sintonia col loro popolo e qualche segnale tangibile che la dimostri. Ieri Telese e Fucecchi si sono divertiti a scimmiottare l’infelice campagna pubblicitaria pidina del “Ti presento i miei”, ritraendo Bersani circondato dagli inquisiti eccellenti di casa sua: Penati, Pronzato, Tedesco, Morichini, Frisullo, Delbono, Lusi e Brentan (il manager delle autostrade venete iscritto al Pd e appena arrestato per tangenti). Ma, per motivi di spazio, sono rimasti fuori i Bassolino e i Del Turco (quest’ultimo difeso sconciamente come un martire dall’Unità e da Violante).


Ci sono due modi per affrontare la questione morale (e penale) che attanaglia il Pd: liquidarla come un insieme di “casi isolati” e affidarla burocraticamente agli “organi competenti”, cioè alla “commissione di garanzia” che riuscì a non espellere Penati, contentandosi dell’autosospensione dal partito. Oppure dare un segnale forte, eccezionale, in sintonia con i tempi. Cacciare gli imputati dal partito, indurli a dimettersi da parlamentari (Lusi) o da consiglieri regionali (Penati), e condizionare l’appoggio al governo all’immediata approvazione di due leggi: l’anticorruzione (il Fatto ne ha proposta una sul calco della Convenzione di Strasburgo del 1999 mai ratificata dall’Italia) e quella sui “partiti puliti” (che sul nostro sito ha raccolto 30 mila firme in due giorni) per abrogare il finanziamento pubblico e trasformarlo in un modico e controllato rimborso delle spese elettorali (e solo di quelle). Se non lo farà, e subito, si condannerà alla fine dei partiti della Prima Repubblica che vent’anni fa aspettavano inerti e arroccati che passasse “'a nuttata” di Mani Pulite. E s’impiccarono con le proprie mani. MarcoTravaglio, 4-II-2012, www.Tzetze, pubblicato su Il Fatto Quotidiano