LA DRAMMATICA SITUAZIONE DEL FIUME PESCARA

Attenzione: apre in una nuova finestra. PDFStampaEmail

LA DRAMMATICA SITUAZIONE DEL FIUME PESCARA

REPORTAGE Dal Quotidiano IL CENTRO


Gli scarichi abusivi uccidono il fiume

Denunce in Procura

Censiti e monitorati 17 tubi tra la diga di Spoltore e la foce

Il Wwf: «Mercurio nella canaletta, accelerare la bonifica»


PESCARA - Mercurio alla foce, carte di rischio non aggiornate, argini che non vengono monitorati. E ancora, scarichi abusivi denunciati alla Procura insieme ad alcuni distributori di carburante per le barche. Sembra non finire mai l?elenco dei problemi del fiume Pescara. Una lista . che nell’ultimo anno si è arricchita anche del dramma del mancato dragaggio, che ha costretto la direzione marittima a chiudere il porto ormai 283 giorni fa. Chi decide di risalire il fiume in barca non può non accorgersi degli scarichi che costellano le sponde. Alcuni sono autorizzati, ovviamente, ma altri invece no. Dal 2010 ad oggi la Capitaneria di porto, che si occupa del monitoraggio e del controllo del fiume, ne ha censiti ben 17 soltanto nel tratto fra il porto e la diga di Villa Raspa di Spoltore. Per trovare i tubi, che il più delle volte sono occultati dalla vegetazione, sono dovuti intervenire anche gli uomini del Nucleo aereo che con delle apparecchiature speciali sono riusciti a scovare anche gli scarichi piazzati nei punti più nascosti.

Gli uomini del comandante Luciano Pozzolano hanno effettuato 15 campionamenti, li hanno ripetuti nel tempo e li hanno consegnati all’Arta per le analisi. Alcuni di questi scarichi sono stati segnalati alla Procura. Nell’ultimo anno, poi, ci sono state anche diverse segnalazioni per inquinamento prodotto da alcuni distributori di carburante per le barche. Ma i guai del fiume, purtroppo, non si fermano agli scarichi. All’inizio di ottobre il Wwf ha reso pubblici i dati Arta sui sedimenti prelevati alla foce del Pescara. Dati da cui viene fuori una presenza importante di mercurio nella canaletta del porto con concentrazioni 16 volte superiori al livello chimico di base. «La situazione del mercurio è davvero preoccupante», spiega Augusto De Sanctis del Wwf, «e certamente bisogna andare avanti rispetto alla bonifica del fiume. Anche perché non sappiamo se il metallo, che probabilmente arriva da Bussi, sia l’ultimo o il primo che finisce in mare e quindi se il fenomeno stia per finire o sia soltanto all’inizio».

Per gli ambientalisti, poi, il Pescara corre un altro rischio, che è quello del dissesto idrogeologico. «Le carte di rischio», spiega De Sanctis, «sono ormai vecchie e nel frattempo le aree esondabili sono state occupate da costruzioni o riempimenti. Gli argini, poi, non vengono monitorati, ma se ci cresce la  vegetazione sopra, la loro efficacia può diminuire».


In viaggio sul Pescara tra schiuma e detriti

Dal porto fino alla Orem a bordo del gommone della Guardia costiera

Sulle rive del fiume pescatori, trabocchi artigianali e accampamenti improvvisati

Lungo il fiume tra i rami e gli scarichi si possono vedere colonie di germani che nuotano e anche gli aironi che volano sull’acqua.


PESCARA - A vederlo da vicino, il Pescara fa tenerezza. Sembra un gigante placido e indistruttibile. Ma durante il cammino che dal porto arriva all’ippodromo le cose cambiano. E ferita dopo ferita, da gigante che era il fiume diventa malato terminale. Perché nell’acqua, anche se non si vede, c’è il mercurio, che è arrivato fino al porto dove l’ha trovato l’Arta. E chissà cos’altro arriva dai 17 scarichi censiti negli ultimi due anni soltanto nel tratto che va dalla foce alla diga di Spoltore. Intanto, però, il fiume scorre placido. Sulle sue rive c’è chi pesca e chi si accampa mentre i germani sguazzano beati. La piattaforma.

Basta iniziare a risalire il fiume sul gommone della Guardia costiera, insieme all’ufficiale Stefano Luciani e al sottufficiale Luciano Piscopello, per vedere i primi scorci di un tempo che non c’è più. Sulle golene nord fanno ancora bella mostra di sé gli approdi del Transponde, il battellino che avrebbe dovuto portare il popolo della movida da una parte all’altra del fiume e invece giace abbandonato dal 2008, nonostante la promessa di riattivazione fatta in campagna elettorale dal sindaco Luigi Albore Mascia. Poco più avanti qualcuno ha pensato bene di scegliere il lungofiume come casa e ci si è accampato: sotto ponte Vila Fabio c’è un materasso con sopra le coperte ripiegate. Pare che ci abiti una coppia, che ogni mattina mette tutto a posto. Come se fosse in casa invece che sotto un ponte. La fornace. Risalendo il corso del Pescara, poi, si incontrano i ruderi della vecchia fornace. Una volta qui c'era una cava, si tirava su la sabbia da usare nello stabilimento. E c'è chi sostiene che questo fosse positivo, perché si toglievano i sedimenti.

Proprio quei sedimenti che oggi bloccano la foce del fiume e che hanno costretto la Capitaneria di porto, in attesa del dragaggio, a chiudere del tutto lo scalo più di 280 giorni fa.

I pescatori. Davanti allo scheletro di cemento ci sono tre uomini che pescano a strappo. Il loro bottino, sostanzioso, è custodito dentro sacche di rete immerse nelle acque del Pescara. Poco più avanti ci sono dei microscopici trabocchi usati per fare pesca sul fiume. Alcuni sono decisamente rudimentali e assomigliano a delle capanne fatte con materiali di risulta, altri sono un po’ più ordinati. Chissà se qualcuno li ha autorizzati a stare lì.

«Qui sembra terra di nessuno», commenta una persona che conosce bene il fiume, «chi arriva fa come gli pare». Gli scarichi. Poco dopo il cementificio inizia la teoria infinita degli scarichi. Si comincia con quello del depuratore comunale di Pescara, che si annuncia già una decina di metri più a valle con una  schiumetta bianca galleggiante sull'acqua. Poco più avanti il fiume è sovrastato da un arco fatto da tubi di metallo: dentro ci passa il condotto fognario del comune di Spoltore, diretto al depuratore pescarese. Se ci si passa sotto in barca bisogna stare attenti perché ogni tanto la pressione è troppo alta quindi si aprono gli sfiati e le goccioline cadono giù. Una scia di schiuma bianca annuncia un altro scarico, nascosto in mezzo alla vegetazione. Da dove venga e cosa faccia finire nel fiume non si sa.

L’unica cosa certa e ben visibile è la scia chiara sull’acqua verde. Risalendo il Pescara, tra i cespugli spunta un altro tubo. Più avanti si va più scarichi si  trovano: all’altezza della Orem ce ne sono tre. Dal 2010 la Capitaneria ne ha censiti 17 …

La vegetazione. In molti punti gli alberi che stanno sulle rive sono finiti in acqua e hanno reso quasi impossibile la navigazione del fiume, che si può risalire solo con mezzi molto piccoli, facendo slalom tra rami e detriti. Se questo sia un male o no dipende dai punti di vista. C’è chi dice che aiutino a rallentare la corrente e chi invece sostiene che ostruiscano il flusso. Agli aironi che volano sul fiume e ai germani reali che sguazzano felici, tutto sommato, non interessa più di tanto.

Loro di detriti, scarichi e mercurio non ne sanno niente. E continuano a vedere il fiume come un gigante, placido e indistruttibile. Un gigante che è la loro  casa.

In due anni pochi cambiamenti. Quello pubblicato oggi è il secondo viaggio che il Centro compie sul Pescara. Già nel giugno del 2010 due cronisti avevano  risalito il Pescara, uno sul gommone e l’altro sull’elicottero del Reparto operativo aeronavale della Guardia di Finanza. Il Centro aveva descritto gli scarichi abusivi e le capanne spuntate sulle rive, la piattaforma del Trasponde abbandonata e la vegetazione selvaggia. Il fiume visto dall’alto sembrava un tentacolo di fango marrone, inquinato e puzzolente. A distanza di più di due anni da quel viaggio quasi nulla è cambiato. Gli scarichi sono stati controllati ma quelli  abusivi sono ancora lì. E il Trasponde è sempre fermo. Laura Venuti 22-XI-2012


Sul tema, nella sezione “Ambiente” del presente sito, leggi anche l’articolo di Paolo Rumiz, La Repubblica, 21-XII-2008