L'Avvocato dello Stato, il magistrato e lo 007

Attenzione: apre in una nuova finestra. PDFStampaEmail

L'Avvocato dello Stato, il magistrato e lo 007

La causa su due impianti di energia in Veneto e le interferenze tra poteri

I protagonisti di questa storia sono: uno 007, un Avvocato dello Stato, un Pubblico Ministero. L’Avvocato dello Stato è Giampaolo Schiesaro, che ha curato il maggior numero di cause giudiziarie in materia di risarcimento del danno ambientale, (circa 600 milioni di euro da parte di soggetti ritenuti a vario titolo responsabili per riparare la laguna di Porto Marghera, quasi 2 miliardi liquidati dal Tribunale di Torino per i danni presenti nel lago Maggiore e nel sito di Pieve Vergonte).

Per questa sua competenza era stato incaricato dal ministro dell’Ambiente, sul finire del 2006, di coordinare l’attività amministrativa di riparazione ambientale con le più rilevanti iniziative giudiziarie in tutto il territorio nazionale in applicazione del principio “chi inquina paga”. A carico dei responsabili, ha fatto recuperare all’incirca altri 200 milioni di euro, con cui cominciare a finanziare gli interventi di messa in sicurezza nei siti di Napoli-orientale, Brindisi, Augusta-Priolo.

È evidente che questo nuovo modo di affrontare le questioni ambientali, presentando direttamente il conto agli inquinatori, ha incontrato ostacoli e resistenze, fino a quando, con il Governo Monti, la sua collaborazione non è stata più richiesta e di conseguenza mai più concluse le intese in corso per finanziare il completamento delle bonifiche.

Su un altro versante Manuela Fasolato, autrice di rilevanti inchieste sui crimini ambientali in Polesine negli ultimi 15 anni in qualità di sostituto procuratore presso il Tribunale di Rovigo, si è vista sottoporre ad ispezione ordinata dal ministro della Giustizia Alfano e a procedimento disciplinare, tuttora in corso, avanti il Csm.

Attualmente la Fasolato sostiene l’accusa nel dibattimento per i reati connessi alla riconversione a carbone della Centrale Enel di Porto Tolle.

Prese singolarmente le vicende personali dei due funzionari dello Stato erano apparse sin qui essere soltanto un’ennesima testimonianza di una burocrazia statale malata, inefficiente ed incapace di valorizzare adeguatamente le competenze professionali dei singoli.

Oggi emergono, però, gli esiti di un’indagine penale che suscita interrogativi più inquietanti, collegando proprio le sorti dei due funzionari dello Stato che avevano lavorato insieme. Si tratta di un’inchiesta svolta a Padova per minaccia a pubblico ufficiale, che pochi giorni fa il Gip ha archiviato, ma in compenso ha fornito lumi su quanto era accaduto.

È stato così accertato che nel giugno del 2007 Ettore Mantovan, funzionario di polizia in forza ai servizi segreti Aisi, si è presentato a casa di un collaboratore dell’Avvocato Schiesaro per riferirgli che gli stessi Servizi erano molto interessati all’esito di due procedimenti penali, allora in fase di indagini, affidati al Pm di Rovigo, Manuela Fasolato, ed in cui l’Avvocato dello Stato difendeva il Ministero dell’Ambiente.

I procedimenti riguardavano la costruzione dell’impianto di rigassificazione a Porto Viro (Ro) e la riconversione della centrale Enel di Porto Tolle (Ro): due importanti interventi industriali, che avrebbero dovuto essere realizzati nelle aree naturalistiche del Parco del Delta del Po.

In quell’occasione fu riferito che i Servizi stavano “tirando la tela” sia al Pubblico Ministero che all’Avvocato dello Stato e che, se non avessero interrotto le iniziative processuali, ci avrebbero pensato loro (i servizi segreti) a fermarli, delegittimando il loro operato di pubblici ufficiali.

Il decreto di archiviazione conferma proprio questi fatti; tuttavia ha ritenuto che quelle frasi non avessero scopo intimidatorio, bensì quello di mettere in guardia l’Avvocato dello Stato dai rischi che stava correndo. Non una minaccia, dunque, ma soltanto una sorta di amichevole consiglio, proveniente, per ragioni di stima personale, da un funzionario dei servizi segreti. Lo stesso funzionario dei servizi aveva, poi, assunto informazioni per conto dei suoi superiori, anche sugli interventi di riconversione della Centrale Enel, sulla composizione della Commissione provinciale VIA e sugli studi svolti dal consulente della Procura di Rovigo, dr. Scarselli, che avevano smentito i risultati tranquillizzanti sui possibili effetti sulla salute umana che sarebbero derivati da quel progetto di riconversione a carbone.

Intanto sapere che i servizi segreti ordinariamente si occupino dell’andamento di alcuni procedimenti penali, controllino il merito dell’attività svolta da altri organi dello Stato e persino agiscano concretamente per condizionare o “consigliare”, è notizia che preoccupa non poco chi crede nel principio della “separazione dei poteri dello Stato”.

Dalla documentazione acquisita nel corso delle indagini emerge che vi sarebbe stata anche una richiesta di bloccare l’attività svolta dall’Avvocatura dello Stato di Venezia nel processo per la costruzione del rigassificatore, da parte di un rappresentante di uno Stato estero che aveva interesse alla pronta realizzazione di quell’impianto, per non vedere sfumare un colossale affare, stipulato nell’aprile del 2008, legato allo sfruttamento di quel gas.

Nel corso di questi anni però Ettore Mantovan viene arrestato dai carabinieri a Padova (marzo 2011) mentre intasca 50.000 euro da un privato, al quale aveva promesso il suo interessamento per comporre un accertamento fiscale a suo carico. Per questa storia di ordinaria concussione Mantovan ha patteggiato 3 anni e due mesi.

Quello che non si sa è se sia stato o meno sospeso dal servizio e destituito, come dovrebbe avvenire per i pubblici dipendenti che si rivelino essere una "mela marcia".

Così come non si sa se risultino provate altre vicende analoghe a carico di Ettore Mantovan. In tal caso, infatti, si porrebbe l'interrogativo su che fine abbiano fatto tutti i soldi "incassati" in quel modo: li avrebbe davvero tenuti tutti per sé per pagare i propri debiti (di quali debiti si tratta?) o avrebbe agito su ordine altrui (di chi?), utilizzando il ricavato per alimentare un sistema "in nero" di finanziamento?

Milena Gabanelli, www.corriere.it/inchieste/reportime/ambiente/avvocato-stato-pubblico-ministero, 15 luglio 2013 (modifica il 16 luglio 2013)



Comunicato del 2010

Redatto dalla Organizzazione di volontariato Viva la Costituzione- Rovigo

È incredibile, inaccettabile e pericoloso tutto quello che sta avvenendo a Rovigo con l’inchiesta voluta e promossa dal ministro Alfano (ed invocata un anno fa a Cortina dall’on. Violante) nei confronti del procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Rovigo Dario Curtarello e del sostituto procuratore Manuela Fasolato, inchiesta sfociata nella richiesta d’avvio di una azione disciplinare contro due seri magistrati, impegnati nel caso della riconversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle.

È incredibile che verso quelli che, giustamente, una nota di solidarietà, emanata dalle segreterie territoriali delle categorie del pubblico impiego di Cgil-Cisl-Uil, definisce “fedeli e leali servitori dello Stato” vengano rivolte accuse di interferenze indebite con decisioni politico-amministrative, mentre si tratta solo di normale svolgimento di un compito, quello del controllo di legalità, che spetta alla magistratura, in quel ruolo e con quella indipendenza che la Costituzione le assegna in modo specifico e chiaro.

È inaccettabile che ancora una volta, l’ennesima ormai nel nostro Paese, alla magistratura che opera seriamente si contrappongano azioni, queste sì di invasione di campo, interferenze della politica che mostra insofferenza marcata verso quel necessario ed indipendente controllo della legalità di cui sopra.

È pericoloso per tutti noi, per la democrazia, che l’accertamento della legalità davanti a soggetti ‘forti’ come in questo caso l’Enel possa subire condizionamenti da qualsivoglia ragione mascherati. Se tutto questo passasse, infatti, in futuro chiunque ci penserà ben due volte prima di entrare in diretto contrasto con l’azione e gli interessi di Enel e di simili soggetti forti.

Per queste ragioni ‘Viva la Costituzione’ si associa a quanti hanno espresso solidarietà ai due magistrati di Rovigo, anche pensando al rispetto di quella legalità, di quelle regole che proprio nella Costituzione trovano il loro alimento e che vanno difese, assieme ai veri interessi del nostro territorio, da pressioni ed interferenze indebite.

A nome del Direttivo

Il Presidente

VIVA LA COSTITUZIONE

Organizzazione di volontariato

Rosanna Cavazzini



Articolo di Fabio Amato, tratto dal giornale “Il Fatto Quotidiano” del 21-X-2010


Il pm lavora troppo, Alfano chiede il procedimento disciplinare


Manuela Fasolato da anni conduce le più importanti inchieste sui reati ambientali nel nord-est. Ora il ministero della giustizia vuole sanzionarla per le indagini condotte sulla centrale Enel di Porto Tolle

Se mai arriverà sarà la prima sanzione bipartisan, comminata per avere leso interessi che non andavano toccati: quelli dell’Enel, cui esponenti tanto del governo che dell’opposizione sembrano molto attenti. Rischia infatti un procedimento disciplinare il pm di Rovigo Manuela Fasolato, da almeno dieci anni in prima linea contro i reati ambientali compiuti nel delta del Po. Su di lei e il procuratore di Rovigo Dario Curtarello, infatti, il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha chiesto di indagare alla procura generale della Cassazione.

Il provvedimento segue l’invio in procura degli ispettori del ministero dello scorso gennaio, ma i fatti a cui si riferisce sono noti già dalla fine del 2007. Da anni, infatti, Fasolato sta lavorando a diversi filoni di inchiesta sulla centrale Enel di Porto Tolle: il pm ipotizza legami tra le emissioni della centrale e l’aumento dell’incidenza di malattie nei territori circostanti l’impianto. Intanto, però, sulla centrale pende l’iter della Valutazione d’impatto ambientale (Via) per un progetto di riconversione dall’olio combustibile al carbone che vale 4mila posti di lavoro e 2 miliardi e mezzo di investimento. Il via libera arriverà solo il 29 aprile del 2009, dopo che il ‘dl incentivi’, approvato il 6 aprile, ha modificato i vincoli burocratici e risolto i conflitti con la normativa regionale. Il ministero dell’ambiente in ogni caso non mancherà di accompagnare la scelta con un comunicato di esultanza: “Dal punto di vista ambientale – si dice – con la riconversione si ottiene una sostanziale riduzione delle emissioni rispetto al passato. Dal punto di vista economico ci sarà un vantaggio per la bolletta energetica visto che il ‘carbone pulito’ costa meno degli idrocarburi”.

Ma per qualcuno il ritardo è da imputare alla magistratura. Così il 5 gennaio 2010 Luciano Violante, nella inedita veste di presidente della associazione Italia decide, si espone in prima persona sul palco di CortinaIncontra: “Il ministro della Giustizia dovrebbe fare delle ispezioni, e capire se un’autorità giudiziaria può compiere un atto di questo genere, intimidendo sostanzialmente quelli che dovrebbero prendere la decisione”. Sarebbero solo parole in libertà, se non fosse per un dettaglio: Enel è tra i soci fondatori di Italia decide. Ma la coincidenza non impedisce al ministro Alfano di prendere in esame le doglianze di Violante. Tanto che il 22 gennaio gli ispettori partono alla volta di Rovigo, capitanati da Arcibaldo Miller. Il capo degli ispettori del ministero finirà poi nelle carte dell’inchiesta sulla nuova P2, ma questo non gli ha impedito di conservare il suo posto fino ad oggi.

Contro Fasolato e Curtarolo, invece, il ministero chiede la mano pesante. Tre in sostanza le accuse. La prima: la pm avrebbe infatti lavorato troppo, con il colpevole “consenso” del superiore. Dal 23 ottobre 2007 al 23 luglio 2009, infatti, Fasolato ha l’”esonero totale” dall’attività giudiziaria “in quanto componente della commissione esaminatrice nell’ambito del concorso per 350 posti da uditore giudiziario”. Eppure, bontà sua, continua la sua attività, sia nelle udienze che nelle indagini. “Peccato”, che mentre Fasolato viene mandata di fronte alla procura generale della Cassazione, niente succeda ad altri colleghi che hanno fatto e condiviso la medesima scelta. E a niente vale che il magistrato abbia deciso di lavorare di più per portare a termine processi importanti. Come quello Eurobic, che porterà alla condanna dei responsabili di una truffa da 3 miliardi di euro.

La seconda accusa non è meno originale. Il Guardasigilli contesta infatti la “continuativa corrispondenza” che Fasolato ha intrattenuto con il ministero dell’Ambiente e la commissione Via. Secondo Alfano, così facendo la pm ha divulgato “atti di procedimento ancora coperti da segreto”. Nel carteggio con il ministero, infatti, finiscono anche alcune relazioni svolte nelle indagini dai consulenti di Fasolato. Quale sia la violazione del segreto non è dato sapere, però, essendo vincolate alla riservatezza tutte le istituzioni coinvolte. La terza accusa è in ogni caso direttamente conseguente: avendo sollevato il problema della centrale, la procura di Rovigo perseguiva un fine “che non era di ricerca di mezzi di prova, bensì di impedire – mediante un’indebita ingerenza nelle attività degli apparati amministrativi – la commissione di reati, quando ancora non erano stati acquisiti sufficienti e concreti indizi della consumazione di fatti di rilievo penale”. Vale a dire: “Interferivano e condizionavano le attività degli organi amministrativi stessi, determinandone il rallentamento”.

Ecco il punto: il “rallentamento” del progetto dà fastidio, anche se la responsabilità è da imputare al conflitto tra le norme nazionali e quelle regionali, risolto, lo abbiamo visto, dal legislatore. Tanto fastidio che a gettare benzina sul fuoco è arrivato sulle prime pagine dei giornali locali il plauso del comitato dei lavoratori della centrale: “Da 5 anni — dice al Carlino il portavoce Maurizio Ferro — eravamo in attesa delle autorizzazioni per la riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle. I vari rallentamenti avevano destato perplessità sull’operato della magistratura di Rovigo nell’interferenze con il lavoro svolto dalle competenti commissioni Via ministeriali e regionali. I lavoratori Enel di Porto Tolle, che avevano denunciato la situazione sin dall’inizio — aggiunge Ferro — chiedono provvedimenti esemplari per questo grave e ingiustificato atto che è da ascrivere alla Procura di Rovigo. L’azione disciplinare dimostra che tutti i nostri timori erano fondati”, conclude Ferro, che si dichiara pronto, a nome dei lavoratori, addirittura “a chiedere i danni”.