Celebrazioni senza verità

Attenzione: apre in una nuova finestra. PDFStampaEmail

di Giuseppe Di Lello

Domenica, diciottesimo anniversario della strage di Capaci, accolti da studenti siciliani, arriveranno a Palermo altri studenti da tutta Italia per ricordare insieme il sacrificio di Giovanni Falcone e delle tante altre vittime delle mafie: appuntamento importante perché affida alle giovani generazioni un rinnovato culto della legalità in un paese sempre più lontano dal rispetto delle regole.

Come ogni anno, anche questo avrà un convegno centrale dall’impegnativo titolo “Legalità e lotta alla mafia: giovani e istituzioni insieme” e sarà segnato dalle presenze istituzionali, tra le altre, dei ministri Gelmini, Maroni e Alfano e, cioè, giovani, scuola, forze dell’ordine e giustizia come cardini insostituibili nel contrasto alle organizzazioni criminali. Le istituzioni e le persone che le rappresentano, però, non vanno prese per ciò che dovrebbero fare in astratto contro la mafia, ma per ciò che in concreto oggi stanno facendo e sul loro attuale comportamento andrebbero sviluppate le analisi del convegno, fuori da ogni vaniloquio retorico che nessun giovamento apporterebbe alla formazione antimafiosa di quei giovani.
La Gelmini sta distruggendo la scuola pubblica, privatizzando il sapere e indebolendone lo spirito critico: non lo diciamo noi, ma le centinaia di migliaia di studenti, professori e famiglie che da anni si battono per frenare, quantomeno, la deriva. Anche la lotta alla mafia è tutta dentro questa battaglia di resistenza proprio perché nessuno ha mai negato il carattere di baluardo e di speranza della scuola pubblica nel contrasto alle organizzazioni criminali. Il ministro Maroni vanta, a nome del governo, grandi successi contro le mafie ed elenca continuamente il numero dei latitanti catturati e dei patrimoni confiscati. Se, però, come Maroni ben sa, la forza delle mafie risiede, storicamente, nelle connessioni con spezzoni del potere politico e amministrativo, dovrebbe spiegare in base a quale logica il suo governo mantiene al suo posto un sottosegretario come Cosentino raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare per concorso esterno in associazione camorristica confermata anche dalla Cassazione.
Il dilemma non è giudiziario, stante la presunzione di innocenza fino ad una sentenza definitiva, ma prettamente politico: Scajola, infatti, per fatti di minore gravità, si è dimesso. Il guardasigilli dal canto suo sta portando avanti una legislazione “premiale” tesa a procurare scudi di impunità al premier e ai ministri e, con la legge sulle intercettazioni, si accinge a stendere una pietra tombale sulla efficacia delle inchieste e sulla libertà di stampa: come concilia questa barbarie del diritto con la lotta alla mafia e alla illegalità è un mistero.
Non si possono celebrare gli eroi civili e militari caduti per mano mafiosa ricordandone il martirio e additandoli come esempio, per poi distruggere
sistematicamente le barriere che, con leggi e sacrifici di vite, si erano costruite contro la criminalità e l’illegalità diffusa. Non è tollerabile l’ipocrisia istituzionale dei tanti che predicano bene e razzolano male, specie in occasione di ricorrenze che richiederebbero solo verità e rispetto, dei morti e dei vivi.

 

fonte: Il Manifesto", 22/05/2010