Spatuzza va protetto

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Dal quotidiano “Il Manifesto”, 17 giugno

di Giuseppe Di Lello

La commissione ministeriale centrale per le misure di protezione dei collaboratori di giustizia ha deciso di non ammettere Gaspare Spatuzza nel novero dei protetti. Istituita con una legge del gennaio 1991, detta commissione deve vagliare lo spessore del collaboratore e stabilire le adeguate misure da adottare, ovvero può decidere di non concedere nessuna protezione in presenza di collaborazioni di nessuna rilevanza. Con la legge 45 del 2001, si è precisato che, ai fini della concessione delle speciali misure, il pentito, entro il termine di centottanta giorni dalla manifestazione della volontà di collaborare, deve rendere al procuratore della Repubblica tutte le notizie in suo possesso utili alla ricostruzione dei fatti in suo possesso. Questa ulteriore "aggiunta" tende a rendere più chiaro il quadro della collaborazione e dovrebbe evitare che il pentito parli "a rate": da qui a desumere, però, che una incompleta elencazione dei fatti possa inficiare la credibilità di dichiarazioni rese fuori dall'elenco dei fatti fornito all'inizio e, soprattutto, possa determinare la esclusione dal programma di protezione, ce ne corre, specie quando le dichiarazioni tardive si dimostrano veritiere e riscontrate e il pericolo per l'incolumità si dimostra reale e attuale. 
Sul primo punto - la validità di veridiche dichiarazioni tardive - la Cassazione si è già espressa e non poteva essere altrimenti data la insopprimibilità di fatti accertati ai fini della decisione dei giudici. Sul secondo punto - la necessità della protezione - non credo possa influire in modo determinante un elenco monco se il pentito è effettivamente a rischio: optare per il contrario, come ha fatto la commissione, equivarrebbe ad una specie di condanna a morte inammissibile in un sistema che deve proteggere la vita del pentito a tutti i costi e che, appunto, non può ancorarsi ad un cavillo per decretare la fine certa di un individuo, posto che la mafia esiste e che si è sempre difesa cercando di sopprimere i suoi nemici collaboratori. Vi è, anzi, da dire che, per la nostra civiltà giuridica, questo secondo elemento prevale nettamente sulla attendibilità o meno del pentito: abbandonare Spatuzza al suo destino per una burocratica interpretazione della norma è, a dir poco, inconcepibile. 
L'ammissione è stata proposta da ben tre procure che conoscono la legge e le sue interpretazioni non capziose. È, del resto, noto a tutti che Spatuzza ha detto il vero sulle stragi di Capaci e Via d'Amelio ed ha contribuito anche a ribaltare processi con prove fasulle fornite da pentiti falsi. È anche noto che abbia parlato di altre stragi coinvolgendo alcuni potenti imperanti. Ho già detto chiaramente su questo giornale che Spatuzza è credibile su quanto racconta dei suoi colloqui con i Graviano e, però, bisogna poi dimostrare che i Graviano gli abbiano detto il vero: spetta però sempre ai giudici verificarlo. 
La commissione ha reso un cattivo servizio a Berlusconi e Dell'Utri e sarà un bene per tutti che tale decisione venga ribaltata, per il bene di quest'ultimi e di tutti noi che aspettiamo verità e giustizia.